Premessa: per vedere Il Ritratto d’ignoto marinaio di Antonello da Messina si può raggiungere Cefalù e andare al Museo della Fondazione Mandralisca; si può anche seguire l’itinerario della geografia dell’immaginario e scoprire che l’inimitabile sorriso può accompagnarci dall’angolo della mia casa di Firenze. In che modo ne sia venuta in possesso è stato già raccontato il 9 dicembre 2006 su Viaggi e altri Viaggi di TellusFolio. Quel che segue è la prosecuzione di quell’itinerario.
Alla fine dell’estate sono tornata a Lipari. Dopo il viaggio di qualche anno fa con l’episodio del misterioso incontro alle solfatare di San Calogero mi sono sempre portata dentro un’inquieta curiosità. Probabilmente tutto era capitato davvero per caso e non c’era granché da capire oltre la “pazzesca”, come chiamarla, fortuna? che mi era toccata di ricevere in dono nientemeno che il capolavoro di Antonello da Messina.
Dal giorno dell’incontro con il signor Graziano, molto spesso mi sono rimbalzate nella mente le sue parole quando, dalla scatola di legno con gli angoli metallici, tirò fuori la tavoletta e me la porse, sussurrando a pause: «Non si preoccupi… è un’eredità dei miei antenati… erano mercanti, marinai… avevano le barche giù a Marina Corta… esportavano l’ossidiana… in Francia, Olanda, in Europa… Mio bisnonno era farmacista a Lipari e mi ha lasciato solo questo per eredità…».
Ricordo che lì per lì quella tavoletta non l’avevo neppure guardata attentamente, e non sapevo bene che cosa rappresentasse; avevo appena intravisto, nella penombra, un ritratto maschile.
Fu solo qualche anno dopo, leggendo le parole Vincenzo Consolo che mi resi conto dell’incredibile combinazione che mi era capitata. Nel suo celebre libro Il sorriso dell'Ignoto marinaio il grande scrittore messinese riportava l’episodio avvenuto il 27 ottobre del 1852, quando i saloni di Palazzo Mandralisca si aprirono ai cefalutani invitati dal grande mecenate Enrico Pirajno a festeggiare l’acquisto, in una farmacia di Lipari, del capolavoro antonelliano.
E, solo allora, cercai la scatola ricevuta in dono con la sua preziosa eredità che non avevo mai aperto.
Ormai da tempo convivo con il ritratto d’ignoto in un dialogo quotidiano di complicità ammiccante. Ma più che per scoprire cosa nasconde il «sorriso ironico, pungente e nello stesso tempo amaro, di uno che molto sa e molto ha visto, sia di presente e intuisce del futuro...» citando le parole di Consolo, ho deciso di tornare alle solfatare di San Calogero e cercare la casa del signor Graziano, per parlargli, per sapere, per capire…
Sono sbarcata a Lipari alla fine di settembre. La località di San Calogero è di facile accesso dato che le sue acque termali sono state utilizzate per fini terapeutici da tempi immemorabili. Accanto alle sorgenti si innalza una grotta “sudatoria” di costruzione romana inglobata in uno stabilimento di bagni e fanghi eretto nella metà dell’Ottocento. Naturalmente è meta anche di escursioni per il fascino del paesaggio, immerso in infinite varianti di verde e azzurro.
Un po’ a caso, seguendo l’intuito, mi sono avviata per uno stradello perché mi sembrava lo stesso che avevo percorso la prima volta, anche se di percorsi così è piena la zona. Ogni tanto incrociavo persone dallo sguardo incantato con le quali ci si sorrideva, senza parlare.
Non mi ricordavo per niente dove avevo incontrato Graziano, l’uomo del quadro, né i particolari del paesaggio o delle costruzioni vicine. All’improvviso girò il vento portando l’odore acre della solfatara. Lo stradello si biforcava in due sentieri appena tracciati. Scelsi quello che scendeva verso il mare, tra piante di origano e menta, finché arrivai a un muro a secco invaso dai capperi lungo l’orto di una casa bianchissima. La riconobbi senza dubbi non appena vidi che sotto la pergola c’era la stessa anziana donna che, come la prima volta, preparava mazzetti di erbe aromatiche. Lei alzò lo sguardo e fece un cenno con la testa così lieve che non osai parlare per non dissolvere il silenzio. Poi fece un cenno con la mano aperta verso una sedia. Io mi sedetti e lei riprese il suo lavoro.
Il silenzio fu interrotto dal suono di uno strumento musicale che non sapevo riconoscere, simile a un violino ma più stridente e lamentevole. Non era una melodia, sembrava piuttosto un lungo sospiro ritmato e monotono. Passò un bel po’ di tempo, poi tornò il silenzio. Mi alzai per bussare alla porta della casa quando anche la donna si alzò e mi invitò a entrare. La stanza era come la ricordavo: nella penombra, pochi mobili e oggetti immersi nell’aroma incredibile delle erbe aromatiche che pendevano dal soffitto in centinaia di mazzetti. Vicino alla finestra s’intravedeva la sagoma di un leggio e sopra, ben illuminato dal sole, un piccolo strumento a corde con la cassa fatta d’una noce di cocco fissata su un lungo manico cilindrico. Dell’uomo però nessuna traccia. La donna mise sul tavolo un piccolo vassoio di vetro con i tipici dolci alla pasta di mandorle e fece cenno di prenderne. Ci guardavamo in silenzio ma senza imbarazzo.
– Vorrei parlare con suo nipote Graziano… è qui? – le chiesi a voce bassa. I suoi occhi scuri rimasero fissi e imperturbabili come se non mi avesse sentito affatto. Mi spostai lentamente verso la finestra e le ripetei la domanda con voce più forte. Ma i suoi occhi continuarono a guardare fissi sempre nella stessa direzione. Capii che era cieca. Allora mi avvicinai e le raccontai della mia visita di qualche anno prima, della scatola e del quadro, e di quel che ero venuta a cercare. Lei mi prese una mano, passò le sue dite sul palmo con un tocco soave e sussurrò poche parole in una lingua che non seppi riconoscere.
Non sapevo cos’altro fare. Presi dalla mia borsa un foglio e scrissi “Gentile signor Graziano, sono la persona alla quale ha donato la scatola con il quadro. Vorrei parlarle. Tornerò domani”. Lo misi sul leggio e uscii.
Risalii verso il borgo di Pianoconte. Ritornata sulla strada principale arrivai fino al Belvedere di Quattrocchi da dove si ammirano le pittoresche insenature e l’incantevole panorama dei Faraglioni con sullo sfondo l’isola di Vulcano. L’aroma delle piante aromatiche mi seguiva dappertutto: proveniva dal palmo della mia mano…
Firenze, 20 ottobre 2007
Alessandra Borsetti Venier
www.morganaedizioni.it
“Il Ritratto d'ignoto marinaio di Antonello da Messina a Firenze?” di Alessandra Borsetti Venier comparirà (completo nella sua Terza Parte) sull'Annuario Tellus 29: “Febbre d'Amore con Cardiodramma. Da Novalis al web” in uscita nel maggio 2008.