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Su Poesia e Società. Canova-Cipollini. Commenti e sciabolate. In progress...
06 Dicembre 2007
 

Per l'argomento altamente infiammabile e foriero di epiche discussioni negli anni cinquanta - e queste da noi su Tellusfolio non possono che esserne un riverbero - abbiamo deciso di mettere in bella vista, estrapolandole dai "Commenti", tale combustione, attizzata, toscanismo, dal giovane poeta e scrittore Luciano Canova sul saggio di Marco Cipollini, sempre in questa sezione. Marco Cipollini risponde in maniera molto severa, severissima, difendendo le sue posizioni e la sua poetica. Contiamo che la discussione continui, e anche Canova, potrà, volendolo, argomentare in modo meno episodico la sua vocazione anti-passatista, senza affidarsi semplicemente ai numi tutelari, incarnati per lui, da Magrelli e Cucchi. Qui l'intento è postare una stella filante in progress... sulla poesia e le sue gambe posate sulla terrestre società.

 

Claudio Di Scalzo

 

 

Le profezie della "Vecchia Poesia"

  

Ammetto di non avere letto tutto il saggio del professor Cipollini, troppo lungo su supporto informatico (senz'altro sarà più leggibile su carta, almeno suppongo).

Non condivido, però, il suo giudizio spesso caustico sull'arte contemporanea, che lui non considera tale (che si tratti di poesia o di arti figurative, mi sembra molto nostalgico dei tempi passati).

Trovo che la poesia italiana viva una stagione di fervore. Il 'Gazetin ha pure la fortuna di annoverare tra i suoi collaboratori due voci apprezzate a livello nazionale: Francesco Osti e Massimo Bevilacqua.

Magrelli e Cucchi rappresentano ancora due punti di riferimento internazionali per la poesia. E i riferimenti potrebbero continuare.

Non sarei, insomma, così categorico e pessimista.

Forse uno dei mali del sistema Italia è l'isteresi della crisi, a tutti i livelli: troppe persone innamorate di un passato che, appunto in quanto passato, non c'è più.

Felici di evidenziare i lati negativi, forse anche un po' compiaciute di questi loro ammonimenti profetici.

Non è che però contribuiscano molto, in fondo, all'arricchimento del dibattito.

 

Luciano Canova

 

Le cantonate dei “giovani poeti”

 

Gentile Canova, innanzi tutto la ringrazio per l’attenzione, anche se – prima osservazione - non ha letto tutto il saggio che, giustamente, ritiene più leggibile su carta (“almeno suppongo”); e allora perché non stamparlo? Seconda osservazione, dovrebbe leggere una certa quantità dei miei versi (vedi mio sito) per capire, almeno suppongo, da quale direzione e da quali basi proviene la mia critica. Terza osservazione: non avendo lei adempiuto ai punti precedenti, non può affermare che io sia «molto nostalgico dei tempi passati» (e qualcuno mi spieghi come si possa aver nostalgia del presente o del futuro).

Quanto a me, preciso che ho pena ed orrore per chi vive nella nostalgia (eh, nemmeno la nostalgia è più la stessa!...). Consideri che un’enorme quantità dei versi e pseudoversi riversati su carta in questi ultimi decenni sono, essi sì, un riflesso nostalgico di quanto scritto dai maggiori poeti italiani delle ultime generazioni, per non dire di tutto il secolo XX. La nostalgia è altrove, non in me: chi afferma il contrario avrà notizie dal mio avvocato!

Quarta osservazione: sì, sono caustico e pessimista riguardo la poesia (e l’arte) odierna (legga qualche mio scritto sull’arte, anche su Tellusfolio), pur apprezzando non solo pochi, ma molti scritti di amici poeti; e qui non mi faccia fare elenchi di nomi, li ho già enunciati chiaramente in precedenti critiche su riviste varie (una per tutte, Erba d’Arno), ciò che mi ha attirato astio e acrimonia da quei sedicenti Grandi Poeti (e chi se frega).

Quinta osservazione: lei trova “che la poesia italiana vive una stagione di fervore” e si compiace del Gazetin, che fortuna sua, gode di voci apprezzate ecc. ecc. Mi creda, il “fervore” non ha assolutamete nulla a che vedere con una valutazione di merito, e forse di “fervore” ce n’è anche troppo a giro: è una vera emorragia di inchiostro irresponsabile da parte di superbietti illusi. Centinaia di migliaia di persopoeti farebbero meglio a leggere di più (e qui rivolgo la medesima critica a lei, che non legge interamente i saggi ma li critica) e scrivere di meno, rendendosi consapevoli dei propri limiti. Ma io l’ho scritto (lo ha letto?) che la persopoesia non fa più parte della letteratura, bensì della psicologia di massa. Il fatto è che quanto lei vede come un dato positivo, è invece un dato pesantemente negativo.

Sesta osservazione: per favore, non mi inserisca in «uno dei mali del sistema Italia, [che] è l’isteresi della crisi, a tutti i livelli, ecc.». La prego vivamente, non mi merito questo genere di espressioni; le riservi piuttosto allo stile critichese, che tanto detesto.

Lieto di averla conosciuta, www.webalice.it/marcocipollini

 

Marco Cipollini


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