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Alex, un mare di passione 
Il navigatore aprichese non molla e sta diventando un personaggio
Alex Bellini
Alex Bellini 
29 Novembre 2005
 
   Alzi la mano chi non ha ancora sentito parlare di Alex Bellini. Ma sì, quel pazzo furioso che qualche anno fa si è messo in testa di attraversare l’oceano a remi provocando prima un sano scetticismo, poi, dopo l’esordio quanto meno sfortunato fatto di incidenti e naufragio finale, non poca ilarità non solo nei concittadini ma anche oltre valle. Ebbene, il buon Alex non solo non molla ma da qualche settimana ha ripreso a remare, più convinto che mai e, non contento, non è partito dalle coste atlantiche di Spagna o Portogallo bensì dalla Liguria, del resto deve solo arrivare in Brasile. Bene, com’è come non è il nostro eroe sta diventando un personaggio.
  Tornicchiavo qualche sera fa da Sondrio in auto e, fanatico di una stazione radiofonica, ad un certo punto sento un collegamento con un personaggio che ha qualcosa di famigliare «…ci colleghiamo adesso con il navigatore solitario Alex Bellini. Ciao Alex dove sei…». Alla voce del conduttore di "Caterpillar" (Radio Due) risponde una squillante anche se in ritardo di qualche istante vista la telefonata con il satellitare, «ho superato le Balerari, spero di arrivare presto a lasciare il Mediterraneo…» e giù a spiegare dei problemi avuti con il meteo che continuava a cambiare influenzando le correnti, a spiegare come dopo dieci ore di remate, stravolto dormiva qualche ora e si trovava ad aver perso buona parte delle miglia fatte prima. A sentire i racconti veniva in mente un po’ la saga di Fantozzi, d’istinto pensi, ma chi glielo fa fare, ma poco dopo l’idea è cambiata sentendo questo ragazzo sorridere della sua fatica, delle sue disavventure, ribattere alle battute colpo su colpo. Quasi un filosofo. C’è sicuramente dietro qualcosa di profondo per convincere una persona sana di mente a imbattersi in un’avventura così pazzesca. La spiegazione la dà Alex stesso nel sito internet che lo racconta e racconta l’impresa:
   «Vivo ad Aprica in provincia di Sondrio ed ho 27 anni, molti dei quali passati a sognare, come tutti del resto, di essere qualcun altro, in qualche altra parte del mondo, impegnato a vivere un’esistenza molto diversa da quella, spesso confusa e monotona, di un giovane. Lo sport, in tutte le sue forme ed accezioni, è sempre stato un punto fisso nella mia vita, ma quando questo si sia trasformato nella sua forma attuale proprio non lo so dire. Qualcosa di importante accadde nel 2000 quando fui selezionato per partecipare alle selezioni nazionali del Camel Trophy di Tonga. In quell’occasione ho saputo, con certezza e definitivamente, dar voce e forma a quei famosi stimoli ed immediatamente ciò che sentivo di dover fare mi apparve in tutta la sua chiarezza. Io dovevo andare! Semplicemente, ovunque e comunque, andare perché sentivo che ogni centimetro del mio corpo me lo chiedeva. Mi chiedeva il movimento, il pericolo, il sacrificio, per inseguire emozioni che non trovava in una vita tranquilla».
   Andare per il gusto di andare per trovare se stessi, riscoprire ritmi e pensieri, vivere in modo più autentico e naturale. L’opinione sul rematore folle è sta cambiando? La pazzia lascia il posto alla filosofia e si traduce in voglia di fare, sperimentare, rischiare anche, in fondo vivere. Siamo nel terzo millennio, hai la bussola, il GPS, il telefono satellitare, tutti gli optional possibili e immaginabili, ma sei sempre e comunque un puntino in un mare sconfinato. Questa è la prospettiva che l’uomo dovrebbe sempre avere di sé, come punto di partenza, un essere certo in grado di fare meraviglie, nel bene e nel male, ma pur sempre un elemento di un tutto più grande. Chiamiamolo natura, universo, creato questo contenitore immenso che finiamo, vivendo la nostra quotidianità, per ridurre a quattro case, una strada, due televisioni, tre cellulari. Meglio la visione di Alex allora. Coraggiosa o quanto meno diversa, intrigante perché chi avrebbe il coraggio e la voglia di lasciare tutto e andare, anche solo per qualche mese, e soprattutto sfidare l’incerto in un mondo che si alimenta di vere o presunte certezze?
   Il buon Alex da qualche anno ha deciso di muoversi, la maratona di New York per cominciare, poi la Marathon des Sables nel deserto marocchino, l’Alaska ultrasport  “extreme” e l’Iditarod Trail invitational, rispettivamente di 600 e 1400 km a piedi ed in autosufficienza trascinando una slitta con tutta l’attrezzatura fino ad arrivare all’idea della traversata italo brasiliana, solo 8100 km di mare. Per chi volesse seguire la traversata basta collegarsi al sito www.alexbellini.it dove si possono leggere anche cose del tipo «mi sento come una scarpa di un portatore nepalese dopo una lunga marcia verso il campo base di qualche 8000. Sfiancato, Sformato, Sfibrato, Stracciato.
   «Mi alzo dal carrello e l'unica cosa che m'andrebbe di fare e' arrotolarmi nel sacco a pelo immediatamente e buona notte. Il mare in agitazione ha dato anche il colpo di grazia alle chiappe che tra ieri e oggi hanno cominciato a sanguinare… Signori e signore, il pollo (io) oggi ha pescato!!! Sarebbe meglio dire che un pesce s'e' impigliato di pancia nell'amo…. La cosa poco piacevole e' che ho cotto il pesce nell'unico pentolino che ho a bordo, dove tra l'altro ci faccio anche il tè. Hai voglia di pulirlo e lucidarlo! … Mamo mi informa che sono passato per Torrevieca, il paese con piu' donne per ogni uomo. D'ora in avanti saprete tutti dove andare in gita...».
   Mica male come spirito dopo una giornata di remate.

Andrea Gusmeroli
(da Tirano & dintorni, dicembre 2005)

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