Si giocano a dadi centinaia di euro e poi organizzano la baby-prostituzione per indennizzare i crediti. Ma di chi stiamo parlando? Impossibile a crederci… di ragazzi, e la rabbia è tale che toglie la volontà di proseguire.
La notizia data dal ministro dell’Interno, Giuliano Amato, il giorno 18 novembre, arriva dopo una lunga scia di casi di violenza perpetrata e subita, di casi di suicidio, e tutto riferito a quella fascia d’età che ci mette sotto accusa e che non ci consente difesa.
La fascia più esposta a pericoli di ogni genere è l’“adolescenza”, età difficile per tutte le insidie a cui gli adolescenti sono esposti e che li trova indifesi, vittime di un sistema che offre loro immagini e modelli sbagliati.
Siamo ancora in grado come genitori, insegnanti ed educatori di affrontare il problema alla radice, prima che inglobi in un vortice i nostri ragazzi? Purtroppo esso cresce giorno per giorno e, se da una parte si cerca di arginarlo con iniziative e progetti di ogni tipo, dall’altra il problema assume dimensioni sempre più allarmanti, il che significa che ciò che facciamo non è sufficiente.
Cosa ci chiedono gli adolescenti?
Con i loro gesti esasperati, gli adolescenti, ci chiedono di essere ascoltati e di partecipare attivamente, di essere protagonisti.
Essi sono i più vulnerabili e i più esposti a tutto ciò che di negativo può colpirli, per cui necessitano di una guida che faccia loro capire le regole, per rispettare se stessi e gli altri, che gli insegni ciò che è bene e ciò che è male, ciò che si può o ciò che non si deve fare.
In una società dai ritmi accelerati, troppo spesso demandiamo ad altri il compito che spetta a noi genitori e cioè quello di ascoltare i nostri figli per capirne i comportamenti e conoscerne i bisogni.
Considerate le notizie, che ci riportano i gesti esasperati di questi ragazzi e le loro devianze, è chiaro che a far fronte al problema deve essere la famiglia o chi per essa, che deve riappropriarsi del ruolo di educatore e rimettersi in discussione.
Il silenzio non appaga e non risponde alle necessità di chi chiede; noi viviamo nella società del silenzio e dell’incomunicabilità dove la maggior parte degli adolescenti vive uno stato di solitudine e ricorre a gesti eclatanti, per esprimere il proprio disagio e richiamare l’attenzione degli adulti.
A considerarne la condizione, gli adolescenti rispecchiano in pieno la società: alcuni felici, alcuni carenti di affettività, i più colpiti da un mondo che propone l’effimero, altri strumenti degli adulti.
La reazione degli adolescenti, a queste condizioni, è dura e allarmante: diventano dipendenti di abitudini poco consoni alla loro età; assumono atteggiamenti violenti e provocatori: di ribellione, di sfida, di rifiuto delle regole, di bullismo, che è la manifestazione più esasperata di uno stato di insoddisfazione latente che sfoga sul più debole le proprie fragilità.
È possibile che l’ingranaggio della vita ci abbia distolto dai nostri compiti di educatori? Possibile che corriamo sfrenatamente verso l’avere e che sacrifichiamo tutto al culto dell’immagine, senza considerare chi ci sta accanto in silenzio e chiede aiuto? È possibile che i repentini cambiamenti nella vita sociale ci abbiano ottenebrato la mente, al punto tale da non farci vedere il vuoto che ci stiamo scavando intorno? Come abbiamo potuto dimenticare i nostri valori che oggi sono ancora più importanti di ieri? Che cosa stiamo proponendo ai nostri figli? La logica dell’avere e dell’apparire? È tempo di cambiare musica: insegnamo loro la bellezza della vita, la riscoperta dei sentimenti, il rapporto affettivo, la fiducia negli altri, il rispetto dell’identità, il credo nel futuro, il credo nelle proprie capacità, il credo nella speranza di un mondo diverso, la scoperta dell’amore, di un sesso che sa anche d’innocenza, del rispetto del proprio corpo e dell’altrui contro la mercificazione che ha il sapore di una nuova “Sodomia”.
L’adolescenza è l’età della pubertà, del cambiamento, della crescita, di un’identità incompleta; è l’età della ribellione, del rifiuto di tutto ciò che viene imposto dall’alto; una fase della vita delicatissima, in cui a noi spetta il compito d’insegnare e agli adolescenti di apprendere il “mestiere” di vivere in una società sempre più insidiosa.
Rimettiamoci in gioco a livello comportamentale, perché siamo noi, nelle diverse sfere sociali, i loro modelli; educhiamoci per educarli.
L’educazione è l’anello di congiunzione tra le generazioni ed è il termine di paragone fra adulti e ragazzi. Rendiamoli responsabili del loro operato; i tempi correnti li fanno crescere in fretta, rendiamoli protagonisti nel contesto sociale; offriamogli con i nostri comportamenti, modelli positivi, perché ci imitano; gratifichiamoli per il loro operato, riprendiamoli nelle loro devianze, potenziamoli sul piano culturale. Rendiamoli partecipi delle nostre iniziative: non “tutto per loro” ma “tutto per mezzo di loro”, incrementiamo i servizi e forse rinascerà il dialogo.
Non possiamo e non dobbiamo fermarci di fronte a questi fenomeni; “baby squillo per pagare i debiti di gioco”, di fronte a questo titolo non possiamo che autocommiserarci; chi alimenta tutto ciò, i responsabili, devono fare i conti con la propria coscienza e guardarsi allo specchio per vedere se lo sguardo regge a tanto obbrobrio; chi provoca e favorisce ciò non ha che un solo volto, quello dell’ “ignominia”, che deve essere bandita. Chi sa non deve tacere, nella famiglia, a scuola, nelle sedi istituzionali, la violenza ai minori deve essere denunciata e perseguita con ogni mezzo, perché una società malata si avvia verso l’oblio e noi non possiamo consentire che ciò avvenga senza reagire.
Anna Lanzetta