Per prima cosa ci ha profondamente stupito che il ministro abbia saputo in pochi tratti delineare le note dolenti del sistema–scuola, ma come? Proprio lui che ne è una delle cause e per di più l’ultima! Non è lui, ministro della Pubblica Istruzione, che sta operando per rafforzare sempre più la scuola privata, scuola di alcuni, invece di rafforzare la scuola pubblica, scuola di tutti, sempre più in difficoltà, anche economica?
Il ministro non perde occasione per manifestare l’amore appassionato che lo lega alla scuola privata, come ha ultimamente fatto, scrivendo, con atteggiamento più che amichevole, ai responsabili di tali scuole e relazionando su tutto ciò che ha fatto per aiutarli!
La notizia di oggi è che il Ministro sta mettendo a punto un nuovo regolamento che consentirebbe di cambiare le regole di funzionamento (e di finanziamento) delle scuole private, migliorandole, pro domo loro. Il cambiamento sta passando attraverso decreti e circolari benché non sia corretto, evidentemente, cambiare le leggi usando circolari e decreti ministeriali, già ci aveva provato la signora Moratti (ricordiamoci, ad esempio, il suo tentativo d’inserire la valutazione dell’IRC nel documento di valutazione, alla faccia delle leggi, T.U. art. 309) ma il suo tentativo era stato respinto dalle proteste e dall’intervento del TAR, ora ci riprova Fioroni?
Ma questo signore è il ministro della PUBBLICA istruzione o delle scuole private?
Non ci pare proprio che quanto affermato dall’art. 33 della Costituzione, là dove recita: «Enti privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato», sia pienamente rispettato!
Pare che la scuola, pubblica, sia caratterizzata da annosi problemi non risolti sin dagli albori, così leggiamo nell’articolo, ma se non sono stati risolti, mentre negli altri paesi europei generalmente lo sono stati, significa che, evidentemente, c’è una volontà politica nel non risolverli.
Riteniamo, però, che ciò non sia del tutto vero, per lo meno nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare, vogliamo continuare a chiamarla così per distinguerla dal pasticciaccio che prende il nome di scuola primaria, infatti, i programmi per la scuola dell’infanzia e i programmi dell’85 per la scuola elementare evidenziavano una buona riflessione e percorsi educativo didattici più che validi, sicuramente migliori della confusione odierna. Ciò è evidenziato dai positivi riscontri ottenuti a livello internazionale.
Se qualcosa non ha pienamente funzionato è perché questi “programmi”, come si diceva allora, a qualcuno non andavano e così furono boicottati!
Perché, ad esempio, non furono più attuati i corsi di aggiornamento sulle discipline come venne fatto solo nei primi cinque anni della riforma? La scienza ne aveva fatta di strada dal 1985 all’arrivo della signora Moratti!
Perché i “programmi” non vennero sostenuti con corsi di aggiornamento, ad esempio, su interdisciplinarità, lavoro in team, eccetera?
Per verificare quanto sosteniamo invitiamo i nostri quattro lettori a rileggere i precedenti programmi per la scuola dell’infanzia e i programmi dell’85 per la scuola elementare e poi confrontarli con le Indicazioni Nazionali della Moratti e le Nuove Indicazioni Nazionali di Fioroni… a noi salta subito all’occhio un arretramento culturale evidentissimo!
Non siamo completamente d’accordo nel ritenere che la realtà sia sempre più complessa: la realtà è sempre complessa, per chi fa educazione, non esistono età dell’oro! Non era complessa la realtà quando gli italiani erano molto più poveri, pensiamo ai nostri nonni?
Non era complessa la realtà durante il fascismo?
E durante le guerre?
Sembrerebbe poi che gli ideali positivi da condividere e la convivenza civile siano così difficili da individuare e da spiegare.
Forse è più un problema degli insegnanti, forse sono loro a non avere le idee chiare, basterebbe un piccolo sforzo di riflessione, “fa balà l’oc” come si dice da noi.
Abbiamo, o no, una legge fondamentale dove “studenti, famiglie e insegnanti dovrebbero trovare un terreno condiviso sul quale costruire e progettare”?
