Vaticano: il papa delle indulgenze
Benedetto XVI ha concesso l’indulgenza plenaria per il 40° anniversario della chiusura del concilio Vaticano II, l’8 dicembre, festa dell’Immacolata concezione. È la terza volta, da quando è stato eletto, che papa Ratzinger proclama un’indulgenza plenaria. Lo ha fatto una prima volta il 19 aprile, giorno della sua elezione al soglio pontificio, e lo ha fatto una seconda volta in occasione della giornata mondiale della gioventù, celebrata a Colonia, lo scorso agosto. L’indulgenza, secondo il catechismo della chiesa cattolica romana, è «la remissione davanti a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa» (CCC 1471).
Una decisione che suscita reazioni
«È un tema delicato, sul quale non sono mancate le incomprensioni storiche che hanno influenzato in modo negativo la comunione tra i cristiani», aveva riconosciuto Giovanni Paolo II nel corso di un’udienza, nel 1999. Ma il suo successore non sembra preoccupato di riaccendere tali incomprensioni e di riaprire ferite.
«La chiesa cattolica continua a proporre temi teologici medievali», ha affermato Jean-Arnold de Clermont, presidente della Federazione protestante di Francia. «Non credo che la chiesa cattolica arriverà al punto di mettere di nuovo in vendita le indulgenze», ha detto ancora De Clermont, intervistato dal quotidiano cattolico La Croix, «ciò che lascia perplessi è il fatto che nel 1999 la chiesa cattolica ha firmato, con la Federazione luterana mondiale, un accordo fondamentale sulla dottrina della giustificazione per fede. Come può il Vaticano avere firmato quell’accordo – nel quale dice di credere nella salvezza per sola fede – e proclamare nel contempo, oggi, un’indulgenza? Si tratta di un’incoerenza teologica fondamentale», conclude Jean-Arnold de Clermont.
ANCORA INDULGENZE!
Il commento del teologo Paolo Ricca
A Benedetto XVI piacciono le indulgenze. In pochi mesi ne ha già concesse tre. L'ultima, anch'essa "plenaria" (consiste nella remissione totale delle pene corporali o spirituali da scontare per i peccati commessi) è stata resa nota in questi giorni: l'8 dicembre, in occasione della festa mariana dell'Immacolata Concezione, e giorno in cui, 40 anni or sono, Paolo VI concluse il Concilio Vaticano II, i fedeli cattolici potranno riceverla se parteciperanno a un sacro rito di onore della stessa (cioè di Maria), o almeno offriranno testimonianza di devozione mariana davanti a un'immagine della Madonna Immacolata esposta alla pubblica venerazione, aggiungendo la recita del Padre Nostro e del Credo e una qualche invocazione all'Immacolata (ad es. «Tutta bella sei, Maria, e in te non c'è macchia originale», «Regina, concepita senza peccato originale, prega per noi»). Anche chi, per morivi vari, non può partecipare di persona al rito, ma ad esso si associa spiritualmente, con le stesse disposizioni d'animo, può ricevere l'indulgenza «in casa propria o dovunque si trovino».
Che dire? Diremo due cose. La prima è che siamo, a dir poco, sconcertati per un ricorso così frequente e ostentato all'indulgenza la cui pratica, come tutti sanno, contribuì non poco alla divisione della Chiesa d'Occidente e che è tuttora un motivo di dissenso profondo tra cattolici ed evangelici.
Certo, la Chiesa cattolica è liberissima di indire tutte le indulgenze che vuole, ma insistere sulle cose che dividono nuoce ai rapporti ecumenici e mortifica la speranza di chi lavora e fatica per l'unità dei cristiani. Ci chiediamo: perché, invece di "concedere indulgenze", non si annuncia semplicemente il perdono dei peccati, gratuito e incondizionato, che Cristo ci ha guadagnato offrendo se stesso per noi sulla croce? Il puro e semplice Evangelo non è forse mille volte meglio di tutte le indulgenze possibili e immaginabili?
La seconda osservazione riguarda il rapporto tra questa indulgenza e il Concilio Vaticano II che pure si vuole, l'8 dicembre prossimo, ricordare e onorare. La doppia iniziativa di Benedetto XVI (concedere un'indulgenza collegandola con il culto mariano) ci sembra muoversi in una direzione diversa da quella seguita dal Concilio. Il quale in nessun suo documento (se non andiamo errati) raccomandò il ricorso alle indulgenze (fu Paolo VI a rimetterle in auge con un'apposita costituzione del 1967) e non volle incentivare il culto mariano, ma piuttosto disciplinarlo inquadrandolo nel discorso sulla Chiesa. Non fu il Concilio a volere che Maria fosse insignita di un nuovo titolo - quello di "Madre della Chiesa" - fu, anche qui, Paolo VI. Insomma: a noi sembra che se l'attuale pontefice avesse voluto veramente onorare il Concilio, nel 40° anniversario della sua conclusione, non avrebbe dovuto né promulgare l'indulgenza né collegarla con il culto mariano. (NEV)
(da Ecumenici “Leonhard Ragaz”, 05/12/2005)
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