Dal terzo piano, guardo il mio acero in difficoltà: l’ho lasciato solo per dieci giorni, senza acqua per nutrirsi. Ora le sue foglie gialle sembrano ingrigirsi con l’autunno che si inverna.
Il mio acero molte persone lo scambiano per marjuana.
Sarà anche per questo che è così concio?
Sospeso tra terra e cielo, al terzo piano di un vecchio edificio, in crisi di identità perché in realtà non si sta facendo nessun viaggio.
E noi? Un pochino addormentati, dolcemente cloroformizzati dalla realtà: la luce sulle scale che non funziona, la coda in metro, i bimbi da andare a prendere a scuola, l’influenza.
Quanto costa un barile di petrolio? Quatto quatto scorre sempre più fluido verso i 100 dollari: qualcuno ricorda che, poco prima della guerra in Afghanistan, ne costava meno della metà e si voleva portare a 42 l’impensabile upper bound?
Questa vita greggia e poco raffinata: a volte ti piglia la sensazione di gridare alla nave affondata quando si è già sulla scialuppa.
Sento un’orchestra suonare, accanto a me, l’acero lacero in balia del rollìo delle canne.
Luciano Canova