OMAR MOISÉS RUIZ HERNÁNDEZ
Quando torni, papà?
Quando torni, papà?
chiede il bambino a suo padre
che all’altro capo del filo
non sa cosa rispondere.
Ancora non posso tesoro
bisogna aspettare un po’
ma il cuore mi dice
che forse sarà molto presto.
Quando torni, papà?
non è una domanda qualunque
per un padre che fra le sbarre
sente suo figlio lontano
senza poter spiegare al piccolo
la ragione della sua prigionia.
No, non puoi capire, figlio mio
perchè il tuo papà non è a casa
ma un giorno lo saprai
e allora capirai
che il tuo papà non è a casa
per aver difeso il diritto
di esprimersi in libertà.
Presto, verrà molto presto
l’ora in cui tornerò felice al tuo fianco
e con un forte abbraccio
in una Cuba diversa
ti dirò: eccomi figlio mio
perchè nessuno mai più ci separi
e tu non debba più chiedermi
Quando torni, papà?
JORGE OLIVERA CASTILLO
Lesioni gravi
Ancora aperte, le ferite sono labbra
dalle quali sgorga il monologo che il
potere non vuole sentire.
Ecco l’emorragia di verbo e sangue
volendo emulare il Mar Caspio.
Chi ha una foglia di fico per il mio
calendario infreddolito?
Quando si chiuderanno questi solchi
sulla mia pelle?
Furono poliziotti e pubblici ministeri,
giudici e avvocati,
a seminare sofferenze onorifiche.
Alcuni come stelle del bestiario,
altri in qualità di artigiani.
Certo è che da quel giorno
queste ferite di voce immacolata
non fanno che gridare nel fitto
della giungla.
RICARDO GONZÁLEZ ALFONSO
Giudizio finale
In questo limbo terrestre
fra la sentenza e l’esecuzione
l’omicida leggeva
dalla Genesi
all’Apocalisse.
Scopriva un’altra versione
della morte
della vita
dell’amore.
Dicono
che andò al patibolo
intonando un Salmo:
«Il Signore è il mio pastore
nulla mi manca;
in pascoli verdeggianti
mi fa riposare.
Ad acque di ristoro
mi conduce
e ricrea l’anima mia».
Dicono
che continuò a cantare
mentre udiva:
con proiettili da guerra
caricate
puntate
fuoco!
E dicono
che ancora si sentono
i suoi canti
a Dio.
LUIS MARIO MAYO HERNÁNDEZ
Olio dell’amore nudo
Una donna si impossessa delle mie mani,
sbarca urgente sulla mia statura,
si infiltra nei miei spazi come l’acqua,
usa i miei sogni senza il permesso,
per modellare gli angoli del suo corpo.
Una donna mi frantuma sul fianco la sua parola
e la nostalgia va in mille pezzi,
la sua tattica è una freccia
un bacio di luce
un fumo
un non so che.
Esige la mia risata come vulcano del suo pianeta
il mio azzurro per scacciare verità.
Questa donna è arrivata stanotte,
senza pensarci si è scagliata contro la mia finestra,
aveva un canto d’amore nello sguardo triste,
una pioggia,
un colibrì,
un papavero per acchiappare sonetti.
Alla deriva mi è penetrata nella pelle e mi ha infuocato le ossa,
ha messo la musica nelle mie strade,
luce nelle lanterne dei miei versi.
Ha benedetto il sole,
la primavera nello specchio,
il volto del silenzio sui muri.
Questa donna,
questa donna è arrivata stanotte,
esattamente stanotte e per sempre.