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Gino Songini. Una Disneyland che ha per nome Italia 
Note sull'immigrazione irregolare nel nostro (ex) Bel Paese
03 Novembre 2007
 

In Grecia pare abbiano militarizzato le coste, in Spagna non vanno certo per il sottile, sulle sponde balcaniche nessuno si sogna di sbarcare, nel golfo di Marsiglia (o in Corsica) non si vedono imbarcazioni di clandestini da tempo immemorabile. E dunque? E dunque tutti e sempre in Italia, ventre molle d'Europa. Si sono varate norme di ogni tipo, e non hanno prodotto nulla. È in vigore ormai da anni la famosa Bossi-Fini: nulla. Si è approvata una legge che prevede per i famigerati scafisti le pene dell'inferno: nulla. Poiché sembrava che le partenze avvenissero dalla costa libica, a suo tempo Berlusconi è andato da Gheddafi per trattare la questione. Anche D'Alema è andato da Gheddafi per lo stesso motivo. Prodi ha sentito più volte al telefono il leader libico. Nulla. Gli sbarchi continuano come prima e più di prima. Anche perché le partenze verso quella Dineyland che si chiama Italia avvengono ormai non solo dalla Libia ma da tutte le rive del Mediterraneo, dalla Turchia come dalla Siria, dal Libano come dalla Palestina, dall'Egitto come dalla Tunisia, dall'Algeria come dal Marocco. Venite pastori e massaie, o genti vicine e lontane! L'Italia è qui che vi aspetta, con il suo lassismo e la sua allegra anarchia, con le sue chiacchiere e i suoi condoni. Quel feroce dittatore che ha nome Zapatero non vuole sbarchi sulle sue coste (e pensare che dal Marocco alla Spagna ci sono 14 chilometri, tanto che lo Stretto di Gibilterra si potrebbe attraversare a nuoto). Allo stesso modo il crudele Sarkozy è pronto a respingere chiunque intenda sbarcare senza permesso sul suolo francese. I Greci, e qui non si scherza proprio, pattugliano giorno e notte le coste con mezzi della marina militare...

In Italia è diverso. Da noi tuttalpiù, dopo avere spalancato le porte a chiunque, dopo aver riempito le più belle città del mondo di folle di sbandati senza arte né parte, si lascia che ogni tanto qualche centinaio di poveracci attratti dal canto delle sirene si ritrovi in fondo al mare o approdi cadavere alle spiagge. Già. E poi si sente dire: una volta eravamo così anche noi! Eravamo così anche noi?! Ma quando mai? Via, l'emigrazione italiana ai quattro angoli della Terra ha avuto una lunga storia, una storia terminata appena ieri, ma nessuno mai ha lasciato l'Italia andandosene alla deriva su di un barcone sconnesso coi bambini e le donne incinte dentro lo scafo. Eravamo così anche noi! Per carità! Per emigrare negli Stati Uniti d'America ci volevano fior di visti, permessi, posti di lavoro, raccomandazioni di parenti, bisognava sottoporsi a rigorosi controlli sanitari con relative quarantene. Ricordate Ellis Island? Per emigrare in Argentina occorreva l'appoggio di familiari che già risiedevano laggiù e che avevano pronti per i nuovi arrivati un'abitazione e un posto di lavoro. E per andare in Francia? o in Belgio? o in Germania? Ma chiedetelo ai nostri emigranti che sono ancora in vita e che hanno fatto quell'esperienza. Chiedete e vi diranno loro qual era la procedura per emigrare da quelle parti. Altro che sbandati dentro barconi alla deriva! Ma perché vogliamo fare torto alla storia dei nostri emigranti? Alle loro fatiche, ai loro sacrifici, alla loro dignità? Per quanto riguarda l'emigrazione in Svizzera potremmo dire che il discorso è attuale. Ancora oggi dalla nostra provincia emigrano lavoratori stagionali o annuali verso la Confederazione Elvetica. Partono forse senza documenti? Partono con bambini e donne incinte senza sapere dove alloggiare? Bivaccano a centinaia, bevendo come spugne e importunando le donne che passano, intorno alle stazioni ferroviarie di Berna, Zurigo, Losanna e Ginevra? Via, smettiamola con questa sciocchezza che eravamo così anche noi.

Ma, per riprendere il filo del discorso, come mai in Italia succede quello che succede? Come mai non arrivano soltanto quelli che hanno un posto di lavoro ma anche tutti quelli che, provenendo da ogni dove, anelano a raggiungere il paese di Bengodi che ha per capitale Roma? Le ragioni sono tante e cercherò di esporne qualcuna. Ovviamente sono considerazioni mie e nulla più. Sono cioè le considerazioni di un cittadino che non è un sociologo né si picca di esserlo, né tantomeno è un osservatore per conto di qualche organismo politico o amministrativo. Ciò premesso ritengo di poter dire che, a parte coloro che vengono in Italia per lavorare (e su questi bisognerebbe fare un discorso a parte), la prima delle ragioni per le quali tanti sbandati approdano da noi è anche quella più scontata, cioè che raggiungere il nostro territorio è facilissimo così come, una volta arrivati, è facilissimo sottrarsi a eventuali provvedimenti di espulsione. Un'altra ragione è quella che nel nostro amato paese la violazione delle leggi e la stessa pratica del crimine non sono certamente contrastati con la serietà e la severità con le quali vengono contrastati nel resto d'Europa. È tanto comodo vivere nell'illegalità in un paese che non è in grado di assicurare alle galere né di espellere chi compie reati anche di grave pericolosità sociale. Come mai? Io penso che non sia tanto la cattiva volontà politica di chi ci governa (sicuramente c'entra anche quella) a determinare questo stato di cose, quanto la cronica inefficienza della nostra pubblica amministrazione. Inefficienza a tutti i livelli. Inefficienza del governo, del parlamento, della magistratura. E di conseguenza inefficienza dei livelli amministrativi inferiori, che non dispongono dei mezzi e delle strutture necessari: parlo delle prefetture, delle questure, delle regioni, delle province, delle dogane, delle capitanerie di porto, ecc. Una terza ragione, strettamente legata alle prime due, è quella che da noi le buone leggi (non solo penali ma anche amministrative) ci sono, ma non vengono applicate.

