Prima notizia. Il premier britannico Gordon Brown (foto) non esclude la possibilità di contribuire con le forze britanniche a un eventuale intervento militare americano per distruggere gli impianti nucleari dell’Iran: «Penso che molta gente sia gravemente preoccupata dalle ambizioni nucleari dell’Iran, che ha violato le sue promesse al riguardo». Intervistato da Sky News, Gordon Brown ha detto di credere che «nulla debba essere escluso a priori sul cosa fare per spingere il governo iraniano dal suo piano di diventare una potenza nucleare… L’Iran ha violato i suoi impegni nei confronti del Trattato di non proliferazione nucleare. La Gran Bretagna fa parte di uno sforzo internazionale per rimediare a questo problema, e l’America è il nostro alleato più importante».
Seconda notizia. Vali Nasr, un esperto molto accreditato a Washington, autore de La rivincita sciita. Iran, Irak, Libano. La nuova mezzaluna, intervistato da Repubblica dice: «La vera domanda è questa: se può accadere che l’Amministrazione Bush scavalchi le Nazioni Unite e attacchi l’Iran; se può ignorare i richiami dell’Aiea e degli alleati regionali alla diplomazia. Ebbene, la risposta è sì, la guerra è inevitabile se non si inverte la rotta di collisione fra Washington e Teheran. I piani militari sono pronti, lo ha annunciato il Pentagono». Il professor Nasr sostiene che le opzioni possibili sono più d’una: bombardamenti limitati alla centrale nucleare di Natane, o più estesi. Le reazioni sarebbero incontrollabili: azioni di terrorismo in Afghanistan e Irak, impennata dei prezzi del petrolio, attentati a sorpresa come nel 2002 all’ambasciata israeliana in Argentina, risposta all’assassinio del leader di hezbollah al Musawi in Libano. Il quadro disegnato da Nasr è fosco: «Un attacco consegnerà all’Iran l’intero mondo musulmano. Indebolirà i nostri più preziosi alleati, i paesi sunniti, i quali per sopravvivere saranno costretti a distanziarsi da Washington. Teheran dominerà le piazze arabe. E tutto questo senza alcuna garanzia che l’intervento distrugga i siti nucleari e le ambizioni del regime».
Terza notizia. Secondo il Washington Post l’amministrazione statunitense e la CIA sono molto preoccupati che ordigni atomici possano finire nelle mani di estremisti musulmani. La CIA, riferisce il giornale, avrebbe predisposto un piano per impedirlo. Dati i livelli di efficienza dimostrati anche di recente dalla CIA, sapere che sono stati predisposti dei piani in questo senso è motivo di ulteriore preoccupazione.
Quarta notizia. Un documento del Pentagono, reso pubblico giorni fa grazie al Freedom of Information Act, fa riferimento a un piano operativo denominato in codice Oplan 8044 Revision 03. Nel documento si considera l’ipotesi di utilizzare armi nucleari contro “potenze regionali” per prevenire l’acquisizione o lo sviluppo, da parte di queste ultime, di armi di distruzione di massa Oplan 8044 Revision 03 è il primo documento ufficiale che testimonia come l’amministrazione USA prenda in considerazione l’ipotesi di impiegare armi nucleari contro avversari “regionali” diversi da Russia e Cina. Quali possano essere questi “avversari regionali” è facile da immaginare.
Sembra di vedere un film già visto. Si sta effettivamente creando un “clima”. Sono settimane che si colgono segni e “spie” simili ai segni e alle “spie” che anticiparono l’intervento militare in Irak; solo che un eventuale intervento militare contro l’Iran comporterebbe conseguenze da incubo.
Marco Pannella e con lui i radicali avevano visto giusto, a suo tempo, quando lanciarono la campagna per “Irak libero” e per l’esilio di Saddam; era l’unica proposta e alternativa seria e praticabile alla guerra. Una proposta che venne lasciata cadere e che anzi si boicottò; il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ci risiamo, ora. Ed è per questo, anche, che ci si è convocati a Bruxelles dal 6 all’8 dicembre, un incontro con membri di Governo, parlamentari e leader nonviolenti: per affrontare il ruolo dell’Europa nella promozione della pace e della democrazia, a partire dal vicino Oriente: da “Israele nell’Europa o Israele problema per la pace?” a “Primo Satyagraha Mondiale per la pace”, a “La legalità delle istituzioni internazionali” e “Il caso Italia”.
Perché mai come ora vale quel che diceva Primo Levi: se non ora, quando? Se non così, come?
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 13 novembre 2007)