Pare davvero spericolato – anche se non è detto che non abbia successo - il tentativo iniziato nei giorni scorsi da Walter Veltroni di paragonare la propria campagna elettorale alla guida del Partito Democratico a quella del Senatore dell’Illinois Barack Obama.
Tentativo spericolato innanzitutto perché viene difficile paragonare Veltroni a un politico come Barack Obama la cui formazione è quella di un avvocato che è divenuto il primo presidente nero di una delle più prestigiose riviste giuridiche americane, e cioè la Harward Law Review, ed è quella di un attivista che è stato a lungo impegnato in campagne contro l’emarginazione nei quartieri poveri di Chicago. Mentre Veltroni, come è noto, è un politico la cui formazione è avvenuta nel Partito Comunista Italiano e che, mentre era iscritto e militava nel PCI, non trovava niente di strano a definirsi kennediano, dimenticando che proprio sotto la Presidenza Kennedy ci sono stati alcuni dei momenti più gravi e difficili nella contrapposizione tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.
Ma anche non volendo scavare troppo nelle storie personali e nel passato, ci si può limitare ad osservare come Obama e Veltroni abbiano affrontato le primarie, e come si apprestano ad affrontare le elezioni politiche del 2008.
Il Senatore dell’Illinois è ormai da un anno impegnato in una corsa avvincente in elezioni primarie che si giocheranno probabilmente fino all’ultimo delegato, e che lo vedono contrapposto alla famiglia e alla struttura politica più influenti e potenti nel partito democratico americano, e cioè i Clinton. Veltroni, come tutti ricordano, ha invece trionfato nelle cosiddette primarie italiane, grazie al sostegno degli apparati di partito dei DS e della Margherita,che hanno impedito nei fatti la possibilità dell’emersione di una candidatura alternativa. Primarie all’Italiana dove a un oscuro e giustamente presto dimenticato ufficio elettorale è stato dato il compito di escludere Marco Pannella e Antonio Di Pietro dalla competizione, cosa che è semplicemente inconcepibile negli Stati Uniti.
Ma ancora, mentre nelle primarie americane ci sono già stati ben 18 dibattiti televisivi tra tutti i candidati – ed altri se ne annunciano tra Obama e la Clinton, Veltroni è il candidato che ha a lungo rifiutato di avere anche un solo dibattito pubblico con Rosy Bindi, che lo chiedeva giustamente a gran voce – e gli altri candidati alle primarie, avendo la bontà di rispondere alla richiesta di poter far conoscere ai cittadini in un dibattito le differenze tra i candidati, con una citazione tratta da un film di Nanni Moretti “non facciamoci del male”.
Ma ciò che più conta in queste ore è vedere paragonare una campagna elettorale come quella di Obama che si fonda sull’inclusione del più ampio numero possibile di elettori e sostenitori politici, anche e soprattutto al di fuori del partito democratico, a quella che viene annunciata da Veltroni. Non essendo evidentemente bastato chiudere le porte delle elezioni primarie in modo illiberale, adesso Veltroni vuole, ancora prima di aver presentato un programma, dividere ulteriormente la propria coalizione politica, invece che provare a rafforzarla. Essendo chiaro a chiunque che, con questo sistema elettorale, solo unendo forze ed interessi, anche diversi, su alcune proposte essenziali, si può di prevalere nelle elezioni.
Matteo Mecacci
(da Notizie radicali, 11 febbraio 2008)