Quelli delle “elezioni subito”, del “lasciate fare a noi che sappiamo governare”, del “basta con il teatrino della politica”, delle “marce su Roma annunciate e smentite”, sono gli stessi che prima di chiudere lo scorso quinquennio di legislatura piena lasciarono al Paese – d’accordo con l’altra fazione partitocratica – la legge elettorale “porcata” abbinata ad una modifica della già scandalosa legge sui rimborsi elettorali, modifica secondo la quale i partiti acquisiscono il diritto di intascare l’intero ammontare dello stanziamento anche se la legislatura finisce qualche anno prima della sua scadenza naturale.
Come radicali – oltre al referendum del 1977 e a quello vinto del 1993 con il voto favorevole del 90,3% degli italiani che si sono espressi contro il finanziamento pubblico – ci abbiamo riprovato con un altro referendum nel 2000, ma Berlusconi fece l’appello a disertare le urne annunciando che a quelle riforme (c’erano anche il referendum elettorale e quelli sulla Giustizia) ci avrebbe pensato lui. E, infatti, ci pensò: anziché la riforma elettorale anglosassone regalò al Paese il porcellum, poi la citata modifica sui “borseggi elettorali” e, quanto alla giustizia, anziché la separazione delle carriere, la riforma del CSM e lo stop agli incarichi extragiudiziari, le sue Grandi Riforme si ridussero all’approvazione di leggine ad personam che oggi sembrano tornargli molto utili.
I deputati radicali della Rosa nel pugno contro la vergognosa rapina dei cosiddetti rimborsi elettorali e contro il metodo oligarchico, sempre più presente e asfissiante nel nostro sistema politico-istituzionale, hanno presentato una proposta di legge volta ad introdurre quegli elementi minimi che possano garantire l’esercizio effettivo del metodo democratico all’interno dei partiti, il riconoscimento della personalità giuridica ai partiti politici stessi, l’istituzione ad hoc di una sezione, presso la Corte dei conti, per il controllo dei bilanci e la regolamentazione dei rimborsi elettorali. Noi radicali, del resto, abbiamo dimostrato di saper lottare anche senza il conforto di comode poltrone come quando, nel 1997, distribuimmo nelle piazze ai cittadini il finanziamento pubblico destinato per legge alla Lista Pannella, ma frutto dell’ennesimo furto di regime.
Rita Bernardini ed Elisabetta Zamparutti
La Casta e il voto anticipato
Il finanziamento pubblico, erogato sotto la falsa dizione di rimborso elettorale, sarà una bella manna per i partiti in caso di scioglimento anticipato della legislatura.
Il finanziamento pubblico ai partiti, abolito nell’aprile del 1993, grazie al referendum promosso dai radicali e vinto con il 90,3% degli italiani che si sono espressi, è stato di fatto reintrodotto a partire dal 1997. Successivamente, una serie di modifiche, susseguitesi dal 1999 fino al 2006, ne hanno determinato aumenti esponenziali.
Cronistoria dell’evoluzione legislativa in relazione alle elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento italiano.
A dicembre 1993, dopo l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti, viene “aggiornata” la legge sui rimborsi elettorali, che decentemente vengono definiti “contributo per le spese elettorali”, con la quale si stabilisce che il fondo da ripartire venga calcolato in ragione di lire 1.600 per il numero degli abitanti e che tale fondo, in sede di prima applicazione, debba essere suddiviso al 50% fra Camera e Senato. Viene applicata tre mesi dopo, in occasione delle elezioni del 27 marzo 2004. Nel giro di pochi mesi, il rimborso è erogato in un’unica soluzione per un ammontare complessivo pari a 47 milioni di euro.
La stessa norma viene applicata in occasione delle successive elezioni politiche del 21 aprile 1996.
Nel 1997, con la legge n. 2 del 2 gennaio: “Norme per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici”, di fatto si reintroduce il finanziamento pubblico ai partiti. Infatti, all'atto della dichiarazione annuale dei redditi delle persone fisiche, ciascun contribuente può destinare una quota pari al 4 per mille dell'imposta sul reddito, al finanziamento dei movimenti e partiti politici, senza peraltro poter indicare a quale partito. La data per l’erogazione in favore dei partiti viene fissata entro il 31 gennaio di ciascun anno.
Per poterla applicare da subito, si inserisce una norma transitoria che consente di erogare le somme già a partire dal 1997 fissando il fondo, per l’anno in corso, in 82.633.000 euro e stabilendo che per gli anni successivi tale fondo è calcolato sulla base delle dichiarazioni dei contribuenti e che in ogni caso non può superare i 56.810.000 euro. Intanto per il 1997, dopo meno di un mese dall’approvazione della legge, i partiti incassano.
