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NNI 6. Frank Solitario
24 Novembre 2007
 

Questa volta è il turno di un giovane autore che scrive brevi racconti surreali, adatti alla lettura su internet e quindi perfetti per questa rubrica.

Il primo e (per adesso) unico libro di Frank è Storie ai minimi termini, edito da Il Foglio Letterario (www.ilfoglioletterario.it), ma in rete si trova molto materiale di questo autore che trova la sua misura più congeniale nel racconto breve. Alla base della sua narrativa c’è di sicuro Bukowski, amore letterario che viene fuori con prepotenza sia per l’ironia con cui Frank stigmatizza le varie situazioni vita che per uno stile rapido ed essenziale.

Visto che i racconti sono brevi, faccio un’eccezione e ve ne propongo tre, che si caratterizzano per diversità di stile. I primi due ricalcano un Frank Solitario che conosco per aver letto e pubblicato Storie ai minimi termini. Il terzo, invece, mi sorprende non poco per una netta impostazione sperimentale, ma lascio il giudizio ai lettori. “Sciopero!” racconta la storia surreale di un personaggio che si ribella al suo autore per condurre la vita che preferisce ed è assolutamente geniale. “Chi” è la storia di due fratelli che non si comprendono e conducono vite opposte, ma sono più simili di quanto possa sembrare. “Le pulci attecchiscono…” è un dialogo surreale tra un uomo rispettabile e una pulce con monologo finale, che si presterebbe a una interpretazione scenica. Frank Solitario è un autore dotato di stile originale che fa narrativa fantastica in forma breve indicata per una lettura ad alta voce, vera narrativa teatrale di taglio surreale.

Basta con le chiacchiere. Godetevi i racconti.

 

Gordiano Lupi

 

 

Chi è Frank Solitario

 

La biografia di Frank è un gustoso racconto che lo stesso scrittore ci consegna. Non oso toccare neppure un rigo e ve la presento come l’ho ricevuta…

Nasce a 30 anni, uomo bianco ma non troppo, razza indoeuropea. Ama le donne, ma sempre a dosi contenute e sempre e solo la sera. Lavora nei sotterranei di un alimentari scarica prosciutti e imballa panettoni nella fase più prolifica della sua ispirazione narrativa. , brevissime le esperienze in ruoli di responsabilità, incapace di resistere a dire quello che pensa: “Porco” a un porco, “Isterica” all’isterica, “Zoppo” allo zoppo. Ma Frank è stato maestro di tennis, semiotico, giornalista, rappresentante di opere d’arte, tifa la Roma, ama il Boemo, legge Ellroy-Bukowski-Kafka-Dostoevskij-Calvino, custodisce il culto di Lynch ai limiti della liturgia, ma fa la spesa, omofobo con una latente omosessualità, sessista, maschilista, è lo scrittore di sinistra più amato dal pubblico di destra, presa singolarmente ama l’umanità, sempre che si mantenga a distanza di sicurezza.

Frank non è nessuno.

 

 

Sciopero!

 

Per la prima volta non cominciai un racconto partendo dalla storia, ma dai personaggi. Avevo in mente un uomo di mezza età, bisbetico, veramente intrattabile; dimostrava ben più dei suoi quaranta anni, forse anche per questo non conduceva una vita sessuale molto attiva. Si era separato e continuava a versare ogni mese un assegno famigliare abbastanza ingente, era tifoso di una squadra di calcio che non vinceva una partita e ogni domenica si faceva il sangue amaro.

Un conoscente lo cercava di continuo, ma lui aveva fatto installare un apparecchio telefonico con un rilevatore di chiamata; che persona squallida e meschina. Sarebbe bastato dirglielo: “Guarda, non ho niente contro di te, è solo che mi piace stare per i fatti miei”.

Frequentava tutte le mattine un bar senza consumare per leggere gratis il giornale e si lamentava col titolare che non fosse di suo gradimento.

Praticava la delazione delle persone di cui era invidioso, era mal sopportato e si presentava nonostante ciò a casa della gente all’ora di cena senza preavviso.

Mentre lo stavo mettendo nella storia, cominciò ad andarsene per cavoli suoi; non era agli appuntamenti che gli fissavo con gli altri personaggi, saltava il lavoro senza motivo e mi toccava inventarmi dei certificati medici falsi affinché non fosse licenziato.

Era stato fermato per offese e resistenza a pubblico ufficiale per una multa sacrosanta, così richiamai il migliore avvocato in circolazione, uno che aveva fatto assolvere un serial killer psicopatico in un racconto noir che scrissi un paio d’anni fa.

Buttai giù molte scene senza di lui; non poteva andare avanti così per tanto tempo, rischiavo di dilungarmi, di andare fuori tema.

La ragazza di vent’anni con cui doveva avere degli incontri galanti cominciò a innervosirsi; gli toccava uscire con un uomo di mezza età che dimostrava sessant’anni e che si permetteva anche di fare il prezioso.

