La favola di Psiche, innamorata di Amore, troneggia in mezzo alle Metamorfosi di Apuleio, si dispiega in 63 paragrafi, dal libro IV, 28-35, per tutto il V ed il VI libro, 1-24.
Amor = A MUR, in sumero ‘seme della vita-morte’ - come abbiamo visto l’anno scorso nelle nostre etimologie - era noto così ad Apuleio.
Poiché sembra che continui a cantare per me solo – come Semerano – canto non sapendo come sia il mio accordo, ma canto.
L’opera di Apuleio è la riflessione di uno gnostico: nessuno del migliaio di libri scritti sulla gnosi la classifica così! (Apuleio deve aver incontrato il filosofo gnostico Valentino che fu a Roma qualche anno prima della pubblicazione del suo lavoro.)
Come io canto isolato così viveva Psiche, pur essendo bellissima.
Apollo, consultato dai genitori di Psiche – che non viene corteggiata da nessuno perché troppo bella da essere invidiata da Venere –, vaticina da veridico e svela che Psiche andrà in sposa a «un mostro crudele, feroce e con volto di serpe» (IV 33) che si rivelerà Amore.
Amore in AB ZU, commistione sumera di tutto, compreso amore ed odio.
La desultoria scientia, l’arte dichiarata dall’Autore, svela che il mago della parola non è solo un favolista, ma un sacerdote gnostico come Lucio, il suo Asino d’oro.
Il serpente è la figura dominante l’IN NUM, lo zodiaco mesopotamico visto probabilmente nel papiro egizio di cui A. parla nell’incipit. Lo si può osservare nelle figure contenute in La scrittura celeste di Giovanni Pettinato.
La categoria gnostica degli Ofiti è il luogo di Apuleio.
Gli gnostici chiamavano se stessi ‘psichici’. Psiche rappresenta l’essere umano proprio come gli psichici –gli gnostici- vedevano se stessi.
Troppo bella, Psiche. Troppo ovvia nel nome gnostico per essere vista come parabola gnostica della vita?
Scrive Ireneo di Lione, contemporaneo di Apuleio, per precisare ciò che gli gnostici pensavano di se stessi:
Per prima cosa formò dalla sostanza psichica il Padre e re di tutti gli esseri che gli sono consustanziali, cioè quelli psichici, che sono di destra, e quelli derivati dalla passione e dalla forma che sono di sinistra. Infatti tutti gli esseri dopo di lui furono formati dal Demiurgo […] (Ireneo, p. 59)
dicendolo Padre degli esseri di destra, cioè gli psichici, e Demiurgo degli esseri di sinistra, cioè gli ilici.
In altre parole: gli esseri umani sono di due categorie, quelli fatti da Dio Padre e quelli fatti dal Demiurgo, gli psichici e gli ilici. I primi sono aurei, cioè non vengono macchiati dal mondo malvagio fatto dal Demiurgo, il dio che ha concretizzato la realtà materiale e gli uomini ilici. Sono predestinati a ritornare al Padre mentre gli altri, se spirituali, possono al più elevarsi dopo la morte ad un livello intermedio tra il male ed il Bene.
Apuleio si considerava Aureo, cioè psichico.
Con quale competenza Ireneo parlava di costoro? Scrive di sé:
D’altra parte Giacomo e gli apostoli che erano con lui permettevano bensì ai pagani di agire liberamente, affidandoci allo Spirito di Dio; ma essi, conoscendo il medesimo Dio, perseveravano nelle antiche osservanze. (Ireneo, p. 225)
Ireneo proviene da Smirne e riconosce suo ‘padre spirituale’ Policarpo, successore diretto degli Apostoli e di Giacomo in particolare. Con ‘permettevano ai pagani […] affidandoci’ (inequivocabile concedentes nos precisa Enzo Bellini, curatore della raccolta dei testi originali) riconosce se stesso al passato nella categoria dei pagani che conoscono il medesimo Dio dei cristiani. Si differenzia da costoro ‘che perseveravano nelle antiche osservanze’, cioè dagli gnostici. È certo dunque che Ireneo fosse stato un pagano. E’ possibile che fosse stato addirittura uno della ‘falsa’ gnosi contro cui scrive.
Quando Ireneo parla degli ‘psichici’ sa di che cosa parla per esperienza.
Psiche
La favola di Psiche narra di una ragazza troppo bella. Così bella da distogliere gli umani, a sua insaputa, dal culto di Venere.
Com’è possibile per un umano riconoscere la divinità così lontana [«Ecco, io, l’antica genitrice dell’universo, io, causa prima degli elementi» uguale a «Io sono la genitrice dell’universo, l’origine prima dei secoli»: Venere è Iside]? Questa lontananza impedisce all’uomo non predestinato l’illuminazione, la gnosi.
Venus, Veneris ha Eris nel nome al genitivo, la Furia infernale di Omero.
Afro-Dite specifica Dite: AH RU DI TE, aspirazione sacro tocco inferno. La distinzione con l’inferno sta solo in alma = MA AL, alma Venus di Pafo.
Venere chiama il figlio Amore: «son ridotta a dividere l’onore dovuto alla mia maestà con una fanciulla mortale! Il mio nome, che è scritto nel cielo [U EN U nds], è contaminato da terrene sozzure».
Il mio nome è scritto in mezzo al Cielo si legge in sumero: U EN U.
