Grida allo scandalo la Coldiretti perché sul mercato stanno arrivando le ciliegie a 30 euro al chilo, le albicocche a 25 e le pesche a 22. In effetti si tratta di prezzi sproporzionati e sono giusti gli inviti dei coltivatori diretti a consumare frutta di stagione, sia perché più gustosa (la raccolta prematura per la lunga trasferta dal SudAfrica e dal SudAmerica non favorisce la formazione del gusto) sia perché meno dispendiosa e meno inquinante (il trasporto più lungo implicherebbe produzioni di scarichi nocivi dei mezzi).
Ma non ci scandalizziamo se qualcuno vuole acquistare questa frutta e, a differenza di Coldiretti, non sentenziamo sulla bontà dei motivi per cui lo fa. Anzi. Ci stupiamo che questi frutti costino così tanto, che sia necessaria una raccolta così prematura e che il trasporto incida così tanto e debba necessariamente essere inquinante.
Crediamo che il prezzo alto sia frutto di speculazione per mancanza di mercato: perché non succede altrettanto con l'uva? Eppure sulle tavole di Natale c'è sempre e non ci pare proprio una frutta di stagione. Per il prezzo, quindi, il problema è di favorire il mercato (quanto incidono i dazi, visto che siamo extra-Ue?).
Lo stesso vale per la raccolta prematura che aggrava la qualità organolettica del prodotto: a fronte di un mercato striminzito (come prevedibile con questi prezzi) i raccolti in loco e il business per questo tipo di export sono limitati e con solidi margini di rischio per l'avaria temporale del prodotto. Il mercato, quindi, dovrebbe favorire anche questo aspetto.
Non è dissimile la questione del trasporto (e relativo inquinamento): tutto legato alle quantità per il risicato mercato, che lo fanno incidere notevolmente. Rispetto alle distanze, invece, crediamo sia un non-problema, agitato perché molto in voga con l'ambientalismo catastrofista mondialista, perché stiamo parlando di inquinamento quantitativamente molto più basso da quello che respiriamo nella strada tra casa nostra e il supermercato dove acquisteremmo frutta di stagione, inquinamento prodotto essenzialmente grazie alle dissennate politiche di incentivo all'acquisto di automobili (che anche se “ecologiche” sono sempre inquinanti) piuttosto che a finanziare i mezzi pubblici.
Per concludere. Noi siamo molto contenti di poter mangiare le ciliegie, le albicocche e le pesche, anche se le vorremmo meno costose e più buone. Ci vanno bene i consigli per stimolare gli acquisti di stagione, ma non abbiamo alcuna intenzione di chiudere ai mercati globalizzati. Questi ultimi vanno incentivati e facilitati, cioè vanno governati con provvedimenti che facilitino e incentivino la loro presenza. Se non prendiamo atto che l'economia è questa, non solo sarebbe un inutile chiuderci a riccio rispetto a ciò che avviene in tutti gli altri Paesi del mondo, ma sarebbe anche un incentivo a far arrivare questi prodotti clandestinamente sui nostri mercati, con tutti i relativi danni sanitari, economici e umani che conseguono (l'esempio della Cina è dietro l'angolo).
Vincenzo Donvito, presidente Aduc