Pensai di farlo bere e giustificarlo così.

In questo mi assecondava: gli mettevo una bottiglia di vino rosso sul tavolo e lui se ne versava un po’ nel bicchiere.

I primi tempi almeno stava nella città dove lo avevo pensato, ma poi cominciò anche ad allontanarsi, a prendere il treno e poi l’aereo per chissà dove, pagando in contanti per evitare che lo rintracciassi dalla carta di credito.

Forse aveva il sospetto che lo volessi far morire.

Che non mi amasse era certo, ed era impossibile biasimarlo, lo avevo reso veramente disgustoso.

Non gli era possibile dirmelo, poteva solo pronunciare le battute che gli mettevo in bocca; per dispetto le diceva male, che quasi non si capissero, biascicate, o in un tono del tutto inappropriato.

Lo sostituii; il nuovo era belloccio, benestante, con la battuta sempre pronta.

La ragazza di vent’anni era contentissima e al loro primo appuntamento filò tutto liscio; la sera stessa erano già a letto a fare cose.

La storia stava prendendo una piega assolutamente prevedibile; a nessuno sarebbe interessato sapere di cene a lume di candela, serate al cinema, gente ricca che aspetta solo l’arrivo dell’estratto conto.

Pensate quello che vi pare; sono sadico, cattivo, invidioso, pusillanime.

I personaggi vanno maltrattati per il bene della storia; anche per il bene del lettore medio con una vita grigia e insignificante dove la parola “sorpresa” si abbina sempre all’aggettivo “brutta”.

Cominciai a disseminare disgrazie, coincidenze drammatiche, tradimenti, malattie.

I poveracci si ammutinarono, incrociarono le braccia.

Non avevo un inizio, non avevo un finale, non avevo una storia, solo un mucchio di personaggi disgraziati in ribellione.

Pensai di lasciarli fare e andarmene in giro per tutto il giorno a perdere tempo.

Non riuscivano ad autogestirsi, volevano essere tutti protagonisti, ricchi, fortunati: si scannavano.

Provai a spiegarglielo all’editore perché non facevo passi avanti; tafferugli, disordini, agitazioni, un vero e proprio sciopero indetto dai personaggi.

Fu così che non mi azzardai più a cominciare un racconto senza prima avere in mente, limpida e lineare, una storia da raccontare.

 

 

Chi

 

Mio fratello dice spesso di aver ricevuto una visita, ma non si ricorda da parte di chi. Così ho pensato di far firmare alle persone che vengono a trovarlo un «registro dei visitatori» e a lui di tenere un diario in cui annota particolari di quelle visite. A leggere quelle pagine si trovano racconti di incontri realmente poco probabili, persone difficilmente esistite, di certo non che io abbia conosciuto. Tutti lo rassicuriamo e, quando mi trovano inquieto, tutti rassicurano me al tempo stesso.

Sarebbe difficile sorprenderlo con un’espressione non serena sul volto, per quanto si possa trovare di fronte ad un continuo sgretolarsi delle sue certezze.

Il buio, la tenebra più profonda scorgo invece nello specchio, ogniqualvolta incontro colui che un tempo ero io.

Talvolta ritorna con la mente al tempo in cui lavorava e gli prende l’ansia di non arrivare in orario in ufficio. All’inizio, gli spiego che ormai è in pensione, ma lui insiste e finiamo per litigare.

Siamo noi suo padre morto in guerra, il capoufficio della Banca di Novara, siamo noi lui stesso da piccolo e i suoi fratelli.

Ci sono delle notti in cui ci sveglia suonando il pianoforte.

Uno Chopin minore, degli antichi lieder, risuonano accarezzando la nostra casa tutta di legno noce, dapprima suscitando in me un terrore da non far scorrere sangue alcuno lungo la schiena, per poi trovare un’interpretazione nuova, commovente, appassionata, un transitare sui tasti infinitamente più delicato e incompleto.Non riconosce me e i suoi figli, ma è ancora in grado di suonare i pezzi più difficili.

Mi sembra di impazzire, mi sembra di non poter mai più dormire.

Ora il perfido bastian contrario è un bambino capriccioso e un po’ bislacco, un compìto impiegato in giacca spesso penosamente senza mutande.

Avevo sempre considerato mio fratello un uomo ostinato, solitario e un grande lavoratore. Ora ho scoperto in lui un bambino affettuoso, tenero e gentile.

Questo lato del carattere è sempre stato ben nascosto, forse per timidezza o inibizione.

Ogni acredine sembra svanita e mi sento inverosimilmente pusillanime a provarne ancora dell’inconscia verso di lui.

Nati lo stesso anno con un infinito rancore iniziato in un preciso momento, da quando… da… quando?

