La metro assordante strepitava intorno a me.
Una ragazza alta, sottile, a lutto, in un dolore immenso, si è venuta a sedere proprio sul sedile di fronte, mentre quello che si poteva supporre come fidanzato tentava di consolarla o di indovinarne il dolore.
Ed io, proteso come folle, bevevo la dolcezza affascinante e il piacere che uccide nel suo occhio, livido cielo dove cova l'uragano.
Un lampo, poi la notte e la fermata di Gare du L'est! Bellezza fuggitiva, la ragazza si è alzata di scatto con le lacrime agli occhi, lanciandosi verso l'uscita.
Il fidanzato, sorpreso, distratto nell'inseguirla da una turista giapponese che gli ha rallentato la corsa, finché le porte si sono inesorabilmente chiuse sulla rabbia di lui. Che ha cominciato a piangere timidamente.
Li rivedrò solo nell'eternità? Altrove, assai lontano di quì! Troppo tardi! Forse mai!
Ma tu, ragazza che sei scesa a Gare de L'est, Perché ignoro dove fuggi, né tu sai dove io vado, avrei voglia che tu lo perdonassi, qualunque cosa ti abbia fatto.
Luciano Canova