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Alejandro Torreguitart. Cuba. Andiamo a votare!
20 Gennaio 2008
 

Ma come sono contento ragazzi. Oggi si vota. Otto milioni di cubani alle urne, mica cazzi. Questa sì che è democrazia, mica le baggianate occidentali con tutte quelle liste. È già tutto pronto. Facciamo poca fatica. Eleggiamo deputati al Parlamento e delegati delle assemblee provinciali. Per l’Assemblea nazionale ancora più facile. Ci danno una scheda con i nomi di tanti candidati quanti sono i posti disponibili e noi si dice sì. Tutto fatto. Fidel Castro e il fratello Raul non possono mancare. Dice che li hanno proposti dalla provincia di Santiago de Cuba. Tu guarda i casi della vita. È dal 1976 che rieleggiamo Fidel Castro a maggioranza assoluta come membro del Parlamento. E mica basta. Lo nominiamo pure Presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri. Questa è vera democrazia plebiscitaria, altro che laburisti, conservatori, democratici, repubblicani. Eccheccazzo! Un po’ di disciplina. E soprattutto poca confusione. Certo, Fidel mica è quello di prima. Non parla, scrive soltanto, sono mesi che non si vede, però lo vedono gli altri, pure Chávez lo vede, adesso anche Lula. E allora sarà vero che è vivo, penso. Meglio così. In fondo quel ragazzino di Raul mica è pronto a comandare, per fortuna che legge le riflessioni di Fidel sul Granma. A Raul garba parecchio la Cina e pure il Vietnam, mi sa che qualcosa cambia, prima o poi. Stiamo a vedere. Tanto sono quasi cinquant’anni che non cambia niente. Ci siamo abituati.

Castro è lucido come ai tempi migliori e presto riprenderà la responsabilità politica nell’isola, nella storia, e nell’attuale mondo globalizzato, dice Lula. Tu pensassi al Brasile mica sarebbe male, penso. Fidel dice di non essere aggrappato al potere e allora penso che ci siamo sbagliati, chissà in questi ultimi cinquant’anni a cos’era rimasto aggrappato. Forse al nostro spirito di sopportazione.

E insomma, intanto andiamo a votare, ché le nostre sono elezioni libere, voi non lo sapete ma qui si vota davvero, pure se mica è obbligatorio. Vota il novantacinque per cento della popolazione, cazzo. Tutto spontaneo. Tu puoi pure non andare a votare, ché loro ti schedano, ma non lo fanno per cattiveria, no, solo per ricordarsi di te che quella volta lì non hai votato. Mica per altro, non siamo in occidente, siamo democratici davvero e ci teniamo che tutti votino. I candidati sono scelti dal popolo per alzata di mano durante le Assemblee di quartiere, volontari puri, gente disinteressata che non guadagna un peso per occuparsi dei nostri problemi. E poi Fidel Castro l’ha scritto chiaro: «Per il bene di Cuba bisogna dare un voto unito, accettando in blocco tutti i candidati proposti nella scheda».

Chiarezza ci vuole. Leggo sul Granma che l’unione ci dà la forza, un popolo unito è oggi un’eccezione nel mondo, quello che ha liquidato le rivoluzioni fu la divisione, è stata l’unione quello che ci ha fatto trionfare… Io mica me ne sono accorto di tutti questi trionfi, ma se lo dicono sarà vero, magari tra un trionfo e l’altro se mi riempissero la ciotola del riso non sarebbe male, ché anche ieri sera la vedevo vuota e i soldi del libro dall’Italia non arrivano…

E intanto diamolo questo voto unito per tutti i candidati, facciamoli contenti che in fondo costa poco, difendiamola questa rivoluzione, scusate solo se non la scrivo maiuscola, non mi viene bene. Tanto tanto avessero a far peggio, diceva mio nonno, pace all’anima sua.

 

Alejandro Torreguitart


 
 
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