Adelmo”, sento chiamare dall’altra stanza, quella voce strana, rugosa, ma quasi scherzosa, di un vecchio giovane che mi sembra di conoscere.

Chi?”, rispondo confuso, e finalmente mi abbandono a un timido sorriso.

 

 

Le pulci attecchiscono anche nelle classi altolocate

 

I

 

Soffro come un cane che si gratta pulci che non ha.

Le pulci sono nel suo cervello, eppure può sentirle chiaramente.

Pulce #1: Questo cane rognoso puzza.

Pulce #2: Stiamo facendo le pulci a un cane rognoso?

Pulce #1: Ci hai ragione, potremmo essere sopra un cammello e avere mal di mare.

Pulce #2: I cammelli stanno sulla sabbia.

Pulce #1: Ma è pur vero che li chiamano “le navi del deserto”.

Pulce #2: Eppoi questo cane è rognoso, ma non ha le pulci, si gratta perché è diventato isterico. I padroni lo lasciano tutto il giorno a fare la guardia a un cortile fatiscente e al contempo sterminato. Gli altri cani passano, lui difende un territorio indifendibile e impazzisce.

Pulce #1: Quindi noi chi siamo, dove siamo e soprattutto perché siamo?

Pulce #2: Non mi sentirai dire che la vita è un sogno, non mi sentirai dire questa banalità del cazzo, non a me.

Pulce #1: Guarda! Guarda, un uomo benvestito, benestante, benemerito.

Pulce #2: Inutile, noi non si attecchisce, noi attecchiamo solo sulla merda. Sui cani rognosi e sui barboni. E sulla merda.

Pulce #1: Fa’ come ti pare io salto…eeeee oooooops…oplà. Cavolo si scivola debbo aggrapparmi alla giacca….nooooh è pulita….il fazzoletto, oh si! Fortuna che c’è un po’ di muco.

Pulce #2: Eh? Come sarebbe? Si sta allontanando. Salto….Salto? Salto! E hop….nooooooooo.

Pulce #1: La vita non è un sogno, soprattutto non è un incubo. Ora abito su un essere dignitoso e rispettabile. Lo scettico miscredente invece è spiaccicato sul marciapiede.

 

 

II

 

L’Uomo Rispettabile e Benvestito: Non può essere, ho un forte prurito. Gesù, che strana sensazione.

Pulce #1: Hai le pulci.

L’Uomo Rispettabile e Benvestito: Mi sento di escludere nel modo più assoluto di avere le pulci.

Pulce #1: Ce le hai.

L’Uomo Rispettabile e Benvestito: Urge assolutamente una doccia.

Pulce #1: I tuoi bagnoschiuma al mango mi fanno una pippa.

L’uomo rispettabile e benvestito rincasa e, dopo aver controllato la posta, si spoglia. Entra nella doccia e apre l’acqua calda.

L’Uomo Rispettabile Ora Svestito: Fiiiigaro! Figaro-figaro-fiiiiiigaro! Figaro qua, Figaro là, figaro su, Figaro giù!.

L’inossidabile Pulce # 1 bivacca con la pipa in bocca, al riparo, sotto un’ascella.

L’Uomo Rispettabile Ora Svestito solleva accuratamente il braccio sinistro e con orrore senza nome esclama: Eeeeeeeeeeeh?!

Il disgusto per la categoria di uomini usualmente albergo e ristoro per pulci lo sopraffà, inducendolo a svenire privo di sensi nel vano-doccia.

La Pulce #1 vede il suolo avvicinarsi a velocità siderale e si lancia facendo uso paracadute di una intrecciata simil-lanuggine ascellare.

 

 

III

 

L’Uomo Rispettabile, ripresosi dallo shock, si trova a fare i conti con un cambio radicale di prospettive.

Abbandona la vita di agi, abbandona l’idea di avere obblighi e doveri socialmente imposti, fossero unicamente di igiene personale.

La Pulce #1 attraversa a sua volta una profonda e sconvolgente crisi d’identità.

Gran monologo finale della Pulce #1

Essere pulce mi condanna a trovarmi su individuo e/o animale con certe caratteristiche immutabili. Giammai posso anelare a stabilirmi su un essere rispettabile o benvestito che sia. Egli, dal momento che mi avrà come ospite muterà la sua percezione di se stesso. O in caso similare potrò trovarmi su persona un tempo rispettabile al momento affetta da problemi di mente, quindi di inserimento socio-economico-culturale.

Realizzando la prodezza più mirabile della mia vita ho attecchito su un esemplare rispettabile delle classi altolocate; ma affrancarmi dalla mia condizione di parassita che attecchisce unicamente sui barboni, i cani rognosi e sulla merda ha avuto come tragico prezzo la discesa sociale sfrenata nella sua autopercezione dell’individuo in oggetto.

Orsù, cali il sipario sulla mia condizione inevitabilmente miserabile!

 

Frank Solitario


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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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