Nino, che abbiamo conosciuto dai commenti spesso lasciati nell'Oblò cubano, ci ha inviato, su nostro suggerimento, una sintetica sistemazione dei suoi argomenti, che volentieri pubblichiamo. L'occasione è utile per rivolgere analogo invito anche ad altri (impossibili da raggiungere direttamente, non avendo lasciato un corretto recapito) che volessero intervenire nella discussione con contributi, possibilmente originali (per materiali ripresi, se d'attualità e di interesse, occorre indicare la fonte e garantire possibilità di pubblicazione) e firmati. Ciò consentirà di meglio articolare le proprie argomentazioni, con vantaggio e utilità sia per chi scrive e sia per chi legge. (e.s.)
Si dice, presi dall'indignazione per taluni fatti inconcepibili in democrazia, che la dittatura cubana è uguale a quella hitleriana o staliniana. Si può capire questo giudizio, se estemporaneo, dettato, cioè, dal momento di indignazione; non lo si può capire, se, invece, si tratta di una affermazione reiterata.
La verità storica dice che Cuba è sì una dittatura, ma una dittatura che, certamente farcita di divieti ed imposizioni, non può essere paragonata a quella di Hitler o di Stalin. Mentre i due dittatori, infatti, hanno provocato milioni di morti, quanti non sappiamo con precisione, il regime cubano, invece, se si eccettuano alcune migliaia di fucilazioni di batistiani agli inizi, comprensibili storicamente se si pensa che tra il 1956 e il 1958 c'è stata una guerra civile, ha arrestato certamente i suoi avversari politici, ma non si è macchiato della crudeltà e barbarie dei regimi a cui viene paragonato. Certo, per noi democratici, anche l'arresto ingiusto, dettato da motivi politici, di una persona è un crimine, ma è bene per la oggettività storica riuscire a distinguere tra una dittatura ed un'altra. Questa distinzione non è importante per sapere qual è la dittatura migliore, considerato che noi democratici aborriamo ogni dittatura, ma soltanto per una questione di onestà intellettuale e storica doverosi.
Si dice ancora che, morto Fidel, il regime crollerà. Ma il regime fidelista resiste da 50 anni, perché è una tipica dittatura del socialismo realizzato; c'è un partito unico che ha il potere politico, sorretto dall'esercito i cui capi sono suoi alti dirigenti, che garantisce alla gente un welfare, certamente povero, se paragonato a quello degli stati europei, ma essenziale per far fronte alle necessità della vita. Fidel, però, non è il regime, è soltanto la parte apicale di esso. Dunque, morto lui, il suo successore, sicuramente Raul, continuerà tranquillamente a guidare il paese per qualche anno e, morto Raul, altri lo guideranno chissà per quanti anni ancora.
Quindi, se dal punto di vista democratico è giusto fare il tifo per il crollo del regime, sul piano storico è opportuno avere i piedi ben piantati a terra, sapendo che può durare anche altri 30-40 anni. Tutto dipende dalla compattezza dell'esercito e dai benefici sociali che riuscirà ad apportare alla gente. Ecco il motivo per cui Raul, che è tipo oltremodo pratico, cerca di introdurre, ora a parole, domani chissà, le cosiddette riforme di struttura, necessarie sia a permettere ai cubani di avere una vita migliore sia a consolidare il sistema.
Nino Monistero