Così si è espresso Romano Prodi, in una conferenza stampa tenuta ieri a Palazzo Madama, sulla nuova legge elettorale che potrebbe essere approvata oggi in via definitiva dal Senato:
Con l’approvazione in via definitiva della nuova legge elettorale si produrrà un altro danno al Paese da parte di questa maggioranza e di questo governo.
Solo un mese fa, pur di continuare a governare ad ogni costo, questa maggioranza, che da tempo perde regolarmente tutte le consultazioni elettorali, come anche ieri a Messina è accaduto, ha cambiato la Costituzione.
Oggi cambia la legge elettorale solo allo scopo di perdere meno seggi di quanti ne perderebbe se avesse il coraggio di presentarsi al giudizio degli elettori con quello stesso sistema elettorale che cinque anni fa le assicurò la vittoria. Un sistema ispirato alla governabilità che ha permesso all’esecutivo e al suo Premier di continuare a governare per tutta la legislatura malgrado la perdita di consenso popolare e il fallimento delle scelte politiche.
Questa stessa maggioranza ha adottato, solo pochi giorni fa, una riforma costituzionale che, con la devolution, rende il Senato estraneo al circuito delle fiducia fra Parlamento e Governo e, dunque, rende del tutto irrilevante la composizione del Senato ai fini della governabilità. Oggi essa vuole approvare una riforma della legge elettorale che prevede invece premi di maggioranza anche al Senato, dimostrando così di ritenere che anche al Senato vi è motivo di cercare di rafforzare la governabilità. Proprio ciò che invece la riforma costituzionale da essa stessa approvata rende del tutto indipendente dalla volontà del Senato.
La ricerca della governabilità avviene attraverso premi di maggioranza regionali che per definizione, proprio perché potenzialmente diversi da regione a regione, non sono certo in grado di garantire di per sé una stabile maggioranza di governo.
Dunque una duplice incoerenza, un duplice salto mortale.
Con la riforma costituzionale il Senato diviene un sedicente Senato federale, tagliato fuori dal circuito della fiducia al Governo, questo in quanto pretende di conciliare il federalismo esasperato voluto dalla Lega Nord con la stabilità di governo e il premierato forte voluto dal resto della coalizione.
La legge elettorale diviene una legge proporzionale con premio di maggioranza nazionale alla Camera e regionale al Senato, perché vuole trovare il modo di sottrarsi al duro giudizio dell’ elettorato. Di un elettorato che, se potesse votare con lo stesso sistema che ieri diede a questo Premier una grande maggioranza, ratificherebbe oggi una pesantissima e sonora sconfitta di chi, di illusione in illusione, e di inganno in inganno, ha provocato un generale impoverimento del Paese e una delle più drammatiche crisi strutturali che l’Italia abbia mai conosciuto.
Ma non basta.
Cinque anni fa, questa stessa maggioranza, che allora era opposizione, gridò con tutta la forza di cui era capace che mai e poi mai avrebbe accettato una riforma della legge elettorale imposta dalla maggioranza di allora. Cinque anni fa gridò che mai e poi mai il Presidente della Repubblica avrebbe potuto promulgare una legge elettorale approvata contro l’opposizione.
Queste medesime forze politiche sembrano invece pretendere ora, con minacce neppure molto velate che talvolta si alternano a lusinghe neppure troppo eleganti, che il Presidente della Repubblica assicuri senza indugio la promulgazione di una legge di comodo, adottata dalla sola maggioranza nel suo evidente interesse di bottega e di parte.
Una legge che tradisce la volontà popolare espressa col referendum del 93 quando fu sanzionata la abrogazione del principio proporzionale stesso, visto come la ragione di fondo della instabilità di governo del Paese e della mancanza di rispetto della volontà popolare da parte di un sistema che di fatto privava gli elettori del diritto di scegliere chi li dovesse governare.
Del resto, che della volontà popolare questa maggioranza abbia il massimo disprezzo lo testimonia ancora una volta il fatto che neppure l’emendamento presentato dai senatori Bassanini, D’Amico e Manzella è stato preso in seria considerazione per un confronto rispettoso con l’opposizione. Un emendamento, questo, che era ispirato appunto alla volontà di assicurare che questa legge, se approvata, potesse essere sottoposta a referendum popolare senza che la Corte costituzionale potesse dichiararne l’inammissibilità per paura del vuoto che l’eventuale rigetto popolare della legge potrebbe creare.
Dunque una maggioranza in fuga, che sa e constata ogni giorno di non avere più il consenso del Paese, fa spregio della volontà popolare. Calpesta il referendum del 93. Adotta una legge in contrasto evidente con la riforma costituzionale approvata da essa stessa solo un mese fa. Per questa maggioranza era l’occasione per dimostrare il minimo rispetto per le regole democratiche.
Questa legge è infatti anche incostituzionale, così come hanno dichiarato cento costituzionalisti del nostro Paese, rappresentativi delle più diverse scuole giuridiche e di quasi tutte le università.
È incostituzionale perché introduce una molteplicità di premi di maggioranza che avranno tutti l’effetto di distorcere il risultato del voto senza per questo assicurare alcuna governabilità.
È incostituzionale perché individua in modo del tutto irrazionale soglie di sbarramento di fatto diverse da regione a regione e da Camera e Senato.
È incostituzionale perché non garantisce in alcun modo che i premi di maggioranza previsti e che costituiscono comunque una distorsione del voto popolare, impediscano agli eletti di una medesima coalizione e ai partiti a cui questi appartengono di dividersi in Parlamento subito dopo aver ottenuto, anche attraverso il premio di maggioranza, i seggi ad essi assegnati.
È incostituzionale perché non prevede in alcun modo misure che possano promuovere le pari opportunità tra uomini e donne, come invece vorrebbe l’art. 51 primo comma della Costituzione che ha definitivamente introdotto nella nostra Carta il principio della pari opportunità come valore fondamentale del nostro ordinamento. Come non capire che l’Italia ha bisogno di più donne nelle istituzioni come chiede l’Europa e come è nelle attese di una società che le vede protagoniste in tutti i campi?
Per questo noi dichiariamo fin d’ora che così come ci opporremo con ogni forza alla riforma costituzionale votata qualche settimana fa, con altrettanta forza procederemo ad abrogare questa legge. Lo faremo per motivi politici ed etici.
Nell’attesa di trovare un adeguato consenso per una nuova e più equilibrata legge elettorale condivisa con l’opposizione, ripristineremo il sistema attuale. Certo non lasceremo sopravvivere questa indegna legge che è stata adottata con un metodo e con intenti incompatibili con il più elementare rispetto delle regole democratiche e della dignità stessa degli elettori. Questa infatti è una legge che rompe il legame tra elettore ed eletto.
Le nostre ragioni sono ragioni forti, sono ragioni vere perché non sono nel nostro interesse ma nell’interesse del nostro Paese. Questa è una legge antipatriottica, contro il bene dell’Italia che noi amiamo.
La nostra convinzione della incostituzionalità di questa legge è quindi altrettanto radicata quanto lo è la certezza che essa, così dannosa e offensiva per la democrazia italiana, non è che l’ultimo atto di un governo in fuga, che gli italiani hanno da tempo già giudicato e condannato.
(fonte: www.romanoprodi.it)