Pierre Lepori, dopo la scelta di poesie apparse nel Settimo quaderno di poesia italiana (Milano, Marcos y Marcos, 2001, a cura di Franco Buffoni), ha pubblicato Qualunque sia il nome (Bellinzona, Casagrande, 2003, pref. di Fabio Pusterla) e Vento (Faloppio – Como, Lietocolle, 2004, pref. di Stefano Raimondi). Considerando il carattere dell’indagine poetico-analitica che l’autore avvia con se stesso e la propria vicenda, in rapporto alla famiglia e al mondo esterno, potremmo dare alla sua poesia l’appellativo di esistenziale (“Ma l’esistenza impedisce di esistere”), con una precisazione: egli reagisce alla vischiosità della sofferenza, con la quale molti paiono andare a nozze, per intraprendere, attraverso una complessa e meditata elaborazione, la lotta contro il male costituito innanzitutto dall’inganno e dai colpevoli silenzi. Il passo anabatico, l’apertura del “libro dei morti”, lo spingerà infatti a una sovversione intima e alla luce della parola piena, con una manovra che, prima di Freud, ricorda Nietzsche. Ecco perché, pur non rimovendo i caratteri specifici della poesia, egli apre una serrata e impietosa ricerca in cui si sente bene come scrivere non significhi sfogarsi, ma giungere, tramite l’atto di parola, alla scoperta di se stessi e al vero inizio del lavoro: «Non puoi negarlo: nato oggi, / tutto comincia con la richiesta di aprire, infine, / il libro dei morti[…]».
Come può accadere durante un’analisi, il poeta avvia una elaborazione che lo porterà ad abbandonare la posizione comoda di chi accusa e si lamenta, per scoprirsi come parte in gioco e procedere con moto ascendente verso Il senso della battaglia. Mossa politica, sulle lontane tracce di Leopardi, dal momento che il male non vuol più essere svelato in solitudine, bensì denunciato tramite il passaggio dall’io al noi, un noi che dà energia alla ribellione e permette di riposizionarsi in una nuova strategia poetica: «e un dolore privato è poca cosa. Solo, gridare dentro non è / gridare per tutti». Il fatto che Pierre Lepori non civetti con la letteratura (le citazioni, nell’assumere un valore i ponti ermeneutici, credo rispondano a un desiderio di affratellante riconoscimento) e che il suo impegno sia diretto a scoprire il male mascherato («Stranamente la pace ha conservato / l’occhio felino dell’odio. La voce dell’avvoltoio»), non lo obbliga a eliminare la bellezza e una già velata musicalità dal lavoro poetico, perché se l’esistenza può impedirci di esistere, la realtà non è rappresentata dall’univolto, bensì dal molteplice, con relativi effetti di adesione, contrasto e repulsione sull’animo di chi la vive.
Il bene e il male provengono dallo stesso luogo, direbbe Giampiero Neri, e riuscire a individuarli dietro le maschere – calzate per ingannare, ma anche per timidezza – raggiungere insomma effetti di verità, contro le Verità di comodo, provoca quel senso di godimento, risalita e liberazione che in Pierre Lepori coincide con la scoperta della sua voce poetica.
Silvio Aman
Pierre Lepori è nato a Lugano nel 1968, si è laureato in Lettere Moderne a Siena (con una tesi su Melodramma e melodrammatico nel Visconti neo-realista) e ha conseguito un dottorato in Storia del Teatro all'Università di Berna (con la tesi Il teatro della/nella Svizzera italiana 1932-87). Vive a Losanna, dove è corrispondente per i programmi culturali della Radio Svizzera (Rete2) e ricercatore. Ha diretto la redazione italiana del Dizionario Teatrale Svizzero (Zurigo, Chronos Verlag, 2005). È traduttore dal francese (Anne-Lou Steininger, Monique Laederach, Julien Burri, Gustave Roud, Edmon-Henri Crisinel) e poeta (Prix Schiller 2004 per Qualunque sia il nome). Dal 2001 è redattore del sito www.culturactif.ch e dal 2005 della rivista cugina Feuxcroisés.
Bibliografia
Qualunque sia il nome, Casagrande, Bellinzona 2003
Vento, introduzione di Stefano Raimondi, LietoColle Libri, Faloppio 2004
Entailles, traduit par Mathilde Vischer, L'Animal, n. 17, novembre 2004.