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A. Torreguitart Ruiz. Ritorna l’Angola e siamo tutti contenti
José Eduardo Dos Santos
José Eduardo Dos Santos 
22 Settembre 2007
 

Oggi è un giorno di festa per questo paese. Fosse stato vivo Guillén c’avrebbe scritto di sicuro una poesia, lui era bravo a mettere il son nelle rime e magari ne veniva fuori una musica da ballare a tempo di conga, si restava in tema. Sì, perché oggi è arrivato all’Avana niente meno che il presidente dell’Angola, José Eduardo Dos Santos, un negrone muscoloso coi capelli bianchi un po’ radi che pare un giocatore di rugby. Sembra voglia rafforzare i vincoli con Cuba e ringraziare per l’amicizia dimostrata un po’ di tempo fa, quando il Comandante mandò a morire da quelle parti parecchi giovani cubani e ancora le famiglie si chiedono il motivo.

Dos Santos dice che Angola e Cuba sono popoli fraterni e che l’amicizia è stata forgiata nel sangue e nel sacrificio, che Dio se lo porti, c’ho perso un fratello nella guerra d’Angola, se lo mangiarono vivo nella giungla africana. Il negrone incontra José Ramón Machado Ventura, uno che fa il vicepresidente e parla solo quando Castro gli dà il via, ma pure il buffone di corte, il vecchio Felipe Pérez Roque, cancelliere dei miei stivali, gran lettore di veline un tanto al chilo. E allora via con badilate di retorica, ché a Perez Roque la retorica vien bene, è la sola cosa che ha imparato frequentando casa Castro.

L’Angola è un amico potente, grazie a loro cambieremo la nostra vita, analizzeremo come collaborare per migliorare tutto, ché adesso il mondo è cambiato. Mica siamo come vent’anni fa. A Cuba sono cambiate tante cose, caro Dos Santos, forse Perez Roque non se n’è accorto ma la gente scappa più di prima, pochi giorni fa se n’è andato anche un giocatore di baseball, uno di quelli che stavano bene, dice che voleva andare dalla famiglia nella Repubblica Dominicana. Taismay Aguero era una grande giocatrice di volley, adesso vive in Italia e gioca nella nazionale italiana, pure se è nera come il carbone e di italiano c’avrà il conto in banca, poco altro. Scappano tutti, caro Perez Roque, scapperebbe anche tuo figlio se potesse e tu continui a ripetere come un giradischi rotto che la rivoluzione è mas solida y fuerte. Stai gracchiando cazzate, caro buffone di corte, la puntina riga un disco consumato e quella canzone non vuole sentirla più nessuno, non ci credono neppure i vecchi che hanno combattuto sulla sierra. Tu invita pure Dos Santos a dire cazzate insieme a Raúl Castro, approfondisci le storiche relazioni di fraternità e cooperazione, ma intanto la gente prende il volo, non può credere a un rivoluzionario in doppio petto che vive nel lusso e parla a comando.

L’Angola è un alleato importante, economicamente forte, un baluardo su cui contare per un futuro radioso, noi cubani lo sappiamo dai tempi del vecchio Agostino Neto. Siamo morti per lui. E allora sfamiamolo per quattro giorni questo negro, accogliamolo come un principe al José Martí dell’Avana, rafforziamo le relazioni tra i nostri paesi e sorbiamoci le palle dei ringraziamenti, ché il nostro popolo ha lottato per la libertà dell’Angola, un po’ di tempo fa. Abbiamo fatto morire i nostri ragazzi per una guerra d’indipendenza tra quattro negri, ché a noi ce ne poteva importare di meno dei loro cazzi, potevano ammazzarsi tra loro che nessuno piangeva. E invece sono qui a ricordare mio fratello sbranato da un gruppo di pazzi e tanti ragazzi come lui falciati da un colpo di mitraglia, uccisi dalla giungla africana o dal deserto di Namibe.

Sono qui che leggo il Granma che pubblica la notizia di Dos Santos a caratteri cubitali, proprio sotto le riflessioni del Comandante che parla di bugie capitaliste, che accusa il mondo intero di non capire e di trascurare l’embargo, che si dibatte per tornare al punto di sempre. Venceremos! Sì, va bene, venceremos, diamogli ragione povero vecchio, che ormai parlare parla poco, c’ha solo parecchio tempo per scrivere, qualcosa deve pur fare…

 

Alejandro Torreguitart Ruiz

L'Avana, 20 settembre 2007

Traduzione di Gordiano Lupi


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