Di fronte all’opera di Ernst Jünger (Heidelberg, 1895-Wilflingen –Svevia-, 1998), come a quella di altri grandi maestri della penna – si pensi, a titolo emblematico a Giacomo Leopardi –, resta aperta la questione se in essa prevalga il filosofo (che firma saggi quali La mobilitazione totale, L’Operaio, Il trattato del ribelle etc.) o lo scrittore (autore di romanzi come Nelle tempeste d'acciaio, Sulle scogliere di marmo o Eumeswil).
Ma non è su quest’ambivalenza che si concentra il lavoro di Maurizio Guerri dedicato a questa scomoda figura d’intellettuale del Novecento che, per le sue prese di posizione ideologiche, ha suscitato e suscita critiche e perplessità sia da sinistra che da destra. Guerri ha infatti curato una mostra – ancora visitabile fino a fine settembre nella ex chiesa di S. Caroforo a Brera – che, per la prima volta, è imperniata sul lavoro fotografico di Jünger e propone una lunga serie di immagini in bianco e nero, viste come parte integrante del pensiero e dello stile dello scrittore. Il catalogo della mostra prende il titolo dalla principale opera fotografica di Jünger, Il mondo mutato, testo dal quale è tratta la gran parte del materiale esposto e che fu pubblicato nel 1933, l’anno dell’ascesa al potere di Hitler.
Le immagini, raccolte o scattate da Jünger durante la Prima Guerra Mondiale, dimostrano infatti il sussistere di un intrinseco legame, che si è andato via via stabilendo e consolidando, fra guerra e lavoro, uniti ormai in un rapporto di reciproca dipendenza che cancella surrettiziamente il confine fra violenza e normalità. Guerra e lavoro, eventi centrali della vita individuale e collettiva, risultano essere in un rapporto dialettico inquietante, che tende a rendere sempre meno evidente il contrasto fra privato e pubblico, fra perversione e normalità. Le fotografie, accompagnate dalle didascalie originali debitamente tradotte, che ritraggano un manifestazione operaia, una parata militare, un evento sportivo, o una visita di stato, fanno lentamente affiorare nello spettatore la coscienza di trovarsi dinanzi a un subdolo processo di livellamento, che induce la massa ad adeguarsi in maniera acritica al quotidiano massacro, magari perpetrato in nome della pace, non meno che a una precisa foggia dei capelli o un determinato capo d’abbigliamento.
L’evoluzione della tecnica e il cosiddetto progresso contribuiscono a questo percorso di generale ottundimento, che fa inseguire a tutti precisi modelli di comportamento preconfezionati, togliendo loro la consapevolezza della progressiva perdita del bene supremo della libertà.
È su questa sostanziale “espulsione” della riflessione sulla guerra che la mostra vuole indurre a pensare, invitando a una ricerca filosofica che non dia mai per scontato il terrore quotidiano a cui anche oggi siamo esposti, ma elabori un pensiero capace di ridare il coraggio di superare quella “mutazione genetica” avvenuta nella storia, che ha prodotto una nuova dimensione spazio-temporale, in qualche misura anestetizzata, fatta “di normalità violenta in guerra e di violenza normalizzata in pace”, dove regna una globale uniformità e dove il vissuto privato si fa spettacolo collettivo.
Questi pensieri di Jünger risultano di un’attualità sconcertante se si pensa al “bombardamento” mediatico a cui siamo nostro malgrado sottoposti, anche quando scientemente rifiutiamo di perdere il nostro tempo per seguire le finte avventure del “Grande fratello” o dell’“Isola dei famosi”.
Gabriella Rovagnati
Mostra: La violenza è normale?
Catalogo: Il mondo mutato. Un sillabario di immagini del nostro tempo
Edizione italiana e francese a cura di Maurizio Guerri, Mimesis-Metis
Milano-Ginevra 2007
Ex chiesa di San Carpoforo
via Formentini 12, Milano
Ingresso libero
Fino al 30 settembre 2007
www.junger.it
Per saperne di più:
Maurizio Guerri, Ernst Jünger. Terrore e libertà, Agenzia X, 2007,
pagg. 270, € 18,00