Hoc enim nomine puella nuncupabatur
Tr.: con questo nome infatti veniva chiamata la ragazza IV, 30
Psychen < EN PSYKE, signora Psiche. Dove Signora è Venere e signora è Psiche.
Psy allittera con Spi.
Spi è la prima sillaba di spirito, spiritu, ed è in a-spi-s, compreso in A—S, Uno d’origine.
KE è latina Ce di Ceres, sumera K ERES, regina degli Inferi.
Il nome ambiguo di Psyke può corrisponedere anche a ‘spirito di Keres’ ed a Proserpina.
Questo spiega il vaticinio di Apollo che rivediamo.
Vipereum malum
«Frattanto Psiche, con tutta la sua straordinaria bellezza, non ricava alcun frutto dalla sua avvenenza. Tutti la guardano, tutti la lodano, ma nessuno, o re o di stirpe reale o anche plebeo, si presenta desideroso di chiederla in sposa. Ammirano, è vero, il suo aspetto divino, ma l’ammiran tutti come una statua lavorata con arte. Da gran tempo le due sorelle maggiori, che la pubblica fama, poiché possedevano una bellezza normale, aveva passato sotto silenzio, eran state promesse a reali pretendenti e avevan fatto dei matrimoni brillanti. Psiche invece, vergine senza innamorati, rimaneva in casa a piangere sul proprio abbandono e, dolorante nel corpo e nell’animo, odiava in sé quella bellezza che pure la rendeva oggetto di piacere a tutte le genti». IV, 32.
La disgrazia gnostica che la dissocia dai mortali è la bellezza eccessiva.
Apollo dà ai suoi genitori il vaticinio:
«Sul picco alto di un monte, esponi, o re, la ragazza,
come si addice abbigliata a nozze che danno la morte.
E non sperare in un genero nato da stirpe mortale,
ma attendi un mostro crudele, feroce e con volto di serpe,
il qual, volando per l’etra, ogni animale molesta
e impiaga col ferro e col fuoco ogni creatura vivente.
Sin Giove lo teme, che pure ispira terrore agli dèi
e i fiumi l’hanno in orrore e i regni oscuri d’Averno». IV, 33
Questo è A MUR, vipereum malum, seme della vita-morte, male col volto di serpe, la sillaba centrale di ME TA MUR PHU SIS, così come centrale è la favola di Amore e Psiche nell’opera. Orrido e sublime: Amore = AB ZU.
La sua gnosi è impervia.
Il nome di Venere e il nome di Amore
«Ma la necessità d’obbedire agli ammonimenti celesti richiedeva che quella poverina di Psiche subisse la pena destinata. Furon dunque compiuti con profonda tristezza i solenni preparativi del funebre matrimonio, e Psiche piangente è scortata non alle nozze, ma alle proprie esequie […]:
-Quando le genti e i popoli mi rendevano onori divini, quando con universale consenso mi davano il titolo di novella Venere, allora avreste dovuto dolervi, allora versar pianti, allora sì prendere il lutto, come se fossi estinta. Ora m’accorgo, ora vedo che causa della mia rovina è solo il nome di Venere. Portatemi via e lasciatemi su quella roccia su cui il destino mi ha condannata: ho fretta di affrontare queste infelici nozze, ho fretta di conoscere quel nobile mio marito. Perché indugiare, perché dovrei rifiutare d’incontrarmi con lui che è nato a rovina dell’universo intero?-».
-Causa della mia rovina è solo il nome di Venere-.
Il nome è stato evocato per indigitamenta, ed il nome ha valore divino per gli antichi: col nome veniva evocata la ‘natura propria al nome’.
Psiche aveva ricevuto gli onori dovuti esclusivamente a Venere.
La sua colpa oggettiva: esser stata sostituita a U EN U, ‘Signora in mezzo al Cielo’, nel GIRU<U GIR , giro, sia Celeste –UE NUS, ‘mente/morte della casa del Cielo’ (Amore) [151° giro di chiave] sia Infera –UE NER IS, ‘NER [NER GAL] ERIS della casa del Cielo’ [152° giro di chiave]), umana in condizione divina. Eris è la furia infernale sorella di Ares.
Psiche si trova in casa di Amore.
Iamque aderat ignobilis maritus et torum inscenderat et uxorem sibi Psychen fecerat […]. ( V, 4)
Tr.: Ma era lì dinanzi a lei il marito sconosciuto. Egli sale sul suo letto, fa di Psiche la sua sposa.
Ignobilis maritus significa sia marito sconosciuto che uomo di vilissima condizione, quest’ultima condizione hominis extremi, come Venere aveva chiesto al figlio:
virgo ista amore fragrantissimo teneatur hominis extremi, quem et dignitatis et patrimonii simul et incolumitatis ipsius Fortuna damnavit, tacque infimi ut per totum orbem non inveniat miseriae suae comparem
tr.: possa codesta vergine ardere d’amore appassionato per un uomo di vivissima condizione che la Fortuna abbia colpito nel grado sociale, nei beni e nella persona medesima, per un uomo così in basso, che in tutta la terra non si trovi uno più disgraziato di lui. (IV, 31)
Con questa maledizione Venere provoca una nemesi < nemesis < NE ME SIS, ‘negazione della vita del ME’. [153° giro di chiave]
Amore interpreta divinamente il comando della madre e dà a Psiche: A MUR.
Carlo Forin