Le foglie della memoria sembravano produrre
un addolorato fruscio nell'oscurità
(Henry Wadsworth Longfellow)
Away from Her-Lontano da lei è un film toccante e commovente, senza mai cadere tuttavia nel melenso o in sprechi di retorica. La materia è peraltro dura: lo svanire della memoria del mondo, delle cose che ci circondano e di sé e, con tale perdita progressiva e degenerativa, anche di quella dei sentimenti. La causa? Il terribile Morbo di Alzheimer.
Grant (Gordon Pinsent) e Fiona (splendida l'interpretazione di Julie Christie) sono due coniugi canadesi, la cui vita comune si misura quasi sul mezzo secolo, quando lei è colta dai primi sintomi della malattia. Ricoverata, giocoforza, in una clinica, in seguito a una scelta condivisa – poiché del male, chi ne soffre, ha coscienza –, Fiona non può ricevere alcuna visita, neppure dal marito, per almeno trenta giorni. Ciò al fine di consentire, secondo un preciso disegno terapeutico, la possibilità che la persona ricoverata meglio si adatti alla nuova situazione. Dopo il mese di lontananza, i primi in tal senso mai vissuti nella loro vita familiare, alla puntualissima visita di Grant Fiona stenta quasi a riconoscere l'uomo con cui ha diviso nell'arco di quarantaquattro anni d'esistenza insieme piccole e grandi gioie e dolori. Nel contempo la donna, nell'ovattato oblio della malattia, coi ricordi che vanno e vengono come in uno strano e malinconico valzer, si è affezionata, perfettamente ricambiata, a un altro ospite della clinica, l'uno centro del mondo all'altro.
Facile immaginare il dramma di Grant, che però non abbandona la moglie, fra antichi sensi di colpa – s'indovina una sua non irreprensibile condotta al tempo in cui era un docente universitario di Mitologia Norrena e le studentesse pendevano dalle sue labbra –, i moti di un puro amore e la pur faticosa comprensione per la situazione creatasi. Il suo agire rimane delicato, nonostante la divorante sofferenza e il travaglio interiore.
La vicenda si svolge fra il presente e una serie di flashback su passati nitidi o sgranati. E magistrale risulta la conduzione da parte della giovanissima Sarah Polley, regista alla sua prima, e più che convincente, prova. La Polley, nota in precedenza per la sua attività d'attrice, è anche autrice della sceneggiatura, non originale in quanto il film è tratto dal racconto The bear came over the mountain di Alice Munro.
Away from Her è una pellicola mai sopra le righe: la cifra stilistica non ha una sbavatura, i dialoghi sono perfetti, ogni verità psicologica è rispettata e portata sullo schermo con discrezione, senza che ciò costituisca un filtro che possa impoverire la narrazione. Una storia di dolore, ma anche di devozione, in cui... Omnia vincit amor, pur senza trionfalismi né patetismi né finali consolatori.
L'Alzheimer è una malattia tremenda, invalidante, subdola, che può far smarrire coscienza, autocoscienza e dignità, ogni profonda capacità relazionale, ma mantenendo soglie di acutissimo e perforante disagio per chi ne è colpito. Gli affetti e le vite familiari ne risultano spesso drammaticamente sconvolte, senza rimedio. Eppure, se permane empatia verso ciò che si è vissuto insieme e che nessuno e nulla potrà mai togliere...
Non era facile costruire questo film. Gran merito alla produzione e a tutto il cast, in cui spiccano anche le prove di Michael Murphy (che interpreta Aubrey, temporaneamente in clinica, il nuovo (s)oggetto dell'amore, casto e, a suo modo, con una sorta di romantica aura, di Fiona: la recitazione di Murpy è tutta psicologica, dato il silenzio cui è costretto Aubrey dalla propria patologia), Olympia Dukakis (Marian, la moglie di Aubrey) e Kristen Thomson (l'infermiera Kristy). Straordinaria, come detto, Julie Christie, che fu un'indimenticabile Lara nel Dottor Zivago diretto da David Lean e il cui leggendario fascino non è andato perduto con gli anni, neppure in questo ruolo di donna anziana e malata. Degnissimo coprotagonista, Gordon Pinsent.
«È uno sguardo non tradizionale sull'amore e sul fluire della vita», ha dichiarato la Dukakis, che è stata anche portavoce della Alzheimer's Association negli Stati Uniti. «Pensiamo che le cose finiscano, ma in realtà la vita continua a reinventare se stessa».
Alberto Figliolia