Ho appena letto della non candidatura di De Mita nel PD. Ne sono felice, perché all'Assemblea Nazionale dello scorso ottobre sentire il suo nome mi aveva smorzato l'entusiasmo.
Questa campagna elettorale, però, che piaccia oppure no, è cominciata con alcune innovazioni importanti: niente candidati che abbiano fatto più di tre legislature, nessun condannato in primo grado di giudizio. E apertura a giovani e facce nuove, anche attraverso la scelta del candidato alle primarie in ogni circoscrizione.
Allora scrivo questo post cum grano salis e riferendomi alla Valtellina. Ovviamente tutti dovrebbero avere la possibilità di farsi eleggere e di concorrere ad una carica di rappresentanza. Il tutti, però, dovrebbe anche essere subordinato al rispetto di certi criteri scelti a livello di statuto. È come la costituzione, che stabilisce la legge fondamentale di una nazione e ne tutela i principi inviolabili, barricandoli dietro l'impossibilità di metterli in discussione anche democraticamente.
Ecco, un partito serio deve dotarsi di uno statuto credibile che fissi dei paletti, che stabilisca delle regole. Poi viene la democrazia nella sua operatività e nessuno la discute.
Per cui, declinando questi principi per la realtà che mi interessa, dico e scrivo una cosa da membro del coordinamento provinciale PD valtellinese, cosa di cui mi assumo la totale responsabilità personale: secondo me Enrico Dioli, ex presidente della Provincia di Sondrio, in virtù di regole da stabilire, non dovrebbe più avere la possibilità di candidarsi.
Riconosco che è stato legittimamente il candidato del centro-sinistra in diverse occasioni. Credo, però, che proprio dalle diverse sconfitte e dalla volontà degli elettori (e non solo quando fa comodo) bisognerebbe trarre delle conclusioni.
Il che non significa che uno non possa fare attività politica all'interno di un partito in modo concreto. Significa semplicemente consentire quel vero rinnovamento di cui tutte le istituzioni italiane, ad ogni livello amministrativo, hanno bisogno.
Luciano Canova