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Antonia Sani. Coscienza civile: per liberare le istituzioni dalla sudditanza al Vaticano
16 Gennaio 2008
 

L'aspetto più impressionante dell'avventurosa vicenda Benedetto XVI – Università “La Sapienza” è che essa ha messo in luce in maniera drammatica l'incapacità della nostra società di operare distinzioni.

Non è certo una novità questa, ma l'importanza dell'evento l'ha messa spietatamente a nudo.

Bastava percorrere i vari Tg e trasmissioni d'intrattenimento di ieri sera per rendersene conto. Il coro del sostegno al Pontefice è stato pressoché unanime, con l'unica eccezione di Bianca Berlinguer che ha condotto con onestà intellettuale “Primopiano”, mostrandosi, appunto, determinata a difendere il rispetto delle necessarie distinzioni. Non così Floris che sembrava imbarazzato e stupito di fronte al solo Stefano Rodotà in grado di “distinguere”.

Il consueto calcolo dei politici sul voto dei cattolici, ma anche le in alcuni casi sorprendenti considerazioni di giornalisti e intellettuali laici, hanno rovesciato sulla società un uragano di anatemi contro coloro (eredi dei brigatisti rossi, li ha definiti Buttiglione) che hanno impedito al Papa di parlare, colpendo la libertà di parola garantita dalla Costituzione, e rifiutando un confronto che avrebbe arricchito l'istituzione universitaria.

C'è da giurare che la stragrande maggioranza della popolazione che orecchia la parola “libertà”, “Costituzione”, “laicismo” = intolleranza, in un contesto dove libertà significa per lo più (perché no?) accoglierà di buon grado queste argomentazioni. Come vengono di buon grado accolte le visite pastorali nelle scuole, le recite scolastiche svolte nelle Chiese, le Messe in orario scolastico e via di seguito. Perché no? Se la maggioranza è d'accordo, o comunque è indifferente, perché no?

Se poi qualcuno è proprio contrario, quel giorno farà stare a casa dalla scuola il proprio figlio o figlia...

Questo è il clima. Difficile far capire le ragioni, e, ancor più, la legittimità della protesta studentesca; difficile far capire che il rettore non avrebbe dovuto invitare il Capo di una Chiesa a una cerimonia simbolica come si configura l'inaugurazione dell'anno accademico di un'Università statale ispirata ai principi laici della ricerca scientifica agli antipodi degli assolutismi rappresentati dalle religioni, difficile far capire che non si trattava in questo caso di un confronto di posizioni accademiche tra un dotto teologo e un altrettanto dotto laico, confronto che avrebbe avuto piena legittimità nella sede universitaria in altra circostanza. E -soprattutto- difficile far capire all'opinione pubblica che non si trattava di mettere il bavaglio al Papa (!!!)

Purtroppo nell'incapacità di operare distinzioni risulta impossibile definire e salvaguardare il principio di libertà. Le distinzioni sono il sale dell'esistenza: il Papa parla ai suoi fedeli, nelle sedi appropriate, lo stato e le sue istituzioni sono laiche, il che non significa parole vuote, ma rispetto dell'autonomia dello Stato da qualsiasi condizionamento esterno. A questo punto scatta l'accusa di “laicismo ottocentesco” e viene definito “oscurantismo” contestare la presenza del Papa all'inaugurazione dell'anno accademico di un'istituzione scientifica che ha per fine istituzionale una ricerca più volte contestata da questo stesso Papa....

I docenti che hanno contestato l'invito del rettore e le organizzazioni studentesche che hanno condotto una protesta determinata, hanno dato una grande prova (altro che “pagina nera”!) davanti al mondo intero che c'è qualcuno in Italia che le distinzioni continua ancora a farle valere dimostrando che esse non conculcano alcuna libertà ma sono indispensabili per la maturazione di una coscienza civile che sappia guardare alle religioni con l'occhio prodotto da una formazione critica, senza la quale mai ci si libererà dalla sudditanza quotidianamente imposta dal Vaticano sulle nostre istituzioni.

 

Antonia Sani


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