La notizia
Il dott. Marco Cottica, curatore dei fallimenti della Società Gianoncelli Franco, Peppino e Bruno Snc e dei soci Franco, Peppino e Bruno Gianoncelli, a fronte di spese legali poste a carico di Giorgio e Diletto (entrambi creditori privilegiati), Marinella e Patrizia, eredi tutti di Lina Moretti ha pignorato l’appartamento di Patrizia Gianoncelli (estranea ai fallimenti) e ne ha chiesto la vendita immediata. Patrizia ha presentato opposizione al pignoramento chiedendo che (quantomeno) venisse sospesa la vendita dell’appartamento fintanto che le sentenze divenissero definitive. Niente da fare. Il Giudice dell’esecuzione, dott. Antonio De Rosa, ha respinto la domanda cautelare e ha fissato udienza per conferire incarico delle operazioni di vendita, assegnando termine fino al 20 dicembre 2007 per introdurre la causa di merito.
Contro il rigetto della sospensione la malcapitata ragazza (che già nel 2001 è stata presa di mira dal curatore dei fallimenti) ha presentato reclamo al collegio, il quale ha respinto la domanda condannandola a pagare ulteriori spese legali per € 4.534,87 (oltre IVA e Cassa Avvocati) con la motivazione che il reclamo è stato presentato prima che venisse promossa la causa di merito. Ma andiamo per gradi.
Gli antefatti
In data 3 dicembre 1997 veniva dichiarato il fallimento della Gianoncelli Snc e dei soci Franco e Peppino Gianoncelli (nel mese di marzo 1999, il fallimento è stato esteso anche al terzo socio Bruno Gianoncelli).
Il predetto curatore M. Cottica, dopo aver realizzato tutti i crediti, venduto (o meglio svenduto) la merce, la licenza commerciale e le attrezzature, ha redatto il primo piano di riparto, distribuendo ai creditori con privilegio di primo grado (tra cui Giorgio e Diletto), a fronte di un introito complessivo di Lit. 161.128.509 (€ 83.215,93) un importo di Lit. 70.000.000 (€ 36.151,98), Era l’anno 1999. Da quel momento i creditori del fallimento non hanno più visto un centesimo...
La Corte di cassazione, a seguito di reclamo presentato da taluni creditori privilegiati ha dichiarato parzialmente illegittimo il piano di riparto per avere il curatore utilizzato somme (Lit. 21.958.953) del fallimento societario per pagare spese dei fallimenti personali, in particolare per la perizia di valutazione immobili commissionata al Geom. Alessandro Negrini e per il pagamento di condono edilizio. La somma cassata non è mai stata versata ai ricorrenti (tra cui Giorgio e Diletto, primi beneficiari). Eppure sono passati quasi dieci anni!!!
Il circolo vizioso
Il curatore, successivamente all’approvazione del predetto piano di riparto, ha introitato somme mai ripartite, né rendicontate ai creditori, tra cui: rate e arretrati di pensioni di Franco (circa Lit. 20.000.000) rate di pensione del defunto Peppino (pochi spiccioli), quota prelevata d’imperio nel mese di aprile 2001 dall’Istituto Bancario San Paolo IMI dal conto corrente di Patrizia (Lit. 10.000.000), somme oggetto di transazione per una causa con la società Nuova Alimentaria risalente al 1990 (L. 12.000.000), recupero assegni circolari incassati da Peppino Gianoncelli (Lit. 20.000.000), somme (eredità occultata per 17 anni) versate nel 2003 dai coniugi Francesco Fiori e Bianca Gianoncelli a seguito di sentenza di condanna nei loro confronti (€ 62.840,46).
Il curatore dei fallimenti per dovere d’ufficio è tenuto a rendicontare e ripartire tra i creditori le somme introitate con periodicità bimestrale (ora quadrimestrale). Nessun rendiconto, né piano di riparto è stato redatto dal 1999 a oggi.
Che ne è stato delle somme incassate? La risposta è ovvia: Sono state dilapidate per fare causa a Lina Moretti e ai suoi eredi e così, di causa in causa, è stato raschiato il fondo del barile...
