Alla recente riunione indetta presso la parrocchia di Tresivio sul tema “I giovani e la droga” è stato relatore d’eccezione don Diego Fognini, responsabile della Comunità pedagogica riabilitativa “La Centralina" di Morbegno. I numerosi presenti, genitori, nonni ed anche una buona rappresentanza di giovani (assenti, qualcuno ha fatto notare, i responsabili di istituzioni e associazioni sportive e culturali) sono stati subito "spiazzati" dal sacerdote.
«Per affrontare il problema della droga» ha detto don Diego «non dobbiamo nominarla. Dobbiamo parlare di persone: ragazzi e ragazze che si trovano coinvolti nel problema. Dobbiamo domandarci se come famiglie, società, parrocchie e comunità siamo stati sempre attenti alle richieste, molto spesso sottintese, che i nostri ragazzi ci hanno rivolte».
Quando queste richieste ci sono state rivolte e noi le abbiamo ignorate?
Don Diego non ha dubbi. «In famiglia quando a nostro figlio o a nostro nipote, quando aveva 9-10 anni, non abbiamo dato risposta ad una sua domanda, forse semplice per noi, forse, senza importanza per noi, ma importantissima per lui». E aggiunge: «quando abbiamo rinunciato ad offrirgli sicurezza ad educarlo. Quando abbiamo rinunciato a condividere con lui un problema che, se risolto, lo avrebbe aiutato a crescere».
«Le istituzioni» ha proseguito «non hanno accolto queste richieste quando hanno scacciato i giovani dal loro territorio, non offrendo loro un luogo di riunione, di confronto e di svago. Non hanno loro offerto delle occasioni di crescita culturale.
«La comunità, infine, ha mancato quando ignorava il problema, ritenendo che riguardasse "quello della porta accanto". Quando non si è riunita, non ha discusso e non ha messo in atto una strategia comune per ottenere, dalla scuola, dalle associazioni e dalle istituzioni l'aiuto necessario per far crescere i giovani della comunità. Le colpe del disagio giovanile non possono essere oggetto del tanto caro gioco dello "scaricabarile". Ognuno deve fare la sua parte».
Don Diego nella sua esperienza di educatore nella scuola e con La Centralina deve constatare per la Valtellina il grave aumento del fenomeno droga. Alla comunità di Morbegno, dai comuni valtellinesi arrivano ragazzi con una doppia diagnosi: "tossico e psichiatrico" in quanto, oltre ad assumere droga, sono anche consumatori di alcolici e super alcolici.
Dice don Diego:«È squallido incontrare tanti ragazzini o ragazzine che non hanno nessun sogno nella testa, forse anche perché, a detta degli esperti, i genitori hanno sempre provveduto ad esaudire tutti i loro desideri; giovani che non hanno nessuna voglia di farsi strada, nessun obiettivo da realizzare e, quindi, troppa noia da affrontare ed autostima da trovare… vien quasi da chiedersi se abbiano un benché minimo senso della vita».
Questo è il lavoro che don Diego e i suoi collaboratori svolgono alla Centralina. Ricostruiscono negli ospiti valori come l'onestà, l'obbedienza, la pazienza e il rispetto per gli altri, tutti valori indispensabili per affrontare le sfide che, una volta usciti dalla famiglia, si presentano a tutti.
Regole e lavoro sono i “paletti” che gli ospiti della comunità devono assolutamente rispettare. Devono imparare che una vita senza regole è impossibile da vivere e che il lavoro è indispensabile per evitare di essere assaliti dalla noia. Insieme alla mancanza di regole, per la quasi totalità degli ospiti, questa è stata la causa dei loro problemi.
Ma come iniziano ad assumere droghe i ragazzi? Pietro e Claudio, i due giovani della Centralina ospiti all’incontro di Tresivio hanno raccontato di aver cominciato a 14 anni, uno per emulazione, uno per superare difficoltà relazionali. Annota don Diego: «Entrambi perché non avevano regole e la famiglia non li ha educati. Non esiste una motivazione comune. Esiste la droga, ed esiste una persona. Ed è la persona che evita di assumere droga, che non si rifugia nell'alcol, se le sono stati forniti gli strumenti giusti dalla famiglia, dalle istituzioni, dalla parrocchia e dalla comunità». Combattere la droga è pura utopia. Educare le persone rappresenta la sfida vincente.
Ci sono segni esteriori che possano aiutare la famiglia ad allarmarsi? Mancanza di attenzione, occhi rossi, rinuncia alla pratica sportiva, potrebbero essere segnali di allarme ma, attenzione, avverte don Diego: «forse è già troppo tardi; in quella famiglia si è persa l'occasione di far crescere il proprio figlio già molto tempo prima».
«Il carcere» sottolinea il sacerdote «non è assolutamente in grado di recuperarli. Multe, spese legali, spese di mantenimento e giudiziarie all'inizio ricadono sulle spalle delle famiglie, successivamente i ragazzi, dopo che saranno recuperati e torneranno ad una vita normale, dovranno prendere atto che l'amministrazione della giustizia non ha archiviato e presenta il conto».
E i contributi pubblici? «Lo Stato pagava un tempo la retta alle comunità per tre anni, attualmente lo fa solo per 18 mesi. Qualche volta sono sufficienti, altre volte no». Ogni comunità ha un suo metodo che gli operatori hanno acquisito, sul campo, nell'arco degli anni. Ogni "persona" è diversa, ogni "storia" è diversa.
«Alla Centralina» sottolinea don Fognini «si tende al reinserimento della persona nella società. Quando i giovani escono devono essere capaci di affrontare la vita con le sue sfide, le sue difficoltà i suoi successi ed i suoi insuccessi da soli. Non devono essere dipendenti né dalla "comunità" né dalla famiglia, devono essere capaci di camminare da soli forti solo delle "regole" di vita che hanno ricevuto vivendo e lavorando insieme».
Durante il recupero la famiglia è esclusa per almeno sei mesi. Successivamente si richiede un incontro mensile. I ragazzi, quando escono dalla comunità e affrontano la vita, sanno che devono impegnarsi al massimo per non ricadere. Alla Centralina li accettano solo per un secondo tentativo.
Il parroco di Tresivio, don Augusto Bormolini, ha chiuso la serata con un invito generale a trasmettere a coloro che non erano presenti il messaggio della serata. Don Diego rinnova l'invito alla comunità di riunirsi, dibattere il problema e formulare insieme proposte operative da realizzare anche con l'aiuto delle istituzioni.
Severino Diamanti