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Marco Cipollini: Trattatello rivoltoso de l'uomo di Fucecchio
29 Novembre 2007
 

Il titolo (toscanissimo) pare il grido di un pazzo. Ma se fra tutti l’autore fosse l’unico a non indossare una camicia di forza (con cravatta)? Divorate queste 71 pagine, dovrete comunque prendere una decisione: di qua o di là. Il fatto è che l’istruzione di massa e la comunicazione di massa inevitabilmente forgiano l’uomo di massa, cioè omologato, cioè pecoreccio. Toscaneggio anch'io. C’è così un conformismo consumistico e un conformismo ribellistico che vanno a braccetto. Questo libello, libellulante sulla palude della cultura occidental-globalizzata, è anticonformismo puro: è un’altra cosa. Ossessivamente sincero. Papineggia l'autore?, forse. Ma è pur sempre una genealogia nobilmente controcorrente.

I tempi non sono ancora maturi per questo pugno nello stomaco a tanta arte contemporanea, ma lo saranno presto se l'arte continuerà ad essere appaltata a vetrinisti miliardari e a gallerie che giocano in borsa. Già abbiamo ospitato di Cipollini il Puer clamans, che di questo Trattatello è un aperitivo con buccia di limone. Ecco il pasto completo (un cacciucco di prosa e di versi, per stomaci forti). E forse, visto che parliamo di cibo, con l’arte contemporanea siamo davvero alla frutta, secondo l'indagine di Cipollini.

Di questo Trattatello rivoltoso dell’uomo di Fucecchio ossia Marco Cipollini poeta esule all’età sua (Edizioni dell’erba, Fucecchio 2007, € 7,00) diamo un estratto dal §VIII, 2-6. (E la fotografia del cinese spellato dimostra quanto il razzismo sia solo un fatto epidermico.)

 

Claudio Di Scalzo

 

 

Dal TRATTATELLO DE L'UOMO DI FUCECCHIO OSSIA MARCO CIPOLLINI ESULE ALL'ETÀ SUA”

 

[2] Ho davanti agli occhi, increduli e offesi, la fotografia del cadavere ― spellato, col cranio spaccato, il tutto plastificato ― di un cinese giustiziato, a cui è stato appiccicato un pallone in mano. Nessun’epoca storica, nessuna mai, ha prodotto un tale orrore: ed è chiamato arte. È opera dell’“artista” Gűnther von Hagens. Costui acquista in blocco carcasse umane dalla Cina, prima produttrice mondiale di cadaveri con un buchino nel cranio e prima esportatrice di organi per trapianto, cavati freschi freschi dai giustiziati (merce sana!) e acquistabili anche su catalogo. Il von Hagens poi le artificia per l’avido mercato europeo. Sì, avete letto bene: cadaveri spellati e plastificati. Dall’articolo de La Repubblica, del 20-01-04: «Alcune sono immagini già viste delle mostre di Gűnther von Hagens: cadaveri sezionati ripresi a fianco di splendide fotomodelle nude (e vive), un uomo scuoiato col cranio aperto seduto davanti a una scacchiera, teschi sorridenti con gli occhi nelle orbite. Altre immagini sono inedite: giovani operai cinesi lavorano come alla catena di montaggio davanti a strisce di pelle umana, sezionano cadaveri, scuoiano il cranio di una salma ancora intera. Tutto è [come nei campi di sterminio, ndr] meticolosamente registrato, rivela Der Spiegel. Anche l’inventario totale dei capi da esporre e delle ‘scorte’: 647 cadaveri interi e lavorati di adulti, 3.909 membra tra peni, mani, gambe, uteri eccetera, 182 embrioni, feti e neonati.[…] È un bel giro d’affari: quasi 13 milioni di persone in tutta Europa hanno già visitato la mostra, pagando biglietti dal prezzo medio di € 13,50. Per i ricchi che vogliono comprarle, una salma plastificata costa anche € 75.000,00». Questa sì che è globalizzazione! Al confronto, la vecchia merda d’artista in scatola, d’italica memoria, è marmo fidiaco. Eh, il Classicismo nostrano contro il Romanticismo teutonico non ce la può fare… Loro, fanno sul serio. E difatti «von Hagens lavora secondo le migliori regole del capitalismo» (ibidem). Cina ed Europa, viribus unitis, faranno grandi cose nel sec. XXI.

