Le critiche avanzate dai Radicali e non solo contro le vetuste opinioni della Chiesa Cattolica in materia di “famiglia” non sono nuove, e con una facile battuta oserei dire rimangono sempre – sacrosante – (si veda anche l'articolo di Claudia Troilo su NR del 7 gennaio 2008). Ma in questo anno da dedicare al Grande Satyagraha mi chiedo se non è il caso di fare uno sforzo per superare le solite polemiche. Anche perché tale sforzo è possibile: infatti, nel messaggio del Papa per la Celebrazione della Giornata Mondiale della Pace 2008 di riferimenti al “matrimonio tra un uomo e una donna” ce ne sono ben… quattro!
Fosse una Legge dello Stato, il Messaggio sarebbe facilmente emendabile tramite un referendum che abrogasse quei passaggi, che sembrano quasi aggiunti come postille. In effetti, nel resto del testo la definizione tradizionale della “famiglia” non è assolutamente necessaria. Il Messaggio è in sostanza una serie di affermazioni sulle quali sarebbe difficile polemizzare, e che possono essere sintetizzate in un ovvio «la Pace si stabilisce e si impara prima di tutto in casa propria», più alcuni doverosi riferimenti a guerre civili, corse al riarmo e l’onnipresente minaccia di una guerra atomica regionale o mondiale. Oserei dire che ci sono echi Gandhiani ma ne riparleremo altrove.
D’altronde, se il Papa nel Messaggio allarga la definizione di “famiglia” per comprendere la “famiglia umana” formata da tutti ma proprio tutti, e quindi priva di un uomo e una donna come “genitori”, non vedo perché non poter definire “famiglia” – all'interno della stessa logica –anche altri modi di convivenza.
Papa Ratzinger probabilmente non lo farà mai: ma il prossimo successore di Pietro potrà usare il Messaggio di Benedetto XVI dell’1 gennaio 2008 per “riconoscere” che ci sono tanti tipi di famiglie, da marito-moglie-figli a 7-miliardi-di-fratelli-e-sorelle passando per uomo-uomo, donna-donna, marito-marito, moglie-moglie, fratello-sorella, sorella-sorella, e ogni altra combinazione mai pensabile e attuabile, inclusa quella di padre-figli spirituali (come quella di tal Carlo “Giovanni Paolo” W): perché dal punto di vista della “pace” ciò che importa è che le nuove generazioni vedano prima di tutto in casa, fra le altre cose, anche come si risolvono “in pace” i conflitti.
*** *** ***
C'è una Chiesa Cattolica con cui volenti o nolenti dobbiamo avere a che fare qui-e-ora. Ed è una struttura imperfetta, un gruppo di tizi tutti maschi che affidano la loro vita alla propria organizzazione nella consapevolezza che la vecchiaia sarà in fondo in fondo solitaria e una bella, potenzialmente gioiosa ed entusiasmante parte della loro natura umana non potrà mai essere espressa pubblicamente.
Una vita intera senza una passeggiata per mano in pubblico in un parco: e ci meravigliamo se si mostrano tradizionalisti, vendicativi e puntigliosi, al punto di essere pronti a pugnalare nell’anima la madre di Piero Welby, negando i funerali al figlio?
Oltre a sottolineare tutte le volte che nonostante le inequivocabili indicazioni da parte dei loro testi sacri, riescono a mostrare una straordinaria mancanza di carità, in questo anno di Satyagraha dobbiamo capire e incoraggiare quando si dimostrano capaci di azzeccare o almeno di intuire qualche decisione e ragionamento riguardo al mondo reale nel quale non vivono, qualcosa che tutto sommato ha del miracoloso.
Fino a pochi anni fa negavano la sepoltura in terra consacrata ai suicidi e ai bambini morti prima del battesimo; praticavano la pena di morte nello Stato della Chiesa; mettevano le opinioni scomode all'Indice, e ne bruciavano i libri; davano la schiena ai loro stessi fedeli; etc. etc. Visto che in un modo o nell'altro qualche progresso sono riusciti a farlo, invece che far piovere loro addosso solo le nostre critiche cominciamo a stabilire un dialogo.
Maurizio Morabito
(da Notizie radicali, 10 gennaio 2008)