| Jacopo della Quercia: Ilaria del Carretto |
01 Febbraio 2008
Amai, con le ciglia abbassate lo confesso, fin da adolescente amai in segreto una donna nel fiore degli anni, di una beltà signorilmente inarrivabile, e più mi tribolavo che lei fosse sposata, e già madre fosse. Morì al secondo parto, e certo suo marito, Paolo Guinigi, molto dovette amarla. La fedeltà di costei è attestata dal cagnetto prono ai suoi piedi. O Ilaria, beatifica Ilaria, nel tuo sonno imperturbato stai forse sognando quel cielo di cristalline stelle nella cui immensitudine il coperchio marmoreo ove giaci finirà, nella lontananza dei tempi, prodigiosamente sospeso, vagante negli spazi siderali, come il cupo monòlito di un glorioso film di fantascienza. E nel tenue balenio delle costellazioni la tua Forma Umana per sempre testimonierà a qualche verdognolo e mucoso alieno di passaggio, se alieno non sia a un pur minimo atto di meraviglia, quale fu la Spiritualità del nostro genere al suo apice, degenerato poi e scomparso da un pianeta cinereo e puzzolente. A Lucca, a Lucca per Ilaria, solo per Ilaria! Ella dorme nella silente vastità di San Martino, e mai morbidezza di pieghe e fulgore di marmo e perlei lineamenti hanno accolto un sonno più abissale e remoto dai futili clamori del mondo. Tutto di lei mi è caro e prezioso. Anche la venatura grigioscura che dal cuscino superiore, a sinistra, le scende attraverso l’alto colletto a calice fino alla base della spalla destra, come una lesione tenebrosa cicatrizzata, memoria mortale della sua ipostasi immortale. Oh se ancora io la amo! Ma amore non è, è adorazione. Passano i giorni, le settimane, i mesi, e quando qui dentro, nel cardias, sempre più mi urge dolorosa la sua privazione, io devo tornare là, nella frigida ombra della cattedrale, e il Volto Santo mi perdona se nemmeno mi volto al suo sacello; ma là, là in quell’angolo devo andare, a sbramare i miei occhi. È un fiotto d’acqua gelata che di colpo dà pace, qui dentro, alle fauci del cuore inaridite... Tu, non l’hai veduta mai?! Pazzo infelice! A Lucca, a Lucca, anche solo per Ilaria! Ma non destarla, non le parlare, nemmeno un sussurro, ché già il solo guardarla, forse, profana il suo sacro silenzio. Sì, lo confesso, l’amai di un amore assoluto, vertiginoso, fin da quando la vidi la prima volta — ero imberbe, fiorito un po’ di brufoli — e ne fui quietamente sconvolto, gli occhi sigillati dal suo candore galattico. Come non adorarla? Sempre più mi fa martire negli anni! È lei la Donna della mente, colei di cui il sommo Guido cantò: Anima, e tu l’adora / sempre, nel suo valore. È Lei! Visibilmente Lei, tangibilmente Lei, direi, se non fosse sacrilego sfiorarla con lo stesso fiato che nebuloso, nella chiesa invernale, appannerebbe la sua purezza frigida. Guardala, e chiusi gli occhi, per sempre la vedrai. Fissa nella mente. Eternamente.
Quest’umile ghirlanda, con devozione abbagliata, depongo ai suoi piedi.
AL SEPOLCRO D’ILARIA DEL CARRETTO
Al duplice cuscino, ~ che sostiene il tuo volto
puro sì da specchiare ~ pura la morte, chino
mi accosto, o Ilaria, incerto ~ se tu respiri ancora,
ed il tuo sonno appare ~ di sogni ormai deserto,
più candido di pace ~ di colline innevate
nel plenilunio, quando ~ l’oscuro mondo giace
sotto il gran cielo eterno, ~ la luce cristallina,
più qua più là brillando, ~ morto non fa l’inverno,
ma è come se di stelle ~ rifiorisse la terra
per sua resurrezione: ~ così sono le belle
forme, soavemente ~ sul sepolcro distese,
vive senza passione, ~ ché una marmorea mente
concepì, oltre l’estremo ~ giorno, esser la vita
vita per sempre, attesa ~ dell’oriente supremo.
Ai piedi, il cane è attento ~ non ti déstino i putti
da cui gloria ti è resa ~ con serti, retti a stento.
Ssst…
Marco Cipollini
www.webalice.it/marcocipollini
“A Lucca per Ilaria, solo per Ilaria” di Marco Cipollini comparirà nell'Annuario Tellus 29: “Febbre d'amore con Cardiodramma. Da Novalis al web” in uscita nel maggio 2008 |