Eccoci nuovamente, Cercando l’oro della poesia prosegue. Raimondo Iemma è stato il “protagonista” della puntata 14. Per questa nuova, scendiamo verso due destinazioni diverse, il Salento e Roma ma non perché si tratteranno due autori, bensì trovando Vanni Schiavoni che tra i due luoghi vive. (fabiano alborghetti)
Vanni Schiavoni vive diviso tra Roma ed il Salento, dove nasce – in quel di Manduria – nel 1977. Proprio a Manduria impara a scrivere, sforzi che si coaguleranno coerentemente nel primo romanzo Come gli elefanti in Indonesia (LiberArs, 2001) e successivamente nelle raccolte poetiche Nocte - Nascita di un solstizio d’inverno (L’Autore Libri Firenze, 1996) e Il balcone sospeso (Lisi editore, 1998). Segue una pausa di attenzione alla propria lingua, di ricerca e silenzio sino ad approdare poeticamente alla raccolta Di umido e di giorni (LietoColle, 2004), pubblicazione che varrà a Vanni l’immediata inclusione in un programma di rinascimento poetico promosso dall’editore e che porterà alla prova decisiva con la pubblicazione nel 2006 di Salentitudine, sempre per cura di LietoColle editore.
Salentitudine è però solo la punta di una grande iceberg: apparentemente è una raccolta – omogenea – che può venire terminata con la fine del libro. Non è cosi. Dietro alla stesura (e pubblicazione) della silloge si cela un progetto “costruito” su uno schema 1=3x3 ma lasciatemi spiegare meglio: l’origine è data dal “contenitore” GLI ULIVI, ovvero ciò che da origine alla “saga” se proprio vogliamo definirla così, cui segue una divisione in tre differenti sezioni a cui corrispondono tre diverse sillogi.
Schematizzandola, potrebbe venire vista cosi:
GLI ULIVI che suddivide in
TRILOGIA DELLE RADICI
Salentitudine (i luoghi / l’appartenenza)
Guscio di noce (il padre / l’educazione)
L’atleta (Lisippo / la cultura)
TRILOGIA DEL TRONCO
Ora che non sono più (voci chi è stato)
Cerchi dell'accrescimento (ritratti / chi c'è)
I seni delle ragazze sono caldi come sempre (poesia civile / chi ci sarà)
TRILOGIA DELLE FOGLIE
La turpe voglia (poesia erotica / le passioni)
Ogni cosa è realtà (piccole cose / le abitudini)
? (la terza sezione della terza trilogia rimane – per ora – non svelata)
Salentitudine – sottolineo – è stato accolto dalla critica con entusiasmo, nonostante la ritrosia dell’autore all’auto-promozione. Successivamente estratti di Guscio di noce e L'Atleta sono apparsi sulle antologie Da Napoli / verso (Kairòs Edizioni, 2007) e Roma verso Milano (LietoColle, 2007).
La capacità di lavorare su un progetto ed avere cosi l’idea definita del perché la lingua è in uso al dettato e soprattutto di cosa è il fine ultimo del dire, la ricerca che viene perseguita consapevolmente all’interno di un percorso che snoderà lungo pubblicazioni che prenderanno corpo nei prossimi anni rende Vanni Schiavoni non soltanto autore impegnato e consapevole, ma anche addentro una ricerca e recupero che passa oltre che dall’osservazione del quotidiano (come accade in Salentitudine) anche attraverso la memoria, la consapevolezza sensoriale, le formazione morale, l’indagine dell’inconsueto. Non poesia d’occasione quindi, affastellate poi in una raccolta che si presume omogenea perché racchiude più testi ma il compito di porre ordine e dare senso, elencare anche, fare confluire i temi portanti di una intera esistenza con senso di responsabilità esistenziale, tramite la partecipazione diretta e meditata al dramma storico, alle possibilità che non scadono in artificiose manipolazioni on in fughe dal facile effetto ma presenti fisicamente e che sottendono oltre che il potere immaginativo anche la convocazione dell’ineludibile, l’origine paradigmatica e a tratti costrittiva dell’incisività lapidaria che la vita, nonostante e tramite noi, meditatamente avviene.
