In duecentomila, hanno chiesto libertà e democrazia per la Birmania, in occasione della marcia per la pace Perugia-Assisi. È stata una bella manifestazione, importante, per tanti versi commovente. Ma la Birmania continua ad essere “lontana”. I monaci e il popolo birmano che conducono un’ammirevole resistenza nonviolenta, Aung San Suu Kyi che incarna da anni il simbolo di questa resistenza, giorno dopo giorno, ora dopo ora, rischiano di essere dimenticati, lasciati soli, come per anni è già accaduto. La loro causa non interessa granché i notiziari televisivi, sia pubblici che privati; e i giornali non sono da meno.
Sono pochi, per esempio, a sapere che con la giunta di Than Shwe si fanno affari d’oro; il volume d’affari del nostro paese con la Birmania, nel solo 2006, tra import-export, ha raggiunto gli oltre 120 milioni di euro, coinvolgendo circa 360 aziende italiane: si commercia soprattutto legno, il prezioso tek; e poi minerali preziosi, e tessuti per l’abbigliamento.
Per noi radicali la Birmania è vicina. Molti anni fa, con una visita blitz Emma Bonino riuscì a incontrare Aung San Suu Kyi; e i monaci di oggi incarnano, letteralmente, una religione della libertà; non sono diversi, quei monaci, dai Montagnard in lotta pacifica e nonviolenta da anni in Vietnam, perseguitati tra la generale indifferenza – anche della chiesa romana, in altro impegnata – perché cristiani, “credenti”. Così simili, nella loro richiesta di libertà e democrazia ai bonzi vietnamiti che negli anni Sessanta si uccidevano dandosi fuoco, e che non furono ascoltati e aiutati dagli Stati Uniti e dal mondo libero: loro, che costituivano l’unica, credibile alternativa ai vietcong comunisti e alla dittatura sud vietnamita. Non averli ascoltati e aiutati ha comportato quel che tutti sappiamo.
Religiosi che si battono per la e le libertà; quelle stesse libertà spesso strangolate da altri “religiosi”: i mullah vaticani e i talebani: i Ratzinger e gli emuli di Khomeini, fanatici e senza misericordia.
Per questo celebriamo e onoriamo questi umili monaci birmani nonviolenti e pacifici, ma non inerti: incarnano l’insopprimibile anelito alla libertà, la volontà di un popolo pacifico e fiero di non lasciarsi asservire. Come gli indiani guidati da Gandhi, come i norvegesi nel 1942 contro l’invasione nazista: persone semplici, abituate a fare i conti con sentimenti “umili” ed eterni: il senso della responsabilità, la dignità, l’amore.
Per questo rendiamo omaggio al coraggio di donne e uomini normali che le circostanze rendono – non dobbiamo avere paura delle parole – degli eroi.
Tutto questo c’entra con il nostro appuntamento congressuale di Padova? Noi crediamo proprio di sì e abbiamo cercato di dimostrarlo sia con l’impegno di Radicali Italiani nell’iniziativa per la moratoria delle esecuzioni, sia con l’attenzione alla raccolta di iscrizioni al transnazionale. Il Partito Radicale, ne siamo convinte, offre la chiave politica necessaria anche per affrontare i problemi nazionali, una visione non provinciale, non italianocentrica per governare i problemi del nostro tempo. Di più: siamo persuase che senza il Partito Radicale Transnazionale Transpartito e Nonviolento, Radicali Italiani avrebbe ben poca ragione di esistere; non a caso, ma per scelta, nella denominazione del nostro movimento c’è scritto “movimento liberale, liberista, libertario – costituente del Partito Radicale Transnazionale”.
In tutto l’anno politico che abbiamo alle spalle abbiamo organizzato il lavoro comune di tante persone, un lavoro di riflessione, di confronto, di proposta e di azione. E così vogliamo che sia il Congresso che è alle porte sui temi certo del “transnazionale, diritti umani e nonviolenza”, ma anche dell’economia e del welfare, della giustizia, dell’ambiente, dell’informazione, della legalità e dei costi dell’antidemocrazia, dei diritti civili e della laicità dello Stato, della Riforma “anglosassone” delle istituzioni che da soli (fra le forze politiche) continuiamo a sostenere mentre sappiamo – perché ce lo hanno detto i risultati dei referendum che noi abbiamo promosso – che la maggior parte del popolo italiano è d’accordo con “i radicali”… radicali.
Vogliamo e dobbiamo impegnarci per la Comunità delle Democrazie, per proseguire – dopo una troppo lunga pausa d’arresto – l’iniziativa di “Irak libero” che – ormai appare chiaro ed è riconosciuto – sola avrebbe potuto scongiurare la guerra; ed è tempo di mobilitarsi, di costruire pazienti e ostinati, giorno dopo giorno, gli strumenti per proseguire quella lotta; che va parallela con le iniziative per la Turchia e Israele nell’Unione europea; per i diritti dei ceceni; per la moratoria delle esecuzioni capitali. È un tutto che si tiene. Sono sfide ambiziose, ma non velleitarie; se si vuole, si può; se si può, si deve. Ma c’è bisogno, abbiamo bisogno di te, di tutti voi: del vostro sostegno, del vostro contributo, del conforto della vostra riflessione, del consiglio della vostra critica. A Padova discuteremo e affronteremo questi temi, cruciali e urgenti. Puoi, potete decidere di lavarvene le mani, come da duemila anni molti fanno e sapete con quale risultato. Oppure puoi, potete decidere che è anche affar tuo, vostro: e allora... A presto, dunque.
Rita Bernardini, Elisabetta Zamparutti, Maria Antonietta Farina Coscioni
(da Notizie radicali, 31 ottobre 2007)