Certo che l’abbiamo! Si chiama Costituzione della Repubblica Italiana, e non è un polveroso mucchio di fogli ingialliti, come qualcuno vorrebbe farci pensare (pro domo sua!) ma un ricco back ground che garantisce a tutti libertà e rispetto della diversità ed alla quale, noi insegnanti, dovremmo riferirci, come ad una bussola, nell’educare i cittadini di domani!
Calare nella pratica quotidiana d’insegnamento e di convivenza in scuola i valori condivisi contenuti nella Costituzione e non accettare supinamente, o peggio, cercare di far passare altri valori, questo è quello che dovremmo fare noi insegnanti.
Così facendo e sforzandoci di mettere in discussione gli stereotipi e le false certezze che non ci permettono di osservare con occhio libero la realtà potremmo veramente, crediamo, operare per migliorare il mondo, perché nella Costituzione, a ben guardare, c’è già delineato un mondo migliore! Probabilmente troppi hanno sempre cercato di ostacolarne la sua realizzazione concreta perché i loro interessi di parte ne venivano danneggiati.
Fioroni individuerebbe “nell’incapacità della famiglia e della società di educare i propri figli” il grosso problema che travolge la scuola.
Scusate, ma per quale ragione esiste la scuola?
Perché nella Costituzione essa è rappresentata come una delle istituzioni fondamentali?
E poi, la famiglia e la società prima erano più capaci di educare?
Prima c’erano famiglie più serene?
Prima si viveva in un mondo utopico?
Noi pensiamo proprio di no!
È proprio la scuola pubblica, di TUTTI, che esercitando il suo mandato costituzionale educa e forma il cittadino che, rispettato nella sua diversità, sa convivere con gli altri cittadini garantendo loro uguale rispetto.
Preferiamo parlare di educazione e formazione del cittadino, cosa più concreta, piuttosto che effettuare voli pindarici, e sostanzialmente vuoti, parlando di formazione positiva ed integrale della persona, come faceva la signora Moratti e ora il ministro Fioroni.
Questo non ci pare proprio il caso delle scuole private dove ciò che viene perseguito, nel migliore dei casi, è un’educazione di parte.
Passiamo ora alla nostra attività concreta nelle scuole e cominciamo con le materie d’insegnamento, Fioroni, ultimamente, si è presentato sul palcoscenico mediatico e si è lanciato in dichiarazioni senza rete, a volte veramente incredibili, che hanno fatto più male che bene alla scuola: che dire quando ha dichiarato, con duro piglio, che da ora nelle scuole si studieranno le tabelline e la grammatica?
Ma dove vive questo ministro?
È mai entrato in una scuola, pubblica, non si è accorto che le tabelline e pure la grammatica, da sempre, sono, normalmente, materia d’insegnamento?
Quello che è più grave, però, è ciò che è avvenuto con quelle che il ministro definisce materie basilari: italiano, matematica, storia e geografia.
E scienze…? Non è una materia basilare? Nel 2007, in una società profondamente pervasa dalla tecnologia (pensate solo ai cellulari… neanche nei romanzi di fantascienza degli anni settanta se li erano immaginati così piccoli e prestanti!), in un paese che solo nella crescita della ricerca scientifica e tecnologica può immaginare un futuro (non avendo materie prime e fonti energetiche!) …e, infatti, di nuovo, sono scomparsi dai “programmi” scolastici Darwin e l’evoluzione!
L’aveva già fatto la Moratti, che poi aveva dovuto recedere e reintrodurlo a causa delle proteste (pure la Montalcini era intervenuta!), l’ha fatto lui oggi e pochi protestano, tutti impegnati a far galleggiare l’instabile tinozza del governo.
E storia e geografia… materie basilari! Ma quando!? Visto che con il famoso cacciavite il ministro è riuscito a lasciare il disastro morattiano! Infatti, a partire dalla scuola della Moratti, e tuttora oggi, storia è cambiata: in quinta elementare si termina lo studio della storia affrontando i Romani (S.P.Q.R. proprio quelli!), in terza media si studierà il novecento! Così facendo avremo alunni che, forse, sentiranno parlare dei disastri del novecento (Shoà compresa) solo a 13 anni!