Da Salentitudine (LietoColle, 2006)
Santa Maria di Leuca
Niagarano le voci cerose dei turisti
sempre di passaggio
attorno
alle tue dita inerti da baccelliere.
Tra loro anch’io;
tra i motorini mugghianti
la mia centoventisette
si balocca, sgattaiola
con mezze accelerate ironiche.
Non sarà mai questa la tua meridionalità
e chi ha il diritto di dirti
come si vive o come si crolla?
Ostuni
Non fu in un giorno
né a un rintocco stabilito
che recitammo
i nostri doveri di passanti,
le nostre opportunità
di mattini buffi.
Non furono i raggi violenti
che l’aprivano oltre il bianco
né la ridda in dislivello
di strade e dopopranzo.
Non fu l’aspetto o l’umore
o il tremore alluso di lontano
dal mare.
Otranto
Gli scogli più ad est
d’Italia, poggiati come
dodecasillabi bizantini,
qui dove da religiosi nacquero
versi nella lingua nazionale,
qui dove si è scritto in greco
la nascita dell’umanesimo delle lettere.
Questi scogli greci
nei riti dell’onda
che riecheggia il racconto di quando i Normanni
rimandarono a Costantinopoli l’impero
e la normanna madre
di Federico, pare,
temesse il destino.
Questi scogli con la stessa
naturalezza tengono
il tuo corpo disteso
e l’epidermide idruntina
che ti avvolge gli occhi.
Il convento
Affondati
negli odori del cosmo
stanno
come l’equilibrio della polvere
sulle campane.
A tratti
attorno ai rimedi
gravitano
ma senza centrare la giusta sequenza
dei rintocchi,
la combinazione segreta delle lodi.
Il borgo
Spuntano cime
di vita selvatica
e semi di pigrizia
si sparpagliano attorno
all’ultimo assignuria.
Ah, sparagnu, sparagnu…
Tra ciarpame e la rrobba
tedioso il gesto stropicciato sul grembiule
pettegolato sull’uscio
con le mani di ceramica.
Gli orti
Quando gli caddero
gli occhi e la speranza
di incontrarla, capì
che era quello
il momento di andare
e la luna ancora piena,
ancora a fare di luce
la piazza ovale,
si vedeva appena
dietro il bianco vecchio
che smargina gli orti.
Da Guscio di Noce (inedito)
*
Fu l’incontro il nostro vizio più temuto
più tenuto nel fondo delle tasche
e più tornato fra le dita quando
ci sembrava inevitabile. Perdersi
non ebbe altra speranza
che in quell'appuntamento
per domani in quel posto
e in quell’ora esatta.
*
Mi convinse l’idea che un’altra vita
avrebbe potuto trovarci morti
e che forse valeva la pena
portare un’altra volta
quei luoghi negli occhi
come impressioni perturbate
– assenza significativa di nubi –
per mordere le nuove
e le vecchie stagioni.
*
Per dove i miei passi ho già camminato
vado ripetendo orme meno serene
e meno secche e meno contorni
di giudizi immobili
mi attraversano i polmoni
e le dimenticanze.
*
Della mia infanzia conosci quei vicoli
dove stretti gli uni sugli altri
mangiavamo le parole imbecilli
e noi stessi a testa in giù
e ci rimanevano gli occhi
in mezzo ai denti e restavamo
a farci arrizzicare le carni,
le carogne sotterravamo
per liberarne le ombre.
*
Ricordo: bastava bagnarsi le dita
per zittire la fiamma e la voglia
di fumare e la fame, scommettere
per vincere mani
enormi di clown a contare
le occasioni oscene, lucertole
imbucate nell’anima
nel movimento vasto
delle cose inutili.
*
E conducevo le mie stelle da battaglia
a conquistare tane radianti
dell’ultima fortuna
elemosinando spiccioli di coraggio
con la mano tesa
per strade dove solo la pioggia succede
dove solo l’estremo nulla – se guardi –
è reale.