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Emergenze, termovalorizzatori e dottrina
21 Gennaio 2008
 

Comincio con il commento di Montezemolo alla chiusura del contratto dei metalmeccanici, commento che è una delizia: il re della Confindustria, della Fiat e della Ferrari lamenta di dover trattare con un sindacato “conservatore”: dove ci si trova collocati, se un reazionario ci chiama conservatori? chi invierà la risposta giusta avrà in premio una bella risata.

 

Ascoltavo la trasmissione di Augias sulla rete 3, che era oggi -tra l'altro- sui termovalorizzatori, ben fatta comunque. La questione è di carattere generale: se i movimenti pongono questioni con un no iniziale, va bene: ma se si continua a restare sul no, mai articolando né valutando le risposte che intanto arrivano dalla scienza, passa l'opzione opposta. Si avvicina pericolosamente la questione del nucleare. Per non venire travolti dalle prediche terrorizzanti sui freddi e bui inverni che passeremo se non facciamo le centrali nucleari, bisogna rispondere in anticipo con programmi di risparmio energetico, di diversificazione delle fonti, di costruzioni coibentate (la fiera di Bolzano “Casaclima” è stata un successo strepitoso): ma al Senato gli impianti sono così vecchi e mal fatti che si sta con le finestre aperte e i termosifoni bollenti e in aula il caldo e il freddo è sempre misurato sull'obbligo per i signori di portare sempre giacca e cravatta: se invece si imponesse di parlare in modo civile anche in maniche di camicia, si potrebbe risparmiare d'estate nell'aria condizionata e d'inverno con una temperatura più bassa. Anche con documentazione dei rischi e difficoltà di smaltire le scorie del nucleare (nei proiettili all'uranio? nelle ali degli aerei? nei contrappesi degli ascensori?): insomma con molta informazione bisogna far passare la cultura che nessuna questione complessa, dall'energia ai rifiuti alle migrazioni ai carburanti, si risolve o si avvia a soluzione con rimedi semplici: bisogna sempre predisporre un mix, un cocktail di mezzi tecniche prodotti: elettricità vento Larderello sole ecc.

Comunque era ospite di Augias (ho preso la trasmissione solo a un certo punto) un tecnico del termovalorizzatore di Fusina, che serve Venezia e sembra essere uno dei migliori in Europa. Il ragionamento è: se una tecnologia affronta una questione vera, dire di no all'inizio va bene, ma porre quesiti precisi e specifici agli scienziati e tenere conto delle risposte, fino a che non se ne riceve una soddisfacente, va meglio ancora.

 

Nel dibattito che è seguito si poteva vedere nettamente che cosa vuol dire affrontare l'emergenza da uomini o da donne: una signora ha chiesto dove deve mettere l'ovatta dello strucco e il pannolino dei neonati e poteva aggiungere anche gli assorbenti delle mestruazioni; un'altra ha detto che bisognerebbe insegnare ai bambini a scuola ecc. Gongolavo, anche perché il preparatissimo tecnico e Augias (il quale ha mostrato di non sapere che la camorra è implicata nella faccenda rifiuti!) erano d'accordo che fino a che l'emergenza non è superata non si può fare niente e invece le signore chiedevano di fare qualcosa subito e tutti presi a discutere di brevetti e di competizione con altri paesi trascuravano cose che le donne indicavano: propongo che si incominci nelle scuole, dato che anche poche isole di rifiuti almeno in parte già differenziati sono un esempio utile e un mutamento culturale necessario; che sugli involucri dei prodotti le ditte scrivano dove vanno messi ecc. Il fatto è che gli uomini, avendo il potere pensano sempre che le emergenze si superano con leggi (la legislazione d'urgenza è diventata la legislazione reale: tutto è emergenza). Mentre le donne, se c'è un'emergenza debbono farvi fronte: se brucio l'arrosto non posso mettere in tavola un piatto con scritto: emergenza, devo almeno rimediare con un bel po' di patate lesse o fritte; se mentre volevo andare dal parrucchiere il ragazzino si sbuccia un ginocchio o alla bimba viene il mal di pancia, debbo riordinare l'orario della giornata ecc. La vita quotidiana, soprattutto delle donne è attraversata da imprevisti e da emergenze di continuo e farvi fronte diventa una grande qualità politica, che non si vede perché dovrebbe fermarsi alle soglie delle istituzioni. Provate qualche volta ad ascoltare anche noi, di solito sull'organizzazione della vita e sua qualità ci sappiamo fare.

 

L'arcivescovo di Milano Tettamanzi ha indirizzato un testo a separati divorziati e risposati, che sembra indicare una linea diversa da quella del papa, non così intransigente, ma umana: di fronte al gregge che si assottiglia per le continue strette e decisioni a ritroso è giusto che un pastore si preoccupi. Il testo sembra animato da comprensione, pur ovviamente ribadendo l'intangibilità della dottrina cattolica. Di fronte a contrasti tra dottrina cattolica e legislazione di uno stato laico sovrano, il papa sembra voler riprendere l'autorità diretta sulla società entrando nella lotta politica, il cardinale sembra piuttosto rispondere alle esigenze bisogni disagi dei credenti, ma non chiede abolizione di leggi sul divorzio o il disconoscimento di unioni altre. È un buon esempio e anche la dimostrazione che non è affatto necessario essere comunque d'accordo col papa, nemmeno da parte dei credenti (a meno che non parli espressamente ex cathedra), figuriamoci poi per i laici arrivati in Piazza San Pietro chinati al bacio della sacra pantofola, da vomito.

 

Lidia Menapace


 
 
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