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La vedova scaltra. Al Teatro Eliseo di Roma
11 Gennaio 2008
 

Il Teatro “Eliseo” di Roma ha in scena fino al 27 gennaio un’opera di Carlo Goldoni La Vedova Scaltra, adattata da Lina Wertmüller in collaborazione con Tiziana Masucci. Dopo la realizzazione de Il Processo di Kafka, prosegue, così, il progetto di rivisitazione in chiave contemporanea di grandi testi del passato, realizzato dall’Associazione Teatrale Pistoiese insieme all’attrice Raffaella Azim e all’Associazione Tauma.

In occasione del 300° anniversario della nascita di Carlo Goldoni, la scelta è caduta su questo lavoro scritto in tre atti dall’autore veneto e rappresentato la prima volta nell’estate del 1748 a Modena. Per la nota regista cinematografica, conosciuta e apprezzata anche all’estero, è questo il primo incontro con un testo della tradizione teatrale italiana classica.

Quello di Carlo Goldoni è un secolo agitato e rivoluzionario, sul crinale fra l’ancienne regime e i tempi nuovi. In quella Venezia, pullulante di artisti e avventurieri provenienti da ogni parte d’Europa, dove sotto una facciata austera perfino il libertinaggio entrava e usciva dai conventi, il nostro Carlo Goldoni s’incapriccia di questa “vedova”.

Testo di transizione tra la commedia dell’arte e la commedia nova. È un’idea carica di echi sensuali, ma anche di segreti e profondi simbolismi. L’idea non è solo quella di una vedovella in cerca di marito, ma vi s’intrecciano due percorsi: quello dei cavalieri vogliosi di conquistare una preda e quello della donna che cerca un uomo, un vero uomo. L’incrocio tra i desideri dei pretendenti e quelli della vedova è l’avventurosa partita da percorrere.

Rosaura, questo il suo nome, da poco vedova, recatasi a un ballo, il giorno dopo riceve gli omaggi di tre dei quattro pretendenti, che ne sono rimasti affascinati: l’italiano Conte di Bosco Nero, alla quale Rosaura non è per nulla indifferente, ma di cui ha a noia la terribile gelosia; l’inglese Milord Runebif, di poche parole, compassato ed incostante negli affetti; il francese Monsieur Le Blau, eccessivamente affettato, che gode le simpatie di Marionette, la servetta della vedova, per ragioni patriottiche.

La sfilata dei corteggiatori di Rosaura si conclude con lo spagnolo Don Alvaro, pieno di aristocratico sussiego.

Quattro cavalieri europei che la penna goldoniana dipinge nobili e benestanti, desiderosi della dama, e che navigano con grazia le acque della galanteria e del corteggiamento. Anche se sotto i loro sofisticati nasi, senza che se ne avvedano, si stanno infatti preparando sconvolgimenti rivoluzionari e ghigliottine, che distruggeranno ogni incipriata eleganza.

Qui si sente circolare un’aria segreta che sa di Romanticismo, che ha il profumo di un vero autentico sentimento. Tutti, tranne il milord inglese rinnovano i loro omaggi tramite il servo Arlecchino, che, a seconda di chi rappresenta, assume abbigliamento e atteggiamenti tipici di quella nazione.

Rosaura, intanto, si presenta e dialoga con i singoli corteggiatori travestita in modo conveniente alla loro nazione d’origine, prendendosene gioco.

Alla fine, però, assegna la palma al Conte di Bosco Nero ed è interessante che nella sua ultima analisi la vedova enunci soprattutto i difetti del prescelto, di quell’ ”uomo”, di quel conte innamoratissimo e geloso, pronto al duello o alla rinunzia in cui Rosaura sente l’eco di un vero autentico sentimento.

Un testo nel quale la polemica tra vecchio e nuovo si concentra su Arlecchino. È lui il testimone della “Commedia dell’Arte”, la maschera su cui si riversano tutti i difetti degli italiani, ma che con la simpatia e l’allegria riesce a farsi amare.

Il nostro Arlecchino, anticipando il Servo di due padroni, ne serve addirittura quattro, ma in realtà serve solo Rosaura. All’inizio Rosaura è anche Venezia. Come Rosaura si prende gioco dei suoi pretendenti, così Venezia tiene sulle spine i suoi figli adorati, dal carattere litigioso e criticone.

Nelle sue note di regia la Wertmuller scrive:

«Se si dovesse fare un’analisi di questo testo alla maniera degli studi del sistema Stanislawski, il “Seme” illuminante di tutta l’opera secondo me sarebbe la parola: “Amore”.

Sempre sotto l’aria leggera della commedia innovatrice, Goldoni fa circolare intorno alla sua vedova un sostanziale “bisogno d’amore”. Provate a leggere il testo analizzandolo alla luce di un diverso “Seme”: con “Mondanità”, oppure “Famiglia”, o anche “Solitudine”. Si vedrebbe subito a quante differenti letture si presta questa commedia. Se il seme fosse: “Mondanità”, ovvero lotta per una mondana posizione sociale, gli intrighi dei nostri personaggi si svolgerebbero pizzicando corde del tutto diverse: ambizione, lotte per salire la scala sociale. O se il Seme conduttore fosse “Famiglia”, tutta l’azione si strutturerebbe nel desiderio di costruire un nucleo familiare e Rosaura cercherebbe un padre per i suoi figli. Nella casa della nostra appassionata, ma saggia vedova, i valori sono diversi, freschi, autentici e ritrova l’amore come senso centrale della vita.

Secondo noi la lettura più interessante e forse anche la più appropriata per questa “Vedova” è proprio con il “seme dell’Amore”, soffio purificante che anticipa il grande vento del Romanticismo, anche addensatore di quei nuvoloni Sturm und drang che cambieranno per sempre i cieli della cultura europea…».

E fuori forse impazza il Carnevale! Raffaella Azim, Giovanni Cannavacciuolo, Giovanni Costantino, Francesco Feletti, Massimo Grigò, Angela Rafanelli, Roberto Valerio, sotto l’attenta regia della Wertmüller, offrono agli spettatori una piacevolissima interpretazione del testo goldoniano. Le scene e i costumi sono di Enrico Job e le musiche originali di Italo Greco, Lucio Gregoretti e Gabriele Miracle.

 

Teatro: Eliseo

Città: Roma

Titolo: La vedova scaltra

Adattamento dal testo di Carlo Goldoni: Lina Wertmüller in collaborazione con Tiziana Masucci

Regia: Lina Wertmüller

Interpreti: Raffaella Azim, Giovanni Costantino, Francesco Feletti, Massimo Grigò, Angela Rafanelli, Roberto Valerio e con Gianni Cannavacciuolo nel ruolo di Arlecchino

Scene e Costumi: Enrico Job

Musiche originali: Italo Greco, Lucio Gregoretti e Gabriele Miracle

Produzione: Associazione Teatrale Pistoiese, Tauma, La Biennale di Venezia

Periodo: fino al 27 gennaio

 

Lucio De Angelis

(da Notizie radicali, 10 gennaio 2008)


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