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Angela Boskovitch. I giardini dell'incontro portano frutti
12 Ottobre 2007
 

Kassel, Germania. L'autunno sta maturando le sue usuali zucche ed i grappoli d'uva, e le donne stanno fianco a fianco ispezionando le colture, sotto un tipico cielo tedesco pieno di soffici nuvole. Ognuna di esse ha il suo piccolo pezzo del lotto di terra che copre 1.200 metri quadrati. Gli alberi di mele e pere e i cespugli di more sono considerati proprietà comune.

Le donne, che hanno deciso di coltivare tutto in maniera organica, dopo aver discusso a lungo sui pesticidi, lavorano insieme la terra una o due volte la settimana, in incontri che di solito cominciano con tè e biscotti cucinati secondo ricette tradizionali.

Si accordano anche per celebrare insieme compleanni e festività, ed occasionalmente si riuniscono in “gruppi di cuoche” nella cucina dell'una o dell'altra, dove condividono i frutti del loro lavoro. Prima di cominciare a lavorare in questi orti-giardini a Kassel le donne, circa una quindicina in tutto e provenienti da Marocco, Afghanistan, Somalia ed ex Jugoslavia, erano già delle esperte giardiniere. Ma apprendere come lavorare il suolo tedesco, che ha un alto contenuto minerale, ha preso del tempo.

Una biologa tedesca ha funto da assistente per le piantagioni iniziali, e da allora le donne hanno studiato come coltivare un pezzo della loro terra natia qui: hanno convinto, con le loro lusinghe, la menta afgana, il coriandolo e i porri iraniani a spuntare dal suolo locale. In tale processo, condividono non solo i sapori del loro passato, ma le sfide della vita di ogni giorno.

«L'orto è un villaggio, dove culture differenti si incontrano e restano insieme per aiutarsi l'un l'altra a risolvere i problemi», dice Sedika Baqaie, una delle coltivatrici che proviene dall'Afghanistan. «Ha assunto sempre maggior importanza, per noi, con il passare del tempo. Senza di esso, la vita sarebbe davvero noiosa».

Mentre l'Europa invecchia, paesi come la Germania stanno sempre di più basandosi sui nuovi arrivati per la crescita economica e della popolazione. Ecco perché progetti come il Giardino di Kassel (che ha vinto un premio per l'integrazione sociale, nel 2004, dal Ministero per le politiche sociali dello stato federale di Hesse) godono del favore ufficiale, giacché aiutano gli immigrati ad insediarsi.

Oufae Behoumi può attestarne i benefici. La 31enne marocchina si è trasferita in Germania con il marito nel 1996, ma la coppia si è sfasciata poco dopo la nascita della loro figlia. La donna si è trovata dapprima alla deriva, ma ha trovato una nuova famiglia nelle donne che si occupano del giardino, dove ora passa la maggior parte del suo tempo libero. «Senza la bellezza del giardino non potrei sopravvivere», dice Behoumi, che lavora come infermiera. «Quando lavoro il mio pezzo di terra, dimentico le cose brutte che sono avvenute, e mi sento in pace».

 

Alcuni di questi giardini, tuttavia, hanno dovuto affrontare delle avversità.

Nell'agosto 2006, il partito di estrema destra NPD distribuì volantini accanto ad uno di essi situato nel distretto est di Berlino: il testo diceva che il progetto avrebbe portato rumore, violenza e furti. Il gruppo tenne anche manifestazioni di protesta, e il giardino berlinese è ora protetto dalla polizia. Quello di Colonia ha avuto i cancelli distrutti tre volte, ed il cartello d'ingresso con su scritto “Giardino Interculturale” ha dovuto essere rimosso a causa del costante vandalismo.

