Marco Rampon nasce a Schio il 26 aprile 1958. Ha studiato all’università di Padova e Verona laureandosi in Scienze politiche e Pedagogia.
Vive e lavora a Schio. Si è sempre impegnato nelle problematiche ambientali partecipando a vari comitati ambientalisti della zona. Scrive per proprio diletto, cercando un costante punto di incontro tra la scarna e ascetica parola tecnica ed il mondo del lirismo.
Forse
Se la marcia è innestata il cambio gira e la ruota trascina e l’olio ingrassa
Se il motore canta osservo attentamente e posso assistere come a casa
Se l’amico di sempre conduce e lo sguardo è sereno come la ragazza che vedo accanto
Se mi riscaldo per poco e brucio nel tempo e non distinguo il mio prossimo
Se l’amore che passa dal finestrino non trova spesso ragione nel mio stare
Se ancora rifletto mentre ascolto mangiando e bevendo e correndo contro vento
Se ancora il mio amico pilota tutto gira e gli ingranaggi inseguono il movimento
Se preciso ancora e mi ritrovo sedie stanche e donne strane e vecchi imbolsiti e bimbi truccati e cani stanchi e gatti randagi morti e motori spenti e lucertole stese al sole su innocui momenti persi
Se preciso ma non giro forse non vedo
Rossa Bocca
Quelle labbra abbondantemente rosse che si allargano sul mondo
Prima legge della dinamica: un corpo persevera nel suo stato di moto o di quiete uniforme
Sono fermo sarei tenuto ad allontanarmi ma osservo la bellezza felina senza imparare mai nulla
affinché una causa esterna; chiamata forza,
Dolcezza infinita portami via sulle onde,
occhi profondi e istanze veloci,
auspici scambiati a basso tono con gergo tremante.
Insufficienti dilemmi, scarse contemporanee lezioni,
ma se muovessi qualcosa invece di stare fermo
Modifica tale stato.
Se mi appoggio ad ascoltare forse potrei sentire il fruscio del mare
forse ho forza e ragione per restare.
Se rimanessi inerte forse moltiplicherei gli eventi.
Manca il rosso e tutto diventa più trasandato:
il mito sognante come la foglia cadente all’istante.
si appresta natale
La faccia stanca dell’amico
tavola ben tirata
le angosce sempre pari.
La minestra calda e le mani tante
bordo stirato sulla camicia bianca
il vino rosso servito freddo.
Il gioco continuo delle parti
convalidate frustrazioni
spezzatino infarcito.
Occhi truccati e attenti
fumo spesso come il pane
da tagliare e mangiare.
Le mani che si passano i radi capelli
denti buoni… denti sani
sorriso aperto a giorno festivo.
Verbi leggeri come fiondate
basse sassate
senza fine.
Ottima la panna fritta
si inzuppa il biscotto buono
ma il bambino piange.
Assente lo sguardo
attimo fermo
e si torna unitariamente a comunicare.
Interno dell’autovettura
La macchina, le banane e gli aranci dietro.
Le ruote in lega e la tenda riposta nel bagagliaio, le sedie da campeggio, il tavolino, le scarpe da ginnastica bianche come la neve.
Odore forte, l’olio per la macchina e la coperta a quadrettoni consumati.
Il contachilometri nero disteso che segnala, la musica che frantuma l’aria, la leva del cambio dritta che non sembra ingranare.
Il pedale del freno e l’acceleratore premuto ed io, sprofondato nel sudore, mi perdo nel sedile finto pelle, controllando e dirigendo.
RECENSIONI AI TESTI
Negli scritti di Marco Rampon,
il respiro umano si fa strada nel moto, nel viaggio e l’auto, diventa luogo intimo del pensiero, casa, dove dividere lo spazio e l’amicizia.
