Le parole usate per riflettere sul concetto di sublime sono estremamente dosate e pesate proprio per indurre il lettore, o comunque l'utente, ad entrare in stretto rapporto tra quello che è il sublime stesso e quella che è la sua identificazione nell'arte, dove per arte si intendono musiche, pitture, poesie e quant'altro possa suscitare un'emozione.
Il senso di grande e sconvolgente smarrimento che l'uomo sopporta davanti ad un'opera di Turner o di Friedrich è essenzialmente duro, forte. È questo senso di cruda realtà che scopre l'uomo, indagandolo nella sua più pura e nuda forma, scoperto innanzi alla natura e a se stesso. È un uomo che si sofferma, impotente ma esterrefatto per una grandiosa forza che tutt'intorno a lui solleva il mondo. È comunque un soggetto umano e come tale riconosce le sue angosce e le sue paure, le sue debolezze ed i suoi limiti e quasi si domanda sul senso della propria vita di fronte alla natura abbandonando tutto ciò che è paideia Cristi (e quindi formazione dell'uomo ad immagine e somiglianza di Dio) ma proprio impersonificando ciò che è la carne dell'uomo e quindi l'istinto innanzi ai suoi sentimenti.
Si delinea quindi un soggetto con-formato alla natura che sovrana si prende cura e gioco dell'uomo stesso sgomentandolo ed inducendolo allo spaesamento più profondo. Si scopre quindi un uomo incoerente ma nello stesso tempo dialogico, stretto in un rapporto tra natura-essere inverosimile. Osservando scavando in una pennellata di colore o in una dolce nota o in una parola ecco che si conclude la vera anima del Sublime: la ricerca stessa dell'identità perduta di un uomo terreno.
Ambra Banelli