La decisione di sabato scorso di Papa Ratzinger di attaccare il modo in cui le Nazioni Unite si occupano di diritti umani rappresenta un intervento che merita un primo seppur breve, approfondimento.
Innanzitutto, va sottolineata l’occasione che è stata prescelta per sferrare tale attacco e cioè l’incontro che si è svolto ieri a Roma tra Ratzinger e molte decine di organizzazioni cattoliche provenienti da tutto il mondo che sono accreditate presso organizzazioni internazionali, come lo è anche il Partito Radicale. Organizzazioni quindi che si occupano delle tematiche politiche, sociali ed umanitarie che vengono discusse ed affrontate all’interno di istituzioni intergovernative. E l’iniziativa di Ratzinger è stata quindi pienamente politica, cioè da Capo dello Stato Città del Vaticano, e non certo un intervento di carattere teologico.
Questo va sottolineato perché, essendo la Chiesa Cattolica l’unica confessione religiosa al mondo che gode del riconoscimento di Stato osservatore con le Nazioni Unite – un privilegio questo che le consente di poter presentare proposte di risoluzione e di intervenire, pur senza diritti di voto, nei dibattito che sono organizzati dall’ONU – ed avendo rapporti diplomatici bilaterali con oltre 150 paesi in tutto il mondo, ciò fa sì che l’arena della politica internazionale sia evidentemente considerata sempre più il terreno sul quale la Chiesa cattolica intende consolidare la propria influenza e il proprio potere. E non è un certo un caso che tale obiettivo sia perseguito attraverso la ricerca di privilegi e di status speciali diplomatici – con incluse esenzioni fiscali – come purtroppo vediamo accadere ogni giorno anche in Italia.
Detto ciò l’altro elemento da sottolineare è che con l’intervento di ieri, Ratzinger ha inteso riproporre un tema, e cioè quello della non corrispondenza fra le norme internazionali in materia di diritti umani con la legge naturale morale, che è indubbiamente di grande attualità. Non essendo però ben chiaro cosa sia questa legge naturale morale, e presumendo che si tratti della dottrina cattolica, ciò significa che Ratzinger ha deciso di unirsi a quella schiera di Capi di Stato, per fortuna non molti, che attaccano le Nazioni Unite per il loro relativismo morale in materia di diritti umani. E credo che possa far riflettere il fatto che questi capi di stato cui si è unito Ratzinger, in nome non della Sharia, ma della religione cattolica, siano gli esponenti più estremisti della Conferenza dei Paesi Islamici.
Gli stessi paesi che nella discussione sulla moratoria della pena di morte avevano proposto, senza l’opposizione della Santa Sede, di inserire anche il tema dell’aborto e dei diritti dei bambini non nati. Pare sempre più chiaro che il “No Vatican, No Taliban” di Marco Pannella non era e non è una provocazione, ma una fotografia della realtà.
Matteo Mecacci
(da Notizie radicali, 3 dicembre 2007)