Lo dice il settimanale di casa, Panorama, e dunque bisogna crederci: “Attenti a questi due”, strilla la copertina dell’ultimo numero. I due a cui bisogna fare attenzione sono Silvio Berlusconi e Walter Veltroni che il fotomontaggio mostra di profilo, appaiati. Intervistato dal direttore Maurizio Belpietro, Berlusconi si dice convinto che «sia necessario giungere a un sistema elettorale che chiuda la stagione del bipolarismo dei veti paralizzanti e che apra la stagione dei governi che decidono. Occorre un sistema che incentivi la formazione dei grandi partiti, non di mere alleanze elettorali che vincono le elezioni ma poi sono impotenti, impossibilitati a governare. Non è tanto importante il nome di questo sistema elettorale, quanto il risultato che vogliamo realizzare. Pensiamo a un sistema politico fondato su due grandi partiti, più forti e finalmente omogenei, in competizione per il governo del paese. Come avviene in tutte le grandi nazioni d’Europa…». Perfetto. Peccato solo che volendo superare il bipolarismo paralizzante per il bipartitismo dei grandi partiti, il sistema elettorale sia invece non importante, ma importantissimo; davvero Berlusconi non si rende conto che per realizzare l’obiettivo che dichiara di voler perseguire, condizione fondamentale è un sistema elettorale anglosassone?
L’altro settimanale, l’Espresso, con Giampaolo Pansa intervista Walter Veltroni. «Dobbiamo costruire un nuovo bipolarismo», dice il segretario del PD. «Il sistema tedesco va bene, ma nella sua ispirazione di fondo. Bisogna introdurre dei correttivi, che rafforzino in Parlamento i partiti più rappresentativi. In Germania quel sistema funziona perché i due partiti maggiori hanno già il 35 per cento di voti ciascuno…». A leggerle in trasparenza, le dichiarazioni di Berlusconi e di Veltroni rivelano che l’accordo tra i due è in avanzata fase di consolidamento. Del resto, gli “ambasciatori”, Goffredo Bettini e Gianni Letta, si sono già incontrati più volte. Come racconta Veltroni, «Con Letta si vedono in tanti. E con lui ci si parla. Però non abbiamo mai affrontato la questione della legge elettorale e della data del voto». Peccato che Pansa non gli abbia chiesto (o comunque non ce lo racconti) di cosa allora Bettini e Letta hanno parlato, e dei risultati di questo “parlare”.
Ad ogni modo, probabilmente, ha ragione chi ora sostiene che è impossibile riformare il sistema senza Berlusconi. Ma quale Berlusconi? Il 7 aprile del 1994 pubblicamente e solennemente si disse convinto della necessità dell’urgenza della proposta costituzionale ed elettorale radicale: la “riforma americana” e anglosassone: dove appunto scendono in campo due-tre partiti; e i parlamentari devono rendere conto ai loro elettori: dove chi vince, governa; e chi viene sconfitto se ne va a casa. Oppure bisogna credere al Berlusconi versione “Berlustroni”, che propone il ritorno al proporzionale in chissà quale salsa e minestrone? E il Partito Democratico, quale modello offre e propone? Il sistema consociativo e spartitorio che emerge in questi giorni in RAI, da ladri di Pisa che di giorno litigano, e la notte d’accordo si dividono spoglie e bottino?
Da sempre abbiamo denunciato le degenerazioni e le aberrazioni che si consumano all’ombra del cavallo di viale Mazzini e di altri centri di potere: anni di denunce, manifestazioni, occupazioni, per conquistare il diritto di tutti di conoscere per deliberare. Perché dunque oggi ci si “accorge” di quello che era sotto gli occhi di tutti, e fino a ieri non si voleva vedere? Quello che accade ed è accaduto non è anche il frutto di questo sistema politico, “figlio” del “monopartitismo” di regime che il ritorno al proporzionale può solo ulteriormente alimentare?
C’è una sola riforma democratica possibile: quella che è in vigore nelle grandi democrazie anglosassoni, quella che il vissuto collettivo del nostro paese ha più volte clamorosamente auspicato, unendo – come è accaduto in tante altre proposte radicali – la maggioranza degli elettori. Nel 1993 il referendum che chiedeva di passare al sistema elettorale uninominale a turno unico venne plebiscitato, da oltre l’82 per cento dei votanti. È l’unica alternativa al disperato e disperante vaniloquio di questi giorni da parte di “attenti a questi due”, che vagheggiano il ritorno al proporzionale. È un’alternativa, una “riforma” che – ora più che mai – ha bisogno dell’aiuto e del contributo di tutti, del sostegno dei molti di “buona volontà”. Perché, per una volta almeno, sia questa a vincere, e a essere sconfitto sia il pessimismo della ragione.
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 26 novembre 2007)