L’eredità occultata
Nel 1998 Lina Moretti faceva causa alla figlia Bianca Gianoncelli e al genero Franceso Fiori per ottenere la restituzione di somme date in amministrazione e custodia nel 1976. I coniugi Fiori si difendevano dicendo che metà delle somme (circa 138 milioni) appartenevano a Diletto Gianoncelli, padre dei falliti, deceduto nel 1981 e che le somme di pertinenza di Lina erano state donate dalla madre alla figlia.
Interveniva volontariamente Bruno Gianoncelli, difeso dall’avvocato Nicola Marchi, chiedendo che i coniugi Fiori venissero condannati a corrispondergli il suo quarto di eredità . La causa venne interrotta a seguito del fallimento di Bruno Gianoncelli...
A causa riassunta, interveniva volontariamente contro i coniugi Fiori il curatore del fallimento, patrocinato anch’egli dall’avv. Nicola Marchi, reclamando, da un lato, la quota di Bruno Gianoncelli e dall’altro, per la prima volta da quando è stata promossa la causa, le quote di Franco e Peppino. Il Tribunale di Sondrio emetteva una sentenza in base alla quale condannava i coniugi Fiori a versare ai fallimenti le somme reclamate e statuiva che le somme di pertinenza di Lina Moretti erano state donate dalla madre alla figlia. Spese compensate.
Giorgio, Diletto, Marinella e Patrizia, eredi testamentari di Lina Moretti appellavano la sentenza.
La Corte d’Appello con sentenza n. 1505/06, impugnata in Cassazione, modificando la sentenza del Tribunale di Sondrio, condannava i coniugi Fiori a versare agli eredi le somme di pertinenza di Lina Moretti, con la motivazione che tali somme non erano mai state donate (spese compensate). La sentenza, se già per quanto riguarda la compensazione delle spese tra gli eredi di Lina Moretti e i coniugi Fiori, condannati questi ultimi al pagamento delle somme di pertinenza della defunta detenute in amministrazione e custodia, è tirata per i capelli, diventa paradossale nella parte in cui Lina Moretti viene condannata a pagare le spese di primo grado (€ 7.069,14) e i di lei eredi a pagare le spese di appello (€ 6.324,00) a favore dei fallimenti per l’intervento volontario effettuato da questi ultimi nei confronti dei coniugi Fiori.
Il testamento e il legato di usufrutto
Lina Moretti nominava eredi universali i nipoti Giorgio, Diletto, Marinella e Patrizia lasciando loro la propria quota (50%) di usufrutto sugli immobili.
Il fallimento della Società Gianoncelli Franco, Peppino e Bruno Snc e i fallimenti personali dei soci Franco, Peppino e Bruno Gianoncelli, agendo con la denominazione “Il fallimento Gianoncelli”, promuovevano causa per invalidare il testamento. Il Tribunale di Sondrio, con sentenza n. 144/06, appellata, statuiva che pieno proprietario degli immobili è “Il fallimento Gianoncelli” (società compresa) e condannava gli eredi di Lina Moretti a pagare la somma di € 14.801,05 oltre accessori di legge e spese successive.
Il precetto e il pignoramento immobiliare
Il dott. M. Cottica, con il patrocinio dell’avv. N. Marchi, notificava alle sole Patrizia e Marinella precetto, intimando il pagamento di € 37.327,08, oltre accessori di legge, pari alla somma delle due sentenze a cui faceva seguito il pignoramento immobiliare nei confronti di Patrizia Gianoncelli. Il curatore non notificava il precetto a Giorgio e Diletto, obbligati in solido, per evitare che potessero invocare il diritto alla compensazione dei debiti per spese legali con i crediti di loro spettanza come espressamente previsto dalla legge fallimentare.
Il Giudice dell’Esecuzione, a tale proposito, nel rigettare la domanda di sospensione cautelativa del pignoramento immobiliare ha affermato, quasi il fallimento fosse vicenda privata tra il dottor Cottica e gli eredi di Lina Moretti, che il curatore ha «libertà di scegliere contro quale creditore rivolgersi per il pagamento e per la conseguente azione in executivis».
