Ci deve far riflettere (se ancora ce ne fosse bisogno) il Premio Nobel alla medicina assegnato all'americano Mario Capecchi e ai britannici Oliver Smithies e Martin Evans per la loro ricerca con le cellule staminali embrionali.
L'enfasi che è già partita un po' ovunque sul fatto che Capecchi sia nato a Verona e quindi l'inorgoglimento per l'italo-americano sul gotha della scienza, oltre che ridicolo e provinciale è preoccupante perché la dice lunga sullo stato della ricerca nel nostro Paese. Mario Capecchi, che lavora e studia in Usa da mezzo secolo, è il tipico cervello fuggito all'estero per esser tale e non solo funzionario di un sistema universitario che la ricerca la conosce poco grazie alla mancanza di fondi che, quando ci sono, sono soggetti a leggi di ispirazione vaticana approvate dal nostro Parlamento.
In Italia, quindi, Capecchi non avrebbe potuto fare niente per due motivi:
- la ricerca sulle staminali embrionali è culturalmente e politicamente emarginata;
- soldi non ne avrebbe avuti. Secondo una ricerca otto piccole università private degli Usa spendono più di tutti gli atenei pubblici italiani. La spesa per ogni studente nelle otto università americane è di oltre 157 mila euro, a fronte degli 8 mila spesi per gli studenti italiani. Il risultato è che queste otto piccole università private hanno più volumi nelle loro biblioteche di tutte le biblioteche universitarie pubbliche italiane. Mentre le nostre università pubbliche sono state premiate con 6 premi Nobel, le otto piccole università statunitensi ne hanno ricevuti ben 105.
Registriamo solo dati negativi? Ma probabilmente non accadrà nulla con l'attuale Governo. Lo scorso luglio la Camera ha approvato con un voto trasversale un mio ordine del giorno presentato al disegno di legge “Delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca” (C. 2559). Nonostante il Governo avesse espresso parere contrario, la maggioranza dei deputati aveva ritenuto importante e utile l'impegno di valutare l'opportunità di elaborare strategie per attrarre capitali italiani e stranieri per il potenziamento dei nostri atenei, anche attraverso agevolazioni fiscali per coloro che investono nell'università e nella ricerca.
Donatella Poretti