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Il sostenibile essere della leggerezza
09 Ottobre 2007
   

but it is a melancholy of my own,
compounded of many simples, extracted from
many objects, and indeed the sundry
contemplation of my travels, which, by
often rumination, wraps me in a most
humorous sadness.

 

 

Come spinto da un inconscio desiderio, ho cominciato ad andare sui roller.

Dedicherò la prima conferenza all'opposizione leggerezza-peso, e sosterrò le ragioni della leggerezza.

Domenica chiudono il lungo Senna alle automobili ed è tutto un brulicare di vélo, passanti, coppie innamorate. Munito di protezioni – casco ginocchiere para-gomiti – ho tentennato con quel pizzico di tensione che accompagna sempre le prime volte. Forse è la vergogna di essere visto quando cadi; forse è l’ansia di farti male. Di non riuscire.

... perché sono stato portato a considerare la leggerezza un valore anziché un difetto.

Mentre muovevo, incerto, le prime rolleranze, mi sono guardato in giro: poi, più nulla. Concentrazione massima, sudore e fatica di quando sei tutto preso da un’attività. Pattinare mi stava stressando. Con frustrazione guardavo le altre persone in roller, cullarsi un segreto che non potevo condividere. Scivolare come il fiume proprio lungo la Senna. Erano acqua. Acqua cristallina. Pensieri danzanti che nascondono una goccia, una chiave lontana.

Oggi ogni ramo della scienza sembra ci voglia dimostrare che il mondo si regge su entità sottilissime: come i messaggi del DNA, gli impulsi dei neuroni, i quarks, i neutrini vaganti nello spazio dall'inizio dei tempi... Poi, l'informatica.

Allora ho respirato. Un libro che sto leggendo cita l’usanza indiana, della popolazione Mohawk in particolare, che consiglia di alzarsi subito, non appena si aprono gli occhi: fare tre profondi respiri e tirarsi su. Consapevoli del proprio corpo, anche affaticati. Ma salvi dal rischio che l’inedia si impossessi di noi, col vuoto formicolio del nervosismo.

La poesia dell'invisibile, la poesia delle infinite potenzialità imprevedibili, cosi come la poesia del nulla nascono da un poeta che non ha dubbi sulla fisicità del mondo.

Ho respirato. Pensato che non avrei dovuto pensare. Ascoltandomi riascoltare le voci: bambini mamma che urla campanello di bicicletta fiume aria cielo. Qualcosa mi schiva. Io che, un po’ schivo, schivo qualcosa. L’asfalto è tutto butterato, granelli di mondi impercettibili. Affondi lo sguardo nelle zigrinature e ti perdi a cercare collegamenti. Raggomitolando i tuoi pensieri, li svolgi.

...le minute conchiglie tutte simili e tutte diverse che l'onda mollemente spinge sulla bibula barena, sulla sabbia che s'imbeve.

La Senna, quando è bel tempo, ha riflessi verdi e grigi: in alcuni punti il Sole è una moneta d’oro lanciata sul piatto.

Come la melanconia è la tristezza diventata leggera, cosi lo humour è il comico che ha perso la pesantezza corporea e mette in dubbio l'io e il mondo e tutta la rete di relazioni che li costituiscono.

La partita si gioca sugli attimi; scivolare sulle cose non significa trascurarle. Al contrario... È proprio quando riesci a non pensarci che la leggerezza ti consente di dominarle: eppure ci sei sopra. La tranquillità è il rischio dolce di perderla. Da un momento all’altro. Precariamente. Hai la solida consapevolezza degli elementi e del tuo battito cardiaco. Leggero fino a comprendere la profondità della superficie. Per un secondo, sei il fiocco di neve.

Ma l’illusione manca con il culo per terra: basta cadere in piedi, anywhere but out of the world.

 

Luciano Canova


 
 
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