Il déjà vu
Il legislatore, con decorrenza 16 luglio 2006, ha modificato la Legge fallimentare rendendola più “umana” e creando maggiori garanzie per i creditori. Il Giudice delegato, in base alle norme attualmente in vigore, non può trattare i giudizi che abbia autorizzato, né può far parte del collegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti.
Nel nostro caso, il Giudice delegato dott. Fabrizio Fanfarillo, dopo aver autorizzato il curatore a costituirsi nel reclamo, ha composto il collegio chiamato a pronunciarsi su quanto da lui autorizzato... Il medesimo si è astenuto per gravi ragioni di opportunità allorché il difensore di Patrizia Gianoncelli, ha sollevato l’eccezione.
Il problema, tuttavia, permane, in quanto al giudice Fanfarillo è assegnata la trattazione della causa di opposizione al pignoramento immobiliare promossa da Patrizia Gianoncelli nei confronti dei fallimenti, i quali se si costituiranno in giudizio dovranno essere autorizzati per iscritto dal Giudice delegato.
La domanda di sospensione della vendita dell’appartamento
Il codice di procedura civile stabilisce che l’opposizione al pignoramento deve avvenire entro venti giorni dalla notifica e che il reclamo contro il rigetto della sospensione deve essere proposto al collegio entro quindici giorni dalla comunicazione del rigetto da parte del Giudice dell’esecuzione, il quale, a sua volta ha fissato nel 20 dicembre 2007, il termine tassativo per introdurre il giudizio di merito, tempi tutti che Patrizia ha rigorosamente rispettato per non incorrere in decadenze insanabili. Fatica sprecata. Il Tribunale di Sondrio in composizione collegiale, in data 18 dicembre 2007, oltre a respingere la domanda di sospensione, l’ha condannata al pagamento delle spese del giudizio cautelare liquidate in € 4.534,87 oltre IVA e C.P.A., con la motivazione che il reclamo (presentato nei termini di legge previsti a pena di inammissibilità, nda) era stato proposto prima della promozione della causa (avvenuta nei termini assegnati dal Giudice dell’esecuzione, nda).
Che Giustizia è mai questa?
Franco ha perso il lavoro, l’appartamento dove abita e il consistente patrimonio immobiliare. Peppino ha pagato con la vita. Lina Moretti è stata costretta a sacrifici immani pur avendo potenzialmente risorse per vivere dignitosamente gli ultimi anni. Giorgio e Diletto hanno perso il lavoro e stanno tuttora aspettando competenze di fine rapporto. E ora Patrizia sta perdendo l’appartamento. Per che cosa? …Per chi?
È decisamente troppo!!! Che giustizia è mai questa? Mobilitiamoci!!!
Mi auguro, e lo dico, prima ancora che da creditore privilegiato, da persona che ha a cuore i diritti umani, che venga aperta un’inchiesta sulle vicende fallimentari Gianoncelli in quanto è stato dilapidato (con soddisfazione degli avvocati e buona pace dei creditori) denaro frutto di anni di sacrifici, di lacrime e sangue della povera gente.
Il dramma della famiglia Gianoncelli mi ricorda un brano del libro Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, medico, pittore e intellettuale, mandato nel 1935 al confino in Lucania, prima a Grassano, poi a Gagliano, il quale così narra di quei luoghi e dell'incontro con la gente mite, rassegnata e passiva, impenetrabile alle ragioni della politica e alle teorie dei partiti:
«Noi non siamo cristiani, - essi dicono, - Cristo si è fermato a Eboli.
Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l'anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia».
Cristo si è fermato a Eboli; ma... la Giustizia? La giustizia dove si è fermata?
Vanna Mottarelli
(da 'l Gazetin, febbraio 2008
IL GIORNALE È IN DISTRIBUZIONE IN TUTTE
LE EDICOLE DELLA PROVINCIA DI SONDRIO)
Qui per documentazione sul Caso Gianoncelli