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Amir Valle. Habana Babilonia
23 Novembre 2007
 

Amir Valle è uno dei tanti buoni scrittori cubani della diaspora che pubblicano all’estero ma sono sconosciuti in patria perché raccontano la verità sulla loro terra, quella che un regime ottuso non vorrebbe far sapere al mondo. Ha un sito internet in lingua spagnola: www.amirvalle.com e molte sue opere (soprattutto romanzi noir) sono pubblicate in Spagna e Germania. In Italia non ha trovato ancora un editore ed è mia speranza che lo incontri presto, soprattutto perché scrive libri che utilizzano una trama poliziesca per descrivere la vita quotidiana di una Cuba disperata. Sto leggendo in spagnolo Las palabras y los muertos, opera vincitrice del premio “Vargas Llosa” nel 2006, che parte dall’assunto fantastico della morte di Castro per raccontare i mali di una dittatura. Un lavoro interessante che lo stesso Vargas Llosa ha salutato con entusiasmo, affermando che le dittature sono tutte uguali, il loro unico scopo è quello di controllare la vita quotidiana di un individuo, limitare la sua fantasia e la sua libertà: per questo sono nemiche della letteratura.

Amir Valle si presenta così: «Sono uno scrittore cubano: questa è la mia croce. Ogni persona sulla terra ha una croce personale che non può lasciare ad altri, ma deve portare con un misto di amore e tristezza. Non abito a Cuba, ma Cuba mi abita. Amo la mia isola con la stessa rabbia con cui soffro per la sua assenza. Amo Benny Moré e Celia Cruz, Fernando Ortiz e Moreno Fraginals, Lezama Lima ed Eugenio Florit, Carpentier e Cabrera Infante, Enrique Arredondo e Guillermo Álvarez Guédez. Soffro per le ragioni assurde di coloro che vogliono negare quello che sono: patrimonio di tutti i cubani, al di là di ogni ideologia o estremismo. Scrivo di questa Cuba. Lascio libere le parole secondo la lezione del grande Virgilio Piñera e soffro la ristrettezza che impone una maldita circunstancia del agua por todas partes…».

Amir Valle scrive per la libertà della sua terra, come tutti gli scrittori veri non ha paura delle parole e non vuole chiedere il permesso a nessuno. Un libro non è tale se non è pericoloso. A questo proposito sono andato a leggere in spagnolo Habana Babilonia, meglio noto anche come Prostitutas en Cuba, che in Spagna è uscito con il titolo di Jineteras. In merito a questo libro un grande scrittore come Manuel Vasquez Montalban scrive: «Ho letto pochi studi sulla prostituzione così ben fatti e documentati come Jineteras. La narrazione è talmente penetrante e toccante che si termina il libro con un profondo senso di pena per un paese che non ha saputo liberarsi da un male secolare». Habana Babilonia è un grande libro sulle jineteras, la versione cubana della prostituzione per turisti, un libro che non concede niente al romanzato, stile Vita da jinetera di Alejandro Torreguitart (edito in Italia da Edizioni Il Foglio), ma affronta il problema con la perizia di uno studio antropologico. Amir Valle riporta una serie di interviste a prostitute, protettori (chulos), trafficanti di droga, poliziotti corrotti, tassisti, padroni di bordelli clandestinie agenti turistici per dimostrare che con l’avvento del comunismo la prostituzione non è stata debellata. Valle racconta un mondo oscuro nelle mani di jineteras, turisti del sesso, protettori, poliziotti che stanno al gioco e gestori di locali che vivono di traffici illeciti. Ovviamente il libro non è pubblicato a Cuba, ma si trova su internet tramite la Editorial Planeta, che nel 2006 lo ha distribuito in lingua spagnola in Colombia, Stati Uniti e Argentina. Sono 327 pagine sconvolgenti che ricostruiscono la storia della prostituzione a Cuba, partendo dall’epoca di Batista per affrontare le ipocrisie castriste. Valle afferma che al tempo dei russi esisteva il titinismo (donne cubane che cercavano il russo benestante), adesso trasformato in jineterismo, ma denuncia anche i mali della prostituzione minorile e di madri che per sopravvivere vendono le figlie agli stranieri.

Mi chiedo come mai certi libri non circolano in Italia e perché non vengono tradotti. Mi domando perché sentiamo la necessità di realizzare una versione italiana del Granma, mentre nessuno pensa di far conoscere l’opera di un ottimo scrittore come Amir Valle. Serve forse il placet di Gianni Minà?

 

Gordiano Lupi


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Amir Valle
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