La cultura ebraica e l'antisemitismo, argomenti di ardua trattazione.
Dopo l'Olocausto (dal greco holos, completo, e kaustos, rogo) o Shoah (o anche Sho'ah), un ultimo pogrom da seimilioni di vittime – quand'anche non di più –, sono inevitabilmente mutati approcci e sensibilità al tema. Anche se l'ottuso e iniquo odio di natura etnico-religiosa non è, purtroppo, certo terminato in quei macabri giorni. Ci furono allora anche una cattiva coscienza collettiva e imperdonabili superficialità, pur nel dramma globale della guerra: fu il regno dell'orrore sulla Terra e ancora desta stupore e ribrezzo la cecità di fronte alla tragedia dell'annientamento che andava svolgendosi.
Forse non c'è mai stata reale redenzione. Oggi c'è Israele. E la questione palestinese. Un brivido nell'anima per ciò che succede, ancora e sempre. Chi è la vittima? Tutti, e perché?
Un terreno minato, e neppure in senso figurato. Eppure negli intenti volevamo soltanto parlare di teatro e del bellissimo lavoro intrapreso e messo in scena da Eugenio de' Giorgi, autore, attore e regista, anima del Teatro Olmetto di Milano: Affittasi monolocale zona Ghetto, uno straordinario excursus dalla Venezia del 1500 sino alla tragica farsa di Theresienstadt-Terezin, il lager divenuto celeberrimo per l'uso propagandistico che ne fecero i nazisti per ingannare la Croce Rossa sulle vere condizioni degli ebrei deportativi. Anche qui ne morirono a migliaia e migliaia e migliaia... nonostante il film, per l'appunto di propaganda, Il Führer dona un villaggio agli ebrei, girato dall'internato Kurt Gerron, che in un più felice passato aveva anche recitato ne L'angelo azzurro con la diva tedesca Marlene Dietrich, poi transfuga in America (anche in quanto ostile ad Adolf Hitler).
Va da sé che Gerron e la moglie, non più utili agli aguzzini, trovarono la morte nelle camere a gas della cupa e grigia Auschwitz.
Con la descrizione del dramma di Terezin si conclude la magnifica recita-performance di Eugenio de' Giorgi, che, sotto la regia di Massimo Navone e fra le scene di Emanuele Luzzati e Roberto Rebaudengo, interpreta tutti i ruoli dello spettacolo, oltre ad essere l'artefice del testo.
Perdonateci se abbiamo cominciato dal fondo, ma la chiusa è troppo coinvolgente e lascia del tutto ammirati come de' Giorgi sia stato abile a creare una liaison fra il capitolo finale e il resto delle vicende in essere e narrate.
Si finisce dunque con Terezin, ma si parte ben da lontano, da Roderic de Borja i Borja, alias Papa Alessandro VI, il dissoluto Borgia, padre di Cesare e Lucrezia, dall'inquisitore di Spagna Tomás de Torquemada e dalla cacciata, un autentico esodo biblico, degli ebrei di Spagna verso altrove e il non-so-dove, con il grottesco anche di cadaveri disseppelliti per esser processati e bruciati, da morti, sul rogo (la tristezza dell'empietà ammantata di religio...), passando per una congerie d'indimenticabili personaggi: vite immaginarie e, soprattutto, vissute, quali il marrano (dall'arabo moharrama o muharram, “cosa proibita”) Giuseppe Francoso, ebreo fattosi battezzare quattro volte, Leone da Modena, rabbino veneziano di sapienza smisurata (con il vizio e la perdizione del gioco), Sara Coppio Sullam, la bella ebrea, poetessa di chiara fama, o Nathan di Gaza che, sempre a Venezia, si fece passare per il messia Shabbataizvi.
Eugenio de' Giorgi trascorre, come detto, da una figura all'altra, ora giullare ora intrattenitore ora fine dicitore, fra giochi verbali e pastiches linguistici, accurate rievocazioni e ricostruzioni, repentine metamorfosi, con ironia, humour e serietà, in ogni passaggio agevolato dalla superba arte scenica che lo contraddistingue. Il tema della segregazione e della persecuzione, con ogni rilievo storico, e quello stesso dell'esistere non possono non colpire a fondo lo spirito dello spettatore.
Il Teatro Olmetto si trova nell'omonima via milanese, nel pieno del centro storico, il cuore di viuzze medioevali della metropoli meneghina. La sua stagione di prosa è importante, con tutte le giuste iniziative messe in campo per raccogliere un pubblico attento. Gli spettacoli si alternano e ripetono con intelligente varietà e i prezzi sono onestissimi, abbonamenti compresi. Nel segno della vocazione al teatro e della sua più autentica cultura. Piccolo – si fa per dire – ma bello e magistrale. Un luogo, se si può, assolutamente da frequentare.
Per ulteriori informazioni: sito Internet www.teatrolmetto.com, Tel. 02 72021503.
Affittasi monolocale zona Ghetto - le cui porte di notte venivano serrate, tenendovi virtualmente prigionieri i residenti, almeno sino al 1797, allorché Napoleone, caduta la Serenissima Repubblica, decise diversamente - sarà in cartellone sino a domenica 17 febbraio.
Dopo questa data andranno in scena il Don Giovanni di Molière e vari altri lavori, di contemporanei e non solo, con alcune chicche dedicate a classici dell'umorismo quali Marcello Marchesi e Achille Campanile.
Alberto Figliolia