Armando de Armas
Miti dell’antiesilio
Spirali, pagg. 135, € 20,00
Miti dell’antiesilio è un libro insolito nel panorama editoriale italiano perché racconta Cuba dalla parte dell’esilio, ma non riesco a sentirmi in sintonia con molte tesi espresse da Armando de Armas. Comprendo la posizione di un esiliato che cova un giusto rancore verso chi lo tiene lontano dal suo Paese, ma ricordo ben altro stile e migliori argomentazioni in uno scrittore del calibro di Cabrera Infante. Non credo che faccia il bene della democratizzazione cubana, né dell’esilio cubano (oltre un milione di esuli per colpa del comunismo) assumere atteggiamenti di destra, definire gangsteristica la rivoluzione, dipingere Allende come un narcotrafficante ed esultare per la morte del Che. Cuba, dopo anni di caudillismo, ha bisogno soprattutto di moderazione e Armando de Armas non contribuisce alla causa ma getta benzina sul fuoco.
Scrive anche cose giuste che vanno sottolineate con forza, soprattutto che l’esilio cubano è il popolo più numeroso fuori dai confini della sua terra e che soltanto gli ebrei hanno avuto una diaspora più evidente. Non seguo più de Armas quando chiede mano dura verso Cuba e inneggia all’embargo, perché ritengo che il blocco economico è un buon alleato di Fidel e contribuisce a creare giustificazioni per anni di malgoverno. Condivido in pieno la critica dell’autore verso la cultura di sinistra che confina l’esilio cubano in un ghetto e non lo ritiene degno di esprimere le proprie opinioni. I cubani esuli non sono tutti mafiosi e delinquenti come L’Avana vorrebbe far credere: la maggior parte sono persone in cerca di un futuro e di libertà.
Armando de Armas perde una buona occasione per usare l’arma della moderazione. Non occorre dipingere il mostro con colori più cupi di quelli che presenta.
Gordiano Lupi