E in geografia stessa cosa: in quinta elementare si studierà l’Italia, niente Europa e mondo che saranno studiati alle medie, così potrà succedere che avremo alunni in quinta che non riusciranno a capire da dove arriva il loro compagno di banco, non italiano, e soprattutto non avranno neppure un’idea della loro nuova grande patria: l’Europa!
Passiamo alla metodologia, nell’articolo si parla di educazione all’affettività per riportare in “auge” alcuni valori come l’impegno e l’importanza della fatica per ottenere qualcosa di significativo, non abbiamo bene capito cosa centri l’educazione all’affettività con l’impegno e l’importanza della fatica, ma andiamo verso il futuro… ritorniamo al passato! Torniamo a Dewey, a Freinet... usciamo dai canoni della sofferenza, si può apprendere anche divertendosi, certo anche faticando ma percependo diversamente tale fatica perché si sviluppa da attività interessanti! E questo è compito nostro, di noi docenti, che dovremmo impegnarci a proporre ai nostri alunni attività il meno noiose possibili, magari divertendoci anche noi con loro, si può fare!
Usciamo dalla classe, dal nostro lavoro, a volte tanto affascinante, e dedichiamoci ora “all’altra faccia della medaglia” quella meno affascinante: la burocrazia.
Nell’articolo si parla di troppa burocrazia che non migliora certamente la scuola; si parla inoltre di insegnanti confusi che devono continuamente seguire corsi di aggiornamento per capire, o per cercare di capire diciamo noi, le riforme, le terminologie, i nuovi strumenti di lavoro, spesso poco utili diciamo noi, che si susseguono, e il ministro sembrerebbe aver compreso tutto ciò, ma come? Chi accusa? Non è lui a capo della burocrazia ministeriale? O sono gli insegnanti, masochisti, che decidono di perdere il tempo, prezioso, per inutili masturbazioni mentali? Non potrebbe, il ministro, inviare una semplice circolare che rende carta straccia tutta la burocrazia ottusa? Liberando, così, tempo prezioso per permettere agli insegnanti di usare maggiormente la testa per rendere più creative, e quindi appetibili, le ore di scuola dei loro alunni? Dov’è finito il famoso cacciavite? Non era molto più semplice ripristinare i programmi precedenti, mai abrogati, invece che mantenere in stand by la riforma Moratti, o forse si attende il rientro della signora?
In questo marasma la scuola “eppur si move” grazie al buon senso dei dirigenti… ma se il buon senso qualcuno non ce l’ha? E se qualcuno assume in sé il ruolo della longa manus della paralizzante burocrazia ministeriale? E se qualcuno usa i poteri sempre più forti che gli vengono dati (vedasi ultime novità del governo) per limitare la libertà di insegnamento dei docenti?
…Ma c’è la buona volontà di tanti insegnanti… e allora riflettiamo un po’ su di noi, chi siamo, qual è il nostro ruolo…
È vero dovremmo essere una categoria di professionisti, ma dovremmo crederci noi per primi!
Non siamo dei travet, degli impiegati esecutivi, dovremmo rivendicare, sempre, il nostro ruolo di liberi educatori garantiti in Costituzione dall’art. 33 che afferma la libertà di insegnamento, concetto essenziale nato in opposizione all’omologazione operata durante il fascismo, che è salvaguardia della libertà e della democrazia in una repubblica democratica come l’Italia.
E il nostro ruolo è certamente quello di operare a favore dei giovani per costruire la “società del domani” ma, allora, dovremmo offrire ai nostri alunni la possibilità di entrare in contatto con il più ampio spettro possibile delle posizioni ideali presenti nella nostra società, creando, così, nella scuola un’atmosfera laica nel senso più lato del termine, non privilegiando, cioè, alcuna posizione ideale o religiosa, e realizzando concretamente lo spirito della Costituzione.
E infine, facciamo vedere di essere, veramente, dei professionisti e riuniti nei nostri Collegi Docenti rifiutiamo di essere umili impiegati esecutori agli ordini del sergente Garcia di turno!
Gli insegnanti di “Scuola e Diritti”