[3] Dove si arriverà mai? vi chiederete. Ma ― scusate ― non siamo già arrivati al fondo satanico? (Ma voi, o bravi laici, non ci credete, vero, al vecchio Satana?) Eppure anche un analista laicamente moderno qual è Gillo Dorfles (elzeviro del Corriere della Sera del 17-02-04, cui interamente si rinvia) ammette circa i nostri tempi: «Arte, ripeto, che spesso basa le proprie invenzioni sul morboso, sull’abnorme, sul falso misticismo elevato a potenzialità demoniaca: senza giungere ad una identificazione satanica, ma senza rendersi conto che un’‘estetica del male’ equivale solo di rado alla ‘estetica del brutto’ (alla glorificazione del Kitsch, che, tra l’altro ‘non fa male a nessuno’!); mentre la glorificazione del ‘Male’ ― anche per chi non creda al Satanasso giovanneo ― è purtroppo responsabile di molti lati oscuri della cultura, dell’arte e della società dei nostri giorni». Con Gűnther von Hagens le prudenziali virgolette di Dorfles non sono più ammissibili: la sua è platealmente arte del Male. Non è ancor peggiore dei paralumi nazisti fatti con pelle d’ebreo?! Per € 75.000,00 vi portate via un cinese spellato e plastificato, e in salotto lo mostrate agli amici per l’occasione invitati a cena, e magari, per completare l’atmosfera, avete sul tavolo qualche specialità cantonese. Ma no, forse non siamo arrivati al fondo, ce n’è sempre un altro più in fondo… Come prodest [termine introdotto altrove: produzione estetica], per es., si potrebbero esibire i video con gli stupri e i delitti operati da artisti pedofili, con fornitura di feticci umani, e critici accondiscendenti troverebbero tanti bei nomini ― ovviamente in inglese, composti di art, body, performance ― per ogni infamia ulteriore. Pensate che non ci siano “critici” disponibili a questo?! Poveri ingenui! Andatelo un po’ a chiedere all’Herr Gűnther… I confini dell’estetica, come quelli dell’etica, scorrono sempre avanti, più avanti! È il progresso! E non mi venite a dire: “Questo no! Il baby straziato live non l’accetteremmo mai!” Perché, quei cadaveri spellati e plastificati li avreste accettati dieci, vent’anni fa? Date tempo al tempo…

[4] Una piccola precisazione. La mostruosità di cui sopra non è un’aberrazione rispetto alla normale prodest. Al contrario, ne è una logica conseguenza, forse né ancora estrema. Tredici milioni di visitatori, e lo spettacolo continua. Ora, mi fa groppo una domanda politicamente scorrettissima, ma per non crepare strozzato la sputo: “Ma a voi tedeschi non bastavano tutte quelle disneyland filospinate, con montagne di gadget di trecce e dentiere giudee, e quei comignoli idillici, alla Heidi, senza più fumo?” Come scrisse il poeta (i poeti hanno un gran fiuto per l’invisibile): «C’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria, anzi d’antico…» A chi, se non alla nostra epoca paciosa, giungono echeggianti le ultime parole di Kurtz? «Orrore! Orrore!»

[5] Mai mostra fu ed è più mostruosa. E poi son definiti barbari i talebani! Ma quei montanari barbuti sono così ingenui e retrogradi (arcaici) che nemmeno se le immaginano le conquiste dell’arte europea! Metteteli mentalmente di fronte a una “scultura” del Gűnther von Hagens: li trattereste da barbari fanatici se le dicessero opera di Satana e le bruciassero? Infernale spettacolo di cadaveri ardenti, scattanti e scricchiolanti! Scommetto che definite questa mia una fantasia di pessimo gusto, oratoria da quaresimalista. Mentre per la mostra del teutonico ci limitiamo al Kitsch o usiamo parole più dirette, come “criminale”? Storcete la bocca? Ma che anime sensibili siete! Lo confesso: in certe occasioni io mi sento un talebano.

[6] Ora, criminali non sono soltanto i produttori di tali mostruosità, ma, dal boia al consumatore, anche quei tredici milioni di curiosoni, che per € 13,50 hanno voluto provare un brivido proibito, uno di quei fremiti che soltanto un borghese stracotto si toglie lo sfizio di sentire… Un bipede che ha un tale terrore della morte da volerla vedere in faccia straziata e ridicolizzata. Ma te ne accorgerai al momento giusto, fottuto perbenista, che ghigno ha la Moira! Non si abbiano remore a definire criminali № 13.000.000 di brave persone, senz’altro aggiornate in fatto di gusti: la morale non si fonda sulla quantità, e c’è sempre un diluvio pronto da qualche parte che faccia piazza pulita di una società così educatamente putrefatta. Come ci hanno insegnato gli studi di ecologia storica, le catastrofi in gran parte se le procurano gli uomini: in termini morali, se le meritano.


Foto allegate

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