Stando così le cose non sarà mai possibile contrastare l'immigrazione illegale, alla faccia della vecchia Bossi-Fini o della nuova e per ora fantomatica Amato-Ferrero. Noi italiani conviviamo con una struttura burocratico-amministrativa da terzo mondo. Le inefficienze ci paralizzano. Non basta la volontà politica per invertire la rotta, bisogna che la macchina funzioni. Ma se la macchina ha le gomme a terra, il motore ingrippato, i freni rotti e il volante fuori uso non si va da nessuna parte. Se le leggi rimangono sulla carta e non vengono fatte applicare trionfano le mafie di ogni tipo, mercanti di carne umana compresi. Così è. Sono troppo pessimista? Vorrei tanto fosse così. Penso invece di essere realista. Altrimenti non si spiegherebbe come di fronte allo sconcerto del 99% dei cittadini e alla loro ferma volontà di mettere fine a un simile scempio non si riesca a produrre altro che chiacchiere. A ogni sbarco diurno o notturno, a ogni affondamento di tanti poveri cristi nelle acque del Mediterraneo, invece di provvedimenti concreti e immediati del governo ci vengono rifilate come un rosario le dichiarazioni di Diliberto, Giordano, Pecoraro Scanio, Fassino, Rutelli, Casini, Fini, Storace, Bondi, Cicchitto e Schifani. Non se ne può più. Un fiume di chiacchiere cerca vanamente di coprire l'incapacità di affrontare i problemi. Ma si sentono tante chiacchiere nella vicina Svizzera? Certamente no, da quelle parti privilegiano i fatti. Noi invece cianciamo. Quelli che poi parlano di accoglienza a prescindere, non si rendono neppure conto di come questo loro atteggiamento qualunquista contribuisca a mettere i bastoni tra le ruote di una macchina già sfasciata per conto suo. Non si rendono conto di favorire, direttamente o indirettamente, le mafie che fanno mercato di uomini e di donne, di contribuire, direttamente o indirettamente, ad accrescere gli elementi di disordine nel tessuto sociale, di essere in qualche modo corresponsabili delle tragedie che, a un ritmo sempre più preoccupante, avvengono nelle acque del Mediterraneo.

A questo punto qualcuno tirerà magari fuori la questione del razzismo. Permettetemi di dire, amici lettori, che per quanto mi riguarda il razzismo c'entra come i cavoli a merenda. Nulla è più lontano da me. Io amo l'umanità e non sono certo per le discriminazioni razziali. Ma amo anche il mio paese, amo le sue città, amo la gente onesta e laboriosa. Così come detesto il caos, le prepotenze, le mafie, lo sfruttamento degli esseri umani, le violenze. Per questo soffro di fronte al triste spettacolo che vedo. Città una volta splendide e tranquille come Bologna, Padova, Torino, Brescia, Firenze, Roma, ecc., sono divenute da tempo luoghi del degrado, della sporcizia e della paura. Diciamo una buona volta come stanno le cose. Non nascondiamoci sempre dietro le banalità e i discorsi “politicamente corretti”. Diciamo a chiara voce che a Vienna non circolano torme di rumeni ubriachi intorno alla cattedrale di Santo Stefano o bambini che chiedono l'elemosina davanti al palazzo di Schönbrunn. Eppure la Romania è molto più vicina all'Austria che all'Italia. Sono razzisti gli Austriaci? Niente affatto. Semplicemente hanno un governo che governa, una pubblica amministrazione che funziona, una polizia che dispone dei giusti poteri, leggi che una volta approvate vengono fatte rispettare. Da noi tutto questo manca. E allora è più comodo parlare di accoglienza, di razzismo, di destra, di sinistra, e magari aggiungere che tanto una volta eravamo così anche noi. È più comodo sedersi in poltrona e sentire ogni volta cos'hanno da dirci al riguardo Diliberto, Giordano, Pecoraro Scanio, Fassino, Rutelli, Casini, Fini, Storace, Bondi, Cucchitto e Schifani. Campa cavallo.

 

Gino Songini

(per 'l Gazetin, novembre 2007)


Post scriptum – Trasmesso questo articolo al giornale ho notizia dell'orrenda aggressione a una donna, avvenuta a Roma, da parte di un rumeno. La donna, dopo 24 ore di agonia, è morta. Si deciderà finalmente di fare qualcosa? O ci toccherà ancora una volta sentire le dichiarazioni dei personaggi di cui sopra?


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