La lettura di Gordiano Lupi del libro di Armando de Armas non mi persuade. Finisce col 'riprendere' l'autore perché non usa l'arma della “moderazione”, che è proprio uno dei miti dell'antiesilio, forse quello su cui de Armas insiste di più ritornandovi ripetutamente, che il pamphlet (perché di questo si tratta, non certo di un valzer letterario!) intende smontare; con argomentazioni che – al contrario – io ho trovato piuttosto convincenti. La stessa sbrigativa liquidazione come 'di destra', per il previdente pamphletaire, costituisce esattamente la materia per la sua introduzione e forse la ragione stessa che lo spinge a scrivere l'intero, concentrato saggio, in ciò rivelando acume e lucidità concreti assai.
Certo. Certo. Per il lettore 'di sinistra di sinistra' (specie, probabilmente, se europeo), ciascun punto preciso, stavo per dire ciascuna pagina, costituisce un vero e proprio pugno nello stomaco. Gordiano ne evidenzia un paio nella sua recensione (Allende, il Che... e altri gangsters), ma molti altri ve ne sono, come per esempio, per dirne un'altra, il sostegno elettorale ai repubblicani di Bush o, un'altra ancora, la fedeltà finanche 'militare' agli Usa. Ma il Nostro, per ciascuna di queste cose, indica fatti, documenti, risultati di inchieste, ragionamenti, tattiche e metodologie. Per controbattere non penso bastino i nostri amori di gioventù. Per il Che o per la rivoluzione 'socialista' di Allende. Anche a proposito dell'embargo, sostenere che esso costituisca un buon 'alleato' per Fidel è una teoria affascinante, ma per comprovarla occorrerebbero dati di fatto.
Per quanto più direttamente tocca le mie corde, trovo eccessiva la fiducia che Armando de Armas ancora ripone nella via 'militare', insurrezionale o violenta che dir si voglia (condividendo per altro che non faccia molta differenza se solo dall'interno o con l'appoggio esterno), in quanto l'analisi di fatti anche recenti, mi conduce a irrimediabilmente considerarla chincaglieria di secoli passati. E qui, non a caso, anche i fatti e le considerazioni dell'autore fanno riferimento più alla storia che al presente. Non mi scandalizza però che possa essere presa in esame e messa sul piatto, accanto ad altre opzioni. Se mai, meriterebbe di provare a convincere de Armas e quanti altri, nel mondo dell'esilio e altrove, della maggiore efficacia della nonviolenza, se organizzata e praticata. Ma questo, com'è evidente, potrebbe essere fatto al più con un altro pamphlet e non nella recensione di un lavoro altrui.
Lavoro estremamente utile, mi pare anche solo a giudicare di questo inizio di discussione, e che merita di essere conosciuto e letto. E riletto, forse: si veda ad esempio il concetto di 'gulag altro', virtuale, indagando e approfondendo il quale potremmo forse ricavare utili indicazioni per poterci orientare e, magari, anche essere (meglio) in grado di agire. Esuli cubani e democratici amici di quel popolo o, più semplicemente, tutti gli amanti della libertà.
(Ultima annotazione. L'edizione del volume è accurata, copertina cartonata e tutto impeccabile. Spirali si distingue anche per questo. Il prezzo però, e di conseguenza, non aiuta una più larga diffusione che avrebbe sicuramente giovato a questo importante lavoro).
Enea Sansi