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«Cuba è già nel futuro» 
Intervista del “Granma” digitale italiano a Gianni Minà
25 Novembre 2007
 

L'Avana, 22 Novembre 2007. È un Gianni Minà in gran forma quello che sale sul palco della Sala Petrassi nella giornata conclusiva della Festa del Cinema di Roma. L’applauso che lo accoglie non ha niente da invidiare a quello che aveva accolto Sean Penn, autore del più bel film della rassegna. Ha la grinta e l’idealismo di un ragazzino, Minà, e durante l’incontro che segue la proiezione del suo documentario, Fidel racconta Che Guevara, ne ha per tutti: per Bush, per le multinazionali che colonizzano il Sud del mondo. Ricorda di aver fatto a Castro domande che ogni giornalista dovrebbe fare a un Capo di Stato, molto più scomode di quelle che molti dei nostri giornalisti abbiano mai fatto ad Andreotti, Craxi o Berlusconi. E ricorda orgoglioso che non è e non sarà mai un giornalista che dice «si faccia una domanda e si dia una risposta». Abbiamo parlato con lui di molte cose, a partire dalla pubblicazione italiana del Granma, il famoso giornale di Cuba, ogni mese con La Rinascita della sinistra.

 

Il Granma esce in Italia in esclusiva su Rinascita. Cosa pensa di questa iniziativa?

Per quanto possa apparire una scelta di parte, il Granma pubblica notizie che l’informazione italiana ignora, elude, nasconde, e quindi, qualunque siano i distinguo, credo sia un’operazione utile affinché nel nostro paese finalmente arrivi anche l’informazione dal Sud del mondo.

 

Alcuni giornali hanno commentato negativamente la scelta di Rinascita e del Pdci. Addirittura, in un articolo sul Corriere della sera si diceva che il Pdci sarebbe passato «da un censurabile filocastrismo a un’attività di propaganda a favore della dittatura cubana»...

Loro da sempre sostengono gli Stati Uniti d’America, e non nei momenti di splendore, ma nei momenti in cui questi hanno perso l’autorità morale per potere parlare o giudicare. Quest’anno negli Stati Uniti è stata varata una legge che autorizza la tortura, ed è stata approvata un’altra legge che abolisce l’habeas corpus, la base dei diritti di un cittadino quando viene privato della libertà. Se loro vogliono far finta che tutto questo non esiste possono farlo; ma se vogliono anche mettere una pregiudiziale sul fatto che si apre una porta al Granma, dovrebbero anche fare un esame di coscienza su come acriticamente hanno accettato che questo avvenisse quest’anno negli Usa senza muovere un dito. Quello che sorprende tanto nel Festival di Venezia che in quello di Roma, è che le denunce spietate su quello che sta accadendo per colpa delle scelte politiche di Bush vengano fatte da Brian De Palma e Robert Redford. Questi presunti intellettuali democratici italiani dov’erano in questi mesi?

 

Comunque Cuba è costantemente vittima di una cattiva informazione. Perché?

Cuba da 50 anni rappresenta la resistenza nei riguardi degli Stati Uniti. Non tutto quello che succede a Cuba è accettabile. Ma qualcuno mi sa dire che cosa ha commesso Cuba per pregiudicargli il diritto di avere lo stesso trattamento degli altri paesi del mondo, compresa la Colombia, dove il presidente governa con i paramilitari che ammazzano mille persone ogni sei mesi, o come il Messico, dove durante la presidenza di Fox sono stati ammazzati 21 giornalisti? Sono notizie che non contano se arrivano da paesi alleati degli Stati Uniti? E se queste notizie contano, qual è l’ipocrisia di ricordare i dissidenti cubani, che sono anche il frutto di 140 milioni di dollari che ogni anno gli Stati Uniti spendono per favorire un cambio rapido e drastico a Cuba? Il cambiamento non è avvenuto in cinquant’anni. Evidentemente non si è mai capito cos’era Cuba: diciotto anni fa è tramontato il comunismo nei paesi dell’Est e dicevano «Cuba cade domani». Lo scorso anno è stato colpito da infermità Fidel Castro e dicevano «Cuba cade domani»… Cuba è ancora lì, ed è già nel futuro: la famosa transizione è già avvenuta.

 

L’America Latina oggi è fatta di realtà in continuo movimento: cosa accade di interessante e utile al resto del mondo?

In America Latina due indigeni sono finalmente presidenti dell’Ecuador e della Bolivia: gli indigeni sono la maggioranza dei cittadini ma non avevano mai governato il loro paese. Un ex metalmeccanico è presidente del Brasile; una donna è a capo del paese più machista e militarista, il Cile. Sta accadendo qualcosa di epocale, e l’Occidente, Unione europea compresa, non se ne accorge. Forse perché sono suggestionati dal modo di vedere il mondo degli Stati Uniti. O meglio, di un presidente particolare degli Stati Uniti. Perché esiste un’altra America che si esprime con i film o che marcia per le strade, senza che i nostri giornali riportino neanche una fotografia o un articolo che la documenti.

 

Il primo numero del Granma pubblicato con Rinascita è stato interamente dedicato al Che: dopo 40 anni è ancora una figura attuale?

Nell’anniversario della cattura del Che in Bolivia, ci sono state migliaia di manifestazioni in tutto il mondo, che piaccia o no. Anche se hanno tentato di ridurre la sua figura a un gadget non ci sono riusciti. Il mondo che odia Che Guevara ha tentato di ridurlo a qualcosa da vendere sul mercato mondiale della dignità. E non c’è riuscito. Avrà anche venduto i gadget, ma non ha potuto mortificare Guevara. C’è tanta ingiustizia nel mondo che chi ha lottato contro questa ingiustizia non può che essere un simbolo.

 

Maurizio Ermisino

(da Granma digital international, 22/11/2007)


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