Ecc.mo Cardinale Tarcisio Bertone
Segretario di Stato del Vaticano
Sia il benevenuto a Cuba, la patria di tutti i cubani senza esclusioni, come affermò l'Apostolo José Martí.
Lei giunge in una nazione che si trova in uno dei suoi momenti maggiormente critici: dopo quasi cinque decadi di ferreo governo, il capo di Stato Fidel Castro è obbligato a cedere il suo incarico a un nuovo successore. Questo passo apre una grande incognita sul futuro della nazione e del suo popolo. Tuttavia, chiunque sia a succedergli, non potrà continuare, in nome di una utopia che ha dimostrato il suo fallimento, a costringere undici milioni di cubani a vivere in uno stato paternalistico, mentre vengono severamente limitati i loro diritti fondamentali.
Se anche possono esistere coincidenze tra le politiche dello stato che lei rappresenta e il governo comunista dell'Avana, ed è abitudine di molte nazioni non immischiarsi nelle questione interne di altri, ci sono temi che in nome del diritto e della dignità degli esseri umani obbligano a porre domande e interessarsi circa le condizioni in cui vive il popolo cubano.
A dieci anni di distanza dalla visita di sua Santità Giovanni Paolo II e dopo le esortazioni del Papa Benedetto XVI perché il mondo di apra alla tolleranza, rispetti sempre la dignità degli uomini e delle donne e vengano rispettati gli accordi e le norme internazionali, la crisi cubana permane identica e, sotto vari aspetti, aggravata.
Solo tre aspetti per illustrare questa situazione: centinaia di persone stanno in carcere e altre migliaia vengono perseguitate e condannate all'ostracismo a causa delle loro opinioni politiche, migliaia di giovani abbandonano il paese ogni anno in cerca di un futuro che, malgrado quanto va dicendo la propaganda ufficiale, non viene assicurato nel nostro paese.
Da ultimo e non meno importante, continua ad essere vigente il decreto che ha “legittimato” le Brigate di Risposta Rapida, gruppi autorizzati dal parlamento cubano per assaltare nella pubblica via e sul lavoro cittadini indifesi, a vigilare e interrogare la popolazione, a reprimere con ogni mezzo, violenza inclusa, qualunque segnale di messa in discussione del sistema autoritario cubano.
Col massimo rispetto, riteniamo che lei possa includere nelle sue conversazioni con le autorità i seguenti punti:
la libertà incondizionata delle centinaia di prigionieri politici, diversi dei quali in precarie condizioni di salute;
il riconoscimento, o perlomeno libertà d'espressione e rispetto, delle opinioni politiche e civili che differiscono dalla linea ufficiale;
lo smantellamento delle Brigate di Risposta Rapida, artificio legale che viole le più elementari norme di rispetto e della convivenza civile,
e che
vengano lasciate da una lato ogni intenzione di cedere la nostra sovranità, in vista di una supposta integrazione latinoamericana, a rappresentanti di altre nazioni dell'area.
Il futuro di Cuba passa necessariamente per il perdono e la riconciliazione, senza i quali sarà impossibile far nascere un nuovo progeto di nazione; l'odio e la rivalsa devono cedere il passo alla riflessione, al consenso e al dibattito inclusivo e non escludente tra tutti gli attori della società cubana, nella quale la Chiesa cattolica deve svolgere un ruolo da protagonista.
Riprendendo il pensiero di Padre Varela, considerato il primo che ci ha insegnato a pensare, è diritto e dovere di ogni cubano amare al sua Patria, così come desiderare per essa un destino migliore. Nella sua infinita sapienza, Dio ci ha dato la libertà di rivolgersi a lui come vogliamo, però esige da ognuno che ci atteniamo alla sua Parola, dire la verità, praticare la virtù e amare il nostro prossimo come noi stessi.
Malgrado la calma apparente, mantenuta dalla polizia politica e da gruppi paramilitari come le Brigate di Risposta Rapida, in qualsiasi momento e per cause diverse il nostro paese può trovarsi in una situazione di instabilità sociale, con fatti di sangue che potrebbero sboccare in un conflitto fratricida.
Nell'ultima farsa elettorale, con tutti i rischi che comportava e anche se il regime non vuole riconoscerlo, quasi il venti per cento della popolazione si è trovato a rifiutare il sistema. Sono stati quasi un milione e mezzo di cubani che hanno detto «NO» a una nomenclatura privilegiata che in nome di una ideologia atea priva il popolo dei suoi diritti civili e politici e della possibilità di vivere in un vero Stato di Diritto.
Gli aderenti ad “Alleanza Nuova Nazione” la invitano alla riflessione e, con tutto rispetto, la esortano affinché raccomandi alle autorità di aprire Cuba al mondo e di permettere che anche il mondo stesso si apra al popolo cubano.
La chiesa cattolica cubana, unita a altre comunità cristiane e di fratellanza, ha la possibilità storica, come avvenuto nella storia in varie nazioni dell'Europa dell'Est, dell'Africa e dell'America Latina, di mediare la crisi cubana. Di porsi come interlocutore valido tra il governo e il popolo, tra i regime al potere e l'opposizione politica, tra i cubani che vivono sull'isola e quelle migliaia che sono obbligati a risiedere fuori della patria che li vide nascere.
È ora che le speranze di tutto un popolo di realizzare il definitivo completamento della nazione, di vivere nel pieno rispetto di tutti i suoi diritti e in piena dignità e che mai più in Cuba debbano imporsi ideologie escludenti diventino realtà.
La sua visita alla nostra sofferente nazione possa aprire lo spazio necessario per accendere e trasformare in realtà queste speranze.
Dio la benedica.
L'Avana, 19 febbraio 2008
Rafael E. Ávila Pérez, Presidente
Carlos Ríos García, Coordinatore CENI
Carlos Ríos Otero, Stampa e Comunicazioni
Partito nazionalista democratico di Cuba
(traduzione a cura della Redazione)
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