L’opinione pubblica, ancora una volta, riconferma la volontà espressa in occasione del referendum. Scarsissima è l’adesione a tale contribuzione volontaria al punto che, nel giugno 1999, viene emanata una nuova legge, la n. 157, che, ancora una volta, cela dietro il titolo “Norme in materia di rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie” un vero e proprio finanziamento pubblico, in quanto è solo un teorico rimborso elettorale, non avendo alcuna attinenza diretta con le spese effettivamente sostenute per le campagne elettorali.
Il fondo, o meglio i fondi perché ce ne sono ben 4 oltre a quello previsto per le consultazioni referendarie: uno per la Camera, uno per il Senato, uno per le elezioni al Parlamento europeo e uno per le elezioni regionali, è determinato in ragione di lire 4.000 per il numero degli iscritti nelle liste elettorali, che per le politiche vale a dire 101.950.000 euro per la Camera e 91.763.000 euro per il Senato per un totale complessivo di 193.713.000 euro. L’ammontare determinato in occasione del voto e ripartito fra le diverse liste in base ai risultati elettorali, viene erogato entro il 31 luglio di ciascun anno nella misura del 40% il primo anno e del 15% negli anni successivi. In caso di scioglimento anticipato della legislatura si interrompe l’erogazione, fatta eccezione per l’anno in corso.
Il 16 maggio 2001 si vota e i partiti iniziano a percepire (anche per le politiche, lo avevano già incassato per le europee anche se leggermente ridotto) questo cospicuo “rimborso elettorale”, ma evidentemente non è ancora abbastanza e il 26 luglio 2002, si emana la legge n. 156 che regolamenta nuovamente il rimborso elettorale. Il fondo è determinato in ragione di 1 euro per il numero degli iscritti nelle liste elettorali e il fondo diventa annuale, sopravvive tuttavia la norma che prevede l’interruzione dell’erogazione in caso di fine anticipata della legislatura rispetto alla naturale scadenza. In cinque anni di legislatura completa, il rimborso elettorale erogabile passa da 193.713.000 euro a 468.853.675 euro.
Bel colpo, ma ahinoi non è ancora abbastanza!
Il 26 febbraio 2006, con la legge n. 51 si “corregge” quanto era probabilmente sfuggito nella legge precedente ed ecco che l’erogazione è dovuta per tutti e cinque gli anni di legislatura indipendentemente dalla sua durata effettiva. E visto che ci si sono rimesse le mani, si provvede anche ad innalzare il tetto per l’obbligo di dichiarazione congiunta (tra erogante e ricevente) relative ai finanziamenti ricevuti dai politici, dai partiti o movimenti e loro articolazioni dai 6.613,99 euro del 2005 a 50.000 euro; nonché a stabilire che a partire dal 2006 i fondi vengono ridotti dell’1% per ottenere in cambio: «Art. 6-bis. (Garanzia patrimoniale). - 1. Le risorse erogate ai partiti ai sensi della presente legge costituiscono, ai sensi dell'articolo 2740 del codice civile, garanzia ai fini dell'esatto adempimento delle obbligazioni assunte da parte dei partiti e movimenti politici beneficiari delle stesse. I creditori dei partiti e movimenti politici di cui alla presente legge non possono pretendere direttamente dagli amministratori dei medesimi l'adempimento delle obbligazioni del partito o movimento politico se non qualora questi ultimi abbiano agito con dolo o colpa grave. 2. Per il soddisfacimento dei debiti dei partiti e movimenti politici maturati in epoca antecedente all'entrata in vigore della presente legge e' istituito un fondo di garanzia alimentato dall'1 per cento delle risorse stanziate per i fondi indicati all'articolo 1. Le modalità di gestione e funzionamento del fondo sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze».
Con la finanziaria 2008 e i grandi impegni per la riduzione dei “costi della politica” passa soltanto la norma che riduce di appena il 10% le quote annuali, pertanto a partire da questo anno, in relazione ai rimborsi per le elezioni politiche, ciascun anno (e per ciascun turno elettorale) se ne incasseranno anziché 94 milioni, soltanto 85!!!!
Se ora si dovessero sciogliere le Camere, agli oltre 255 milioni ancora da erogare in relazione alla XV legislatura, si aggiungeranno gli altri 425 milioni relativi alla XVI legislatura.
E poi critichiamo i politici che non fanno le riforme, questo dimostra come, quando lo ritengono utile e necessario, sanno farle e sono anche tempestivi!
Antonella Casu
(entrambi da Notizie radicali, 31 gennaio 2008)