“se la marcia è innestata il cambio gira e la ruota trascina e l’olio ingrassa”
“se l’amico di sempre conduce e lo sguardo è sereno come la ragazza che vedo accanto”
I “se” nel testo forse, hanno una profondità che va oltre al solo porsi l’interrogativo, lasciano spazio alla riflessione sulla vita, che consuma nel suo muovere anche in quei “innocui momenti persi”.
È percepibile la sensibilità urtata dai riti costruiti e costituiti.
Essi determinano una parentesi stretta al cui interno non c’è spazio né aria.
Chiara la stanchezza si esprime in “si appresta il natale” ( scritto minuscolo), dove tutto è usurato dal tempo, dalla convenzione e dalla esaurita convinzione.
Nella terzina “il gioco continuo delle parti / convalidate frustrazioni / spezzatino infarcito” c’è il sapore delle amicizie ancora forti anche se sfregiate dalle sofferenze della vita.
Rimane latente la ricerca della fuga, della via tracciata dalla libertà decisa, sferzante come la dolcezza infinita che si gode nel trasporto delle onde. Rampon compie un percorso esteso nell’esperienza personale e naufraga in uno sfogo libertario, nel foglio bianco che si dà sensuale, come la “bellezza felina”, al gioco visivo delle parole.
Poi ancora tutto ricomincia, l’auto riparte con “…la tenda riposta nel bagagliaio” (casa nella casa).
Ancora il moto prende forma scandito dal contachilometri, tra gli odori delle sicurezze e del consueto, tra i dubbi di una marcia non ingranata, immersi nel sudore di una vita percorsa in una società, non sempre ma, spesso, “finta pelle”.
Giordano Montanaro
La scrittura di Marco Rampon sembra voler suggerire che dietro ogni storia c’è lo scorrere più complesso e incombente della realtà. Sembra voler indicare un percorso nascosto, un andar oltre l’esistenza meccanica delle cose e del corpo, prediligendo la rappresentazione precisa di oggetti e immagini quotidiane.
L’elencazione di oggetti diventa così una scelta di stile, che attraversa la necessità della ripetizione, che talvolta diventa frammento temporale. Quest’attimo, magari quando “Si appresta natale”, può restituire l’immobilità di una condizione esistenziale, dalla quale prende vita lo smarrimento: “Assente lo sguardo / attimo fermo / e si torna unitariamente a comunicare”.
L’elencazione di oggetti tratteggia anche un paesaggio triste dell’animo umano quando diventa difficile dialogare con se stessi o partire verso l’altrove. In questi rari momenti, il ritmo incalzante della prosa poetica, sollecitato da sensazioni uditive e visive, apre alla riflessione. Accade quando il pensiero cerca immagini contrastanti o che si tingono di rosso e di bianco. “Rossa Bocca” evoca la sensualità, “la bellezza felina” scattante e in opposizione alla Prima legge della dinamica. L’energia vitale dovrebbe movimentare “Il gioco continuo delle parti / consolidate frustrazioni”, ma lo sguardo rimane assente e “Manca il rosso e tutto diventa più trasandato: / “il mito sognante come la foglia cadente all’istante”.
L’ultima poesia “Interno dell’autovettura” é cinematografica e rilancia “il mito sognante” inventando immagini “on the road”, in compagnia della propria solitudine, alla ricerca di un altrove.
Stefania Bortoli
Se. Forse. Se forse valga la pena star fermi o muoversi. Se alle cose contribuiamo noi o se si facciano da sé. Se l’amore scorra dal finestrino, non trovando nel cuore le ragioni del proprio stare. Se… forse. Il dubbio resta. Come l’autore, sospeso.
A osservare i dettagli di persone, gesti, dinamiche. A guardare se l’ingranaggio oliato segua il movimento dei fatti. A cercare la leva del cambio che comandi l’azione. Controllando e dirigendo, solo con il suo sguardo tattile e interiore, dentro il sudore che dà la finta pelle del comando.
Forse, solo rinunciando a questo tipo di sguardo, in un attimo non più sospeso ma fermo, si può tornare unitariamente a comunicare.
Elisabetta Xausa