(Un caos di ruoli, incarichi, interessi, lobby e categorie…). Mentre il Family day è stato archiviato, il conflitto d’interessi è già stato fatto tramontare specie da coloro i quali, a sinistra, hanno costruito tutta la campagna elettorale di appena un anno fa: che schifo!
Ma che cosa c’entra il Family day con il conflitto d’interessi? Apparentemente nulla. Ed invece, grattando grattando, si noterà un vero adattamento tra morale privata e affari pubblici.
Vediamo di arrivarci senza essere dietrologi, né fantasisti della politica. Stando solo alla cronaca. O come dice Marco Travaglio ai fatti raccontati. Sì, ma dipende dall’osservatore e dal ‘luogo’ da dove si osserva…
Il Family day è stata una manifestazione nata come risposta – promossa dal mondo cattolico sollecitato dalla gerarchia – ai 'Dico' del governo in difesa della famiglia. Poi – all’ultimo momento – è stata inventata una specie di contro-manifestazione in piazza Navona organizzata dal mondo laico a favore del divorzio, degli omosessuali, delle unioni libere. Questi fatti hanno diviso l’Italia, tra le tante sfumature, soprattutto di chi è stato a favore dei Dico e contro la Chiesa o viceversa. E così abbiamo avuto che la morale privata è diventata affare pubblico e come tale giudicata dai vari centri del potere istituzionale, laico e religioso. Ma nello stesso momento divenendo affare pubblico, ciò che era morale privata – e cioè di voler regolamentare le ‘nuove presenze sociali aggregate’ –, in realtà ognuno si è orientato dove credeva meglio, ideologicamente parlando, per credo religioso o per credo politico. Al di là del fatto che lui o lei stessa – con le sue scelte di vita vera, reale – fosse in contraddizione con quanto andava manifestando: ipocriti? opportunisti? Chissà…? Eppure abbiamo visto dei separati, dei conviventi, dei divorziati al Family day in quanto cattolici o politicamente schierati al centro-destra? Io, cattolico, avrei potuto – rispetto alla dottrina della gerarchia – partecipare alla manifestazione di piazza Navona? Neanche per sogno! Eppure ce ne sono stati… Ma la Chiesa istituzionale – visto che si occupa pubblicamente della morale privata e sessuale dei propri fedeli laici –, si preoccupa di trattare pubblicamente degli stessi problemi che riguardano il suo clero? E parliamo di quei religiosi/e, di sacerdoti, di vescovi che hanno seri problemi di pedofilia, di pratiche omosessuali, eterosessuali, lesbiche… Ha mai la gerarchia promosso un convegno pubblico – con le proprie comunità credenti, anche verso le discipline medico-sociali – di questi problemi che abbiamo visto in questi ultimi decenni interessare anche drammaticamente il ‘personale’ ecclesiastico? No. I vertici cattolici intendono dire ai laici quale deve essere la loro – di ciascuno – la morale privata e sociale, ma poi non vuole che gli affari morali pubblici della Chiesa – e cioè dell’operato dei ‘suoi ministri’ – divenga oggetto di un’analisi e di una critica pubblica. Un po come i politici: nel regolamento interno del Parlamento è riconosciuto il convivente, ma nella società sulla quale loro legisliferano no.
E il conflitto d’interessi che ‘ciazzecca’ direbbe Di Pietro? Ciazzecca eccome. Qui abbiamo invece il problema all’inverso, ma che finisce nella stessa maniera.
Questo affare pubblico non riguarda solo Berlusconi ma riguarda tutti noi che possiamo avere dei conflitti d’interessi personali con il ruolo pubblico rivestito. Per cui occorre non solo far sì che chi possiede ed è a capo di un potentato economico-finanziario scelga che fare: uscire dall’azienda per fare politica con tutto quello che comporta il distacco momentaneo dal suo ‘potere’ – e questo non vale proprio per niente… – oppure non decide di entrare in politica. Quante lobby e consorterie varie di professori universitari, imprenditori, liberi professionisti come avvocati, notai, medici, giornalisti ecc. ecc. rivestono incarichi politici dai quali possono condizionare certe scelte proprio in merito alla loro attività? Tantissime. Ecco perché è importante un anti-trust che controlli ogni cittadino che riveste una carica elettiva e che ricopre un ruolo d’interesse pubblico: abbandonare la propria professione – qualunque cosa faccia – e abbia un compenso personale simile a quello dei suoi simili negli altri paesi europei con un controllo sul suo operato tale da essere effettivamente ed efficacemente verificato il suo agire, con trasparenza e puntualità. Oppure niente politica.
Quindi l’affare pubblico non dovrebbe essere influenzato dalla morale privata, che lega però direttamente con la morale pubblica. Invece non è così. §2 la morale privata che condiziona quella pubblica e quindi condiziona l’affare pubblico: se io fossi Berlusconi non farei una legge sul conflitto d’interessi tale da condizionarmi come politico e nemmeno come industriale e padrone di un ‘impero’ mediatico e non solo. Per cui l’affare pubblico dell’informazione rimane tale, ma risentirebbe della morale privata che è diventata morale pubblica ad personam. Un esempio vissuto dalla provincia italiana. In un comune del pisano sulla poltrona di sindaco è giunto un architetto che ha continuato a mantenersi la sua bella attività professionale sullo stesso territorio da lui amministrato. Quando arrivavano in commissione edilizia-urbanistica i progetti firmati da un collega compiacente del suo studio lui usciva per non influenzare le decisioni. Questa è ‘dignità politica’? Vi sembra una soluzione valida, rispettosa degli interessi pubblici? Quale conflitto d’interessi è più penetrante di uno così…?! Eppure ce ne sono a bizzeffe in questa Italia, specie della provincia, casi di ‘doppia morale’ che configgono tra privato e pubblico e che nessuno può far niente perché mancano legge serie e severe.
Per cui dal Family day al conflitto d’interessi si nota come la politica, gli affari, la religione, le istituzioni sono coinvolte totalmente perché c’è l’inquinamento della morale pubblica da parte della morale pubblica.
Qualcuno potrebbe dire che cosa ci sia da meravigliarsi di fronte ad una Francia il cui nuovo V presidente Sarkozy porta con sé una valanga di contraddizioni: è un immigrato ungherese; ha scelto tre collaboratori molto validi e noti dall’aera socialista; ha dichiarato che “la guerra in Iraq è un errore storico”; ha manifestato perplessità sulla presenza francese in Afghanistan… eppure è un uomo eletto dai cittadini francesi nello schieramento di centrodestra. E allora potremmo dire che “tutto il mondo è paese”. Sì, ma ad una condizione ed eccezione ben precisa. Che quella italiana non sia il frutto di uno ‘scambio’ tra morale privata e affari pubblici. ‘Scambio’ che dovremmo saper condannare e di conseguenza regolamentare dal Parlamento fino al più piccolo ente pubblico della penisola. Ed invece, da noi, fa parte della ‘cultura’ locale, “stile italiota”.
Piero Cappelli
Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella, La casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili, € 18,00