Non è la prima volta che succede che una donna viene ammazzata da un cittadino straniero.
Delitti primitivi come qualcuno li ha definiti, barbarici come ha fatto qualcun altro, più in generale folli, ma che trovano una logica in persone che non hanno le minime risorse per vivere. Omicidi dietro ai quali si nascondono ragioni sociali complesse, fenomeni di emarginazione, di superficialità delle istituzioni nazionali.
Mi ha colpito in questa vicenda, intendo la morte di Giovanna Reggiani, la storia di quella ragazza rom che ha avuto il coraggio di avvertire i carabinieri e di fare il nome dell’aggressore. Ora quella ragazza si trova al sicuro, in un luogo segreto perché i rom hanno promesso vendetta contro questa “traditrice”.
«Voi siete nati per lavorare, noi per rubare» ha confessato una rom a una mia conoscente. Frase emblematica.
Per fortuna che c’è il governo che ha varato un decreto contro la criminalità.
Che tempismo, complimenti.
Hanno chiuso le stalle quando i buoi sono già scappati.
Sono d’accordo con Il Manifesto che ieri titola così: «Governo d’emergenza» ed accusa il governo di avere agito sull’onda emotiva del fatto. Una legge fatta in quattro e quattr’otto per cercare di recuperare i voti perduti e gli errori fatti. Una legge tardiva che doveva essere varata già da alcuni anni.
L’Italia un paese buffo, ci si muove solo quando succede qualcosa e questa legge ne è una dimostrazione. Si è aspettato troppo tempo, doveva morire una persona, l’ennesima, perché ci si accorgesse che le cose non vanno bene.
È successo allo stesso modo quasi un anno fa con la morte dell’ispettore Filippo Raciti prima di riformare il sistema calcio.
Quante altre vittime ci dovranno essere prima di fare una legge seria che regolamenti l’ingresso degli extracomunitari?
Veltroni, un po’ di quel tappeto rosso che ha messo per la passerella del festival del cinema lo poteva anche stendere lungo quei settecento metri di scempio che separano la stazione dal centro abitato di Tor di Quinto. Magari due luci del presepio per illuminarlo un po’.
La scadente e presuntuosa classe politica italiana sappia che la grandezza del paese deriva dalla formidabile energia dell’impero romano, dalla geniale capacità dei nostri figli migliori nei secoli. Michelangelo, Brunelleschi, Giotto, Dante Alighieri, Marconi, Volta e perché no anche Enzo Ferrari, non credo che si sarebbero mai seduti sui banchi di Monte Citorio per complicità alcuna.
I nostri governanti che con la loro mediocrità e dubbia onestà non permettono di riproporre episodi culturali - economici - sociali significativi, abbiano almeno il pudore e l’umiltà di conservare il patrimonio che altri, fin troppo generosamente, gli hanno consegnato e tutelare la nostra sicurezza.
Francesco Giubilei