Le radici dei giardini interculturali risalgono al 1995 e ad un gruppo di donne bosniache, fuggite dalla guerra nei Balcani, che si trovavano in centro per rifugiati della città tedesca di Goettingen. Queste donne parlavano spesso agli assistenti sociali tedeschi dei giardini della loro terra, spesso ricordando con desiderio gli orti sulle rive del fiume Drina, famosi per le susine e le mele.

Il centro per rifugiati, assieme ad altri stranieri residenti nell'area, decise di affittare della terra coltivabile. Quando questo primo giardino cominciò a fiorire Tassew Shimeles, agro-economista 44enne dalla doppia nazionalità (etiope/tedesca), decise di diffondere l'idea. Come membro dell'associazione dei giardini interculturali, sino a quel momento informale e scarsamente conosciuta, ottenne fondi dall'Unione Europea che ne permisero l'espansione: nel 1997 venne creato un secondo giardino, e nel 1998 venne creata un'ong legalmente riconosciuta per coordinare gli sforzi dei volontari. L'organizzazione cominciò a cooperare con una grossa fondazione di Monaco nel 1999, e fu in grado di ottenere fondi addizionali che permisero di dare inizio a nuovi giardini. Ora il paese ospita 100 giardini interculturali, con Kassel che ha il primato di essere gestito esclusivamente da donne. Questa decisione è nata dalle discussioni delle donne in questione con gli assistenti sociali tedeschi, e dal loro desiderio di riavere i giardini perduti. La maggior parte di queste donne ha perduto tutto ciò che aveva.

 

La maggior parte dei giardini sono oggi coordinati dalla fondazione Stiftung Interkultur con base a Monaco. Creata nel 2003, provvede appezzamenti di terra acquistati dal governo o frutto di donazioni, dove i membri possono coltivare frutta, ortaggi ed erbe aromatiche, spesso provenienti dai loro paesi natali.

L'iniziativa richiama in parte i piccoli orti-giardini tradizionali tedeschi (kleingarten), propagandati nella seconda metà del 19° secolo dal medico tedesco Daniel Schreber, che studiava gli effetti della vita urbana e dell'industrializzazione sulla salute dei bambini, e prescriveva loro aria fresca e giochi in questi giardini. I kleingarten hanno anche il merito di aver contribuito a salvare i cittadini dalla fame dopo la seconda guerra mondiale, e sono rimasti un passatempo tipico. La maggior parte dei “piccoli giardini” sono stati curati dalle stesse famiglie per generazioni e può essere difficile trovarne uno aperto. Gli appezzamenti vengono coltivati secondo regole meticolose che vanno dall'altezza degli alberi alle dimensioni dei vegetali. I classici kleingarten sono chiusi. I segmenti interni ai giardini interculturali, per contrasto, sono aperti, separati solo da strisce d'erba, permettendo alle comunità di coltivatori di formarsi.

I giardinieri e le giardiniere fanno scambio dei semi spediti loro dalle famiglie residenti nei paesi d'origine. Ognuno di loro provvede un piccolo contributo annuale per la terra, l'acqua e l'attrezzatura, che non supera i 70 dollari.

L'equipaggiamento, inoltre, è spesso donato da asili tedeschi. Giardini simili vengono in questo momento creati in Austria, Francia, Olanda e Gran Bretagna. I giardini interculturali tedeschi hanno anche sviluppato una relazione con i loro simili, i giardini comunitari, che si trovano a New York, Seattle e Toronto, e che stanno giocando un buon ruolo nella rivitalizzazione urbana.

 

Angela Boskovitch

(9 ottobre 2007, trad. Maria G. Di Rienzo)

 

 

Angela Boskovitch, giornalista indipendente, corrispondente per We News, vive in Germania. Si occupa usualmente di Medio Oriente e sviluppo. Ha un blog sulle politiche agricole e le tradizioni culturali relative al cibo: http://Food-Travels.com).

 
 
Maggiori informazioni:
www.stiftung-interkultur.de/eng/index.htm
(in inglese)
www.internationale-gaerten.de
(in tedesco)

 
 
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