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Piero Cappelli: “Il Profeta che è in noi”. Parola e Pane (2)
Bernardino Luini, Madonna del pannolino
Bernardino Luini, Madonna del pannolino 
06 Dicembre 2007
 

Anno A, 9 dicembre 2007, II d’Avvento

Is 11,1-10

Sal 71

Rm 15,4-9

Mt 3,1-12

 

Dal Vangelo secondo Matteo capitolo 3, versetti 1-12

 

1 In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, 2 dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”.

3 Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

4 Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. 5 Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; 6 e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano.

7 Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente? 8 Fate dunque frutti degni di conversione, 9 e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. 10 Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. 11 Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. 12 Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile”.

 

 

°°°

 

L’ultima volta, la settimana scorsa, dicevamo che l’Altro è il nostro Natale, cioè quella relazione tra il nostro Se stesso e l’Altro.

Oggi, in questa II domenica d’Avvento in preparazione al Natale, ci viene proposto un passo in più. Lo spunto lo prendiamo dal profeta Isaia il quale ha preannunciato otto secoli prima, quanto Giovanni il Battista avrebbe dovuto dire e fare per annunciare la venuta di Gesù.

E Giovanni il Battista, infatti, 750 anni dopo, incarna da ‘neo-profeta’, quanto il suo omonimo predecessore Isaia aveva predetto: “Voce di uno che grida nel deserto: ‘Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri’!”

Cerchiamo di capire, insieme, cosa voglia dire per noi oggi quanto dice Isaia di Giovanni il Battista, a distanza di circa 2.750 anni!

Giovanni il Battista è stata “una voce che gridava nel deserto”. Lui è stato il ‘penultimo’ dei profeti della storia Biblica, mentre Isaia è stato il ‘primo’. Dopo di loro e oggi tra noi, uomini del III millennio, chi è un profeta? O meglio, chi è il profeta?

Oggi, nel 2007, avete mai ascoltato ‘voci profetiche’ che abbiano gridato nel deserto della vostra, della nostra anima, della nostra vita, nel deserto della nostra società? E se ci sono, quali sono e cosa ci annunciano, questi nuovi profeti?

Non abbiamo la pretesa di fare un discorso sociologico. Vogliamo solo interrogaci se sentiamo pronunciare annunci profetici che ‘gridano’ alle nostre coscienze, ai nostri cuori. La mia risposta è che sono rarissimi e spesso sono fuori dai vari ‘cori’ istituzionali. Sono battitori liberi, in genere. Soggetti che ‘scavano’ dentro le profondità dell’animo umano, tanto da lasciarci soli in compagnia di un abisso ricolmo di luce. E’ questo il paradosso del profeta: ti annienta ridonandoti vitalità! Quanti profeti abbiamo incontrato nella nostra vita? Ciascuno può rispondere sapendo che il profeta è colui che non solo pre-annuncia un qualcosa che poi accadrà (cioè che riusciamo a vederlo con i nostri occhi), ma che il suo dire non è solo fatto di parole. Ma di vita. Vita vera. Vita piena. Vita data gratuitamente per una causa alta, grande, nobile. E quel ‘profeta’ ci ha giocato lì, la sua esistenza. Tutto. Nonostante le difficoltà, la derisione, la resistenza, l’opposizione se non addirittura la violenza subita. Ecco il deserto incontrato. Che non è solo questione di conflitti esteriori. Quanto, ma soprattutto di quelli interiori. Di quelli che – come dicevamo prima- non ti lasciano dormire la notte e ti fanno struggere come una candela nello spasimo di un confronto tra te e te stesso. È lì il deserto, quando di fronte allo specchio della vita non riesci a trovare più nulla da far vedere, da portare in dote, da offrire all’altro. Trovi la desolazione dentro il tuo cuore e non vai più avanti. Ti senti ridotto a un brandello umano. Vorresti scomparire dallo sguardo di te stesso…

Non è un bel mestiere fare il profeta e non è facile averci la vocazione. Eppure siamo bifronti, abbiamo due immagini, due facciate, di noi, due maschere: da una parte riceviamo l’annuncio ‘scandaloso’, terrificante, implacabile, radicale, che ti sventra l’anima. Dall’altra ci viene chiesto: quanto sei tu profeta oggi per l’Altro? Quanto ho saputo e so mettermi in condizione di ‘preparare le vie...di raddrizzare i sentieri” per l’Altro? Quanto e come mi sono posto verso l’Altro? Ho saputo più condannare o preparare? Distruggere o raddrizzare?

Nessuno sa essere profeta e tanto meno nella ‘propria terra’, però saper testimoniare con la vita la fedeltà, la lealtà, la sincerità, l’autenticità è già segno di una profezia. Una profezia che cerca di saper vincere il male di un ‘deserto’ che sta allargandosi negli spazi liberi della nostra anima e in quelli delle nostre relazioni, della nostra società, del nostro mondo, oggi.

Per cui noi sappiamo ‘battezzare’ con ‘acqua’, perché più di questo non possiamo fare, come Giovanni il Battista, ma questo ‘battesimo’ che noi esercitiamo sotto il segno della ‘profezia’ è la condizione necessaria per far sì che l’azione dello Spirito produca frutti.

Eccoci al dunque. A quell’accoglienza profetica dell’Altro che ci annuncia, che grida che c’invita a preparare e a prepararci per non deragliare sulla via della vita, sulle strade dell’esistenza, sui sentieri del mondo. Essere recettori degli annunci profetici che c’inquietano, ma ci spronano ad andare oltre la nostra visuale mondana a superare, se vuoi, anche noi stessi. Per una prospettiva che ‘profetizza’ la storia. E come non sentirsi assunti in una dimensione ‘oltre’ la storia, ‘oltre’ il vissuto profondo dell’anima.

Stare con l’orecchio del cuore teso all’ascolto del segno profetico, stare con la mano del servizio protesa nel segno del dono ‘profetico’. Dall’Altro, verso l’Altro. Questa relazione di profezia che anima tutto il nostro mondo non ci domanda altro che saper cogliere come il “regno dei Cieli” sia vicino. È lì, sì, proprio lì questo “regno dei cieli” nascosto dentro la difficile e ingarbugliata storia umana. Ma è qui, e solo qui, il “regno dei cieli”, che si rivela nei gesti profetici di “uno” qualunque che “grida nel deserto” della Storia personale e collettiva. ‘Uno’ come te, ‘uno’ come me.

